VIOLENZA OMOFOBA IN SPAGNA

Oltre il nazismo. Pochi conoscono i trattamenti riservati agli omosessuali sotto Franco. Imprigionamenti, punizioni corporali e "esperimenti scientifici". Fino a 25 anni fa.

VIOLENZA OMOFOBA IN SPAGNA - piange giovane - Gay.it
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MILANO – Il nazismo oltre il nazismo; l’intensificazione della repressione omofoba non solamente sulla Germania hitleriana. Anche la Spagna, sotto la dittatura di Franco Bahamonde Francisco, si preoccupò di alimentare la fiammella dell’olocausto verso gli omosessuali. Nomignoli come “violeta”, o “marimacho”, o l’attuale “maricòn”, indicavano spregevolmente coloro che nutrivano amore e desiderio sessuale verso persone dello stesso sesso. Il dopoguerra, in Spagna, fu per loro un calvario, quasi quanto la persecuzione nazifascista rivolta ai “triangoli rosa”.
Il Caudillo aveva saldamente legato il proprio potere temporale a quello spirituale del cattolicesimo che come sempre vedeva nei gay immoralità e destabilizzazione sociale. Si tuona da Roma contro l’omosessualità, si perseguita e si castiga in tutta la cattolicissima Spagna. Fu così, che nel 1954 fece promulgare una legge che considerava l’omosessualità un reato, con pene comminabili da uno a tre anni di carcere. A Badajoz, a Huelva, e a Tefia, nelle Canarie, nacquero delle prigioni-lager appositamente per loro, dove i gay erano condannati ai lavori forzati e dove gli aguzzini di regime praticavano loro sevizie e torture.
La repressione fu terribile e fece un salto di qualità negli anni ’70. Nonostante la pacificazione europea, sotto l’egida anglo-americana, nonostante gli orrori narrati sui campi di concentramento, dove milioni di ebrei, omosessuali, zingari e tante altre minoranze avevano trovato il sacrificio supremo, la dittatura spagnola, intensificò la caccia agli omosessuali, riempì anche le altre patrie galere, dove furono create delle sezioni speciali, e l’incubo omofobico si protrasse fin quasi nel 1980.
Sono anni di delazioni, ricatti, “caccia alle streghe“, verso coloro che combattono la dittatura, chiedono spazi di libertà, si trasferiscono nelle grandi città dove è più facile vivere un’identità sessuale, nasconderla nei luoghi di ritrovo e di divertimento delle tante truppe americane presenti nel territorio. Basta una soffiata, un ricatto mal subìto, e la polizia irrompe e fa retate notturne dove i “maricòn” si confondono con uomini e donne intenti a dimenticare la repressione che coinvolge il paese.
In quelle galere, gli omosessuali sperimentarono la sofferenza e il ludibrio che i lager nazifascisti avevano destinato a tanta gente. Ai lavori forzati, si aggiungevano le punizioni corporali fatte di bastonate, la fame e la sete che ischeletriva i corpi, le sperimentazioni chirurgiche eseguite sui più riottosi. Per evitare congiungimenti carnali, passivi e attivi, venivano rinchiusi in celle separate, svegliati con acqua gelida che infradiciava i loro miseri pagliericci, buttati giù dalle brande nel cuore della notte con perquisizioni e nuove bastonate.
A Carabanchel, una equipe di medici “studiava” gli omosessuali prigionieri e, come avevano tentato i medici nei campi di sterminio di massa, anche i franchisti, cercarono di ovviare l’omosessualità con il bisturi, attraverso l’uso della lobotomia. In tanti, tra patimenti e torture, chiusero la loro vita in quei nuovi campi di concentramento.
La repressione poliziesca e la paura dittatoriale di quegli anni, portò in quei lager migliaia di omosessuali, anche se, come avvenne per i “triangoli rosa”, una stima reale numerica, non è mai stata possibile farla.
Franco Bahamonde Francisco, il nazionalista despota che aveva trascinato la Spagna nella guerra civile del 1936, e instaurata la dittatura due anni dopo, muore nel 1975, lasciando il paese in un oscurantismo medievale da cui saprà degnamente riscattarsi.
Ci vorranno altri tre anni prima che il nuovo parlamento iberico abolisca definitivamente le leggi omofobiche franchiste e dia ai suoi cittadini quelle libertà, vanto di oggi.

di Mario Cirrito

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