TREVISO – Un maresciallo dei carabinieri in servizio all’epoca dei fatti (1999-2001) in un comando dell’Arma in centro a Treviso è accusato di aver costretto otto giovani militari ausiliari dell’Arma (ora tutti in congedo) di «denudarsi in sua presenza e costringendoli, in virtù del rapporto di gerarchia, a farsi fotografare privi di indumenti». Lo rivela il quotidiano La Tribuna di Treviso.
Il procuratore militare Sergio Dini ha sollecitato il rinvio a giudizio del maresciallo (sposato e con figli) e del quale per il momento non ha ritenuto di fornire le generalità, contestandogli inoltre di aver «usato violenza (nella forma di maltrattamenti)» nonché «ingiuria ad inferiore continuata, per aver offeso l’onore ed il decoro dei sottoposti».
Il sottufficiale comparirà davanti al Gup militare padovano il 26 ottobre prossimo per l’udienza preliminare in occasione della quale ha già concordato il patteggiamemto della pena.
Il caso è stato portato alla luce per caso dalla deposizione di uno degli ex ausiliari interrogato come teste dai carabinieri di Treviso nell’ambito di una inchiesta per un furto. Il giovane ammise che sarebbe stato suo desiderio restare nell’Arma, ma che dopo quello che era accaduto aveva lasciato cadere la cosa, e aveva riferito della strana passione del suo superiore oltre che i nomi dei commilitoni coinvolti.
Dal canto suo il maresciallo davanti agli inquirenti si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere, rilasciando tuttavia dichiarazioni spontanee. Avrebbe spiegato che si trattava di «scherzi» per cercar di far luce su furti avvenuti in caserma. Si sospettava di alcuni ausiliari: l’ordine di spogliarsi e farsi fotografare altro non era una richiesta per «spaventarli».
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