Il Parlamento ucraino ieri ha deciso che i gay e le lesbiche possono continuare ad essere legalmente licenziati dal lavoro a causa del loro orientamento sessuale, mettendo così fine alla possibilità che l’Ucraina possa aderire a Shengen: una delle condizioni poste dall’Unione Europea all’ex paese sovietico per l’adesione al trattato che prevede la possibilità di eliminare il controllo alla frontiera, era infatti di porre fine alle discriminazioni sul luogo di lavoro per le persone LGBT.
Su 450 deputati, sono stati solo 117 quelli favorevoli, dimostrando la spaccatura che c’è nel paese tra chi vuole migliorare le relazioni con l’Unione Europea ed invece chi vuole che il paese continui ad essere sotto l’influenza politica e culturale della Russia dove, come sappiamo, esistono leggi contro la cosiddetta “propaganda gay”. Nonostante il Presidente Petro Poroshenko fosse favorevole alla modifica della legge che risale al periodo sovietico e che non prevede alcuna tutela per i lavoratori LGBT, molti sono stati i deputati del suo partito a votare contro la modifica. Tra questi il parlamentare Pavlo Unguryan che ha dichiarato che “un paese con mille anni di storia cristiana, non può certamente permettersi questa scelta” e che “una legge speciale per le minoranze sessuali è semplicemente inaccettabile.”
L’Ucraina ha depenalizzato l’omosessualità nel 1992, un anno prima della vicina Russia, ma il pregiudizio anti-gay rimane alto in molte zone dello stato dell’Europa orientale che a stragrande maggioranza è religioso e conservatore. Un gay pride tenutosi alla periferia di Kiev nel mese di giugno è stato interrotto da un gruppo di estrema destra che ha attaccato i manifestanti senza alcun intervento da parte della polizia. Del resto è di luglio un video che ha fatto il giro del mondo e che racconta cosa succede ad una coppia gay che passeggia mano nella mano per Kiev.
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