Si erano conosciuti poco prima di quella tragica sera, ma poi, durante l’incontro qualcosa è andata storta e Maurizio Bove è rimasto ucciso con 53 coltellate.
Il fatto è successo l’11 aprile del 2009 a Bari e ieri il giudice di primo grado ha emesso la sentenza. Marco Veronico, 22 anni, che quella sera incontrò nel suo appartamento l’operaio 36enne e con lui ebbe un rapporto sessuale, è stato condannato a 15 anni di reclusione.
Una pena che è sembrata troppo leggera alla madre della vittima che alla lettura della sentenza ha iniziato a inveire contro il gup Antonio Lovecchio urlando «La vita di mio figlio non vale 15 anni, non è possibile, voglio giustizia», come riporta il Corriere del Mezzogiorno.
Le indagini, condotte dai carabinieri e coordinate dalla pm Patrizia Rautis, hanno condotto al perito informatico 22enne grazie all’impronta di un calzino insanguinato che corrisponderebbe al piede di Veronico. In più, le registrazioni delle cele telefoniche dimostrano che quella sera, Veronico si trovava in quella casa. In più, il giovane avrebbe trafugato il cellulare della sua vittima nel tentativo di cancellare le tracce del loro rapporto, ma avere riacceso quel telefono e avere inserito la propria sim lo avrebbe ulteriormente collegato al cruento delitto.
A spingere il giovane ad uccidere il suo partner, a quanto pare, un feroce litigio nato dopo la mezzanotte, e, probabilmente gli effetti di sostanze stupefacenti.
Accecato dalla rabbia, Veronico avrebbe colpito la sua vittima prima alla gola, infliggendogli una ferita che ha impedito a Bove di urlare. Non contento, il giovane si sarebbe ulteriormente accanito sulla vittima con altre coltellate alla gola e al viso. Una morte lenta e dolorosa per la quale la madre di Maurizio Bove si aspettava una pena più severa.
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