Il governo tunisino fa un piccolissimo passo in avanti in materia di diritti LGBT.
La Tunisia ha accolto nelle scorse ore alcune istanze e sollecitazioni avanzate dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu: tra queste l’impegno (per cui non è ancora non è stata ufficializzata una data) a vietare il ricorso ai test anali – che erano obbligatori – per determinare l’orientamento sessuale degli indagati. Test che, a detta dell’Onu, erano veri e propri atti di tortura privi di ogni valenza e/o fondamento scientifico.
Il ministro per i Diritti Umani Mehdi Ben Gharbia ha dichiarato: “Questi esami non potranno più essere imposti con la forza, fisica o morale, o senza il consenso della persona interessata. La Tunisia è impegnata a proteggere le minoranze sessuali da qualsiasi forma di stigmatizzazione, discriminazione e violenza”. I giudici avranno diritto a richiedere l’anoscopia in casi di sospetta omosessualità, ma l’indagato potrà rifiutare.
In Tunisia, comunque, l’omosessualità resta un reato perseguibile penalmente fino a tre anni di carcere in base all’articolo 230 e il presidente, Beji Caid Essebsi, ha assicurato che tale legge non verrà abrogata. C’è ancora tanto da fare, dunque, dopo le rivolte della cosiddetta primavera araba del 2011 che avevano portato alla deposizione dell’ex presidente e all’avvio di un lungo processo democratico.
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Continueranno a farli dicendo che la persona era consenziente... figuriamoci