Frank Monte, un investigatore privato italoautraliano, sta per pubblicare un libro in cui rilancia una serie di dubbi sull’omicidio di Gianni Versace, avvenuto a Miami il 15 luglio di quattro anni fa. Monte dichiara di non aver mai creduto fino in fondo all’ipotesi sostenuta dalla polizia, secondo la quale lo stilista sarebbe stato ucciso da Andrew Cunanan, un gigolò gay che fu poi trovato morto in una casa galleggiante di Miami due giorni dopo l’omicidio, e che invece nell’affare sarebbe coinvolta anche la mafia.
In "The Spying Game", il libro che sarà in vendita in America dalla prossima settimana, l’investigatore sostiene di essere stato assunto da Versace nel 1996 in seguito alla misteriosa morte di Johnny Gatto, un amico dello stilista che venne travolto da un autobus nel centro di Milano. Lo stilista si sarebbe rivolto a Monte perché temeva anche per la sua incolumità, e così l’investigatore scoprì che Gatto, che era anche amico del marito della sorella dello stilista, aveva cercato di estorcere a Gianni molti soldi, usando documenti dai quali, secondo quanto afferma Monte, si sarebbe potuto dimostrare che gente vicina a Versace usava la rete di negozi per riciclare denaro sporco.
Monte dichiara che lo stilista avrebbe avuto intenzione di denunciare l’operazione alla polizia pochi giorni dopo quello in cui venne invece ucciso.
La sorella dello stilista scomparso, Donatella Versace e il fratello Santo, che ora detengono il timone dell’azienda, non credono minimamente alla teoria di Monte: «Non c’era alcun complotto», ha affermato Lou Colasuonno, un portavoce. «Ai tempi dell’omicidio, anche per la notorietà dell’ucciso, fu svolta una tra le più intensive indagini nella storia della polizia della Florida e gli inquirenti stabilirono che Cunanan agì da solo».
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