Il 4 marzo prossimo andrà in onda su Rai 1 la prima puntata della miniserie kolossal Il nome della Rosa, tratta dall’omonimo e celebre romanzo di Umberto Eco. Tra i protagonisti spicca Rupert Everett negli abiti di Bernardo Gui, inquisitore nonché antagonista del protagonista Guglielmo da Baskerville interpretato nella trasposizione cinematografica del 1986 da F. Murray Abraham.
Intervistato da Vanity Fair, il 59enne Everett ha duramente attaccato la Chiesa cattolica, nel Medioevo, a suo dire, “più terribile dell’Isis”. Una Chiesa, sottolinea l’ex Dellamorte Dellamore, che tutt’oggi “mi vedrebbe volentieri all’inferno per il solo fatto di essere gay”.
“È la mia crociata contro la cultura dentro cui sono cresciuto: a sette anni i miei genitori mi hanno spedito ad Ampleforth, austero monastero benedettino”, ha ricordato l’attore, che ha poi continuato il suo attacco. “Quando passo da Roma, ceno in un ristorante molto frequentato dal clero. Preti e seminaristi ordinano menu da cinque portate”. “Mangiano, bevono, spendono, spandono. Farebbero meglio a seguire l’esempio di Gesù, donare tutto in beneficenza e vivere in povertà”.
Anche Papa Francesco, da quasi sei anni sovrano dello Stato di Città del Vaticano, non convince appieno Everett.
“Prima vorrei sapere che cosa ha combinato da giovane in Argentina, all’epoca dei desaparecidos”. “Non mio fido di lui: fa tanti bei proclami e poi li disattende”. “Mi sbaglierò ma, secondo me, Papa Francesco è un uomo di marketing. Quasi preferivo il precedente. Al tempo lo detestavo per il suo conservatorismo. Ma almeno era autentico”. “È un po’ quello che provo nei confronti del presidente degli Stati Uniti: ora che c’è Trump rimpiango Bush. Immagino che voi italiani proviate la stessa nostalgia per Berlusconi, adesso che governa Salvini”.
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