Regionali, Renzi perde a sinistra: perché vi stupite?

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moretti_again«Sono convinta che alle regionali faremo un 7-0 e quello del Veneto sarà il golden goal», scriveva il 29 maggio Alessandra Moretti sul suo profilo Twitter. Affermazione azzardata, soprattutto quando il suo stesso leader aveva mostrato maggiore cautela sugli esiti del voto dichiarando che anche un 4-3 sarebbe stato comunque un successo e, col senno di prima, mai e poi mai queste elezioni dovevano essere viste come un test per il governo. In verità c’è stato un 5-2 che sulla logica stringente dei numeri premia il Pd. Ma bisogna vedere come si arriva a quel risultato e queste ultime regionali dimostrano sostanzialmente tre cose: il partito del premier perde consenso, Salvini sfonda (e non è bene) e il M5S gode di ottima salute, senza che Grillo si impegni in campagna elettorale. In tutto questo la signora Moretti – quella che sottoscrive, allo stesso tempo, piattaforme pro-LGBT e documenti omofobi – ha subito una sconfitta che potremmo definire epica. Ma preferisco non infierire, almeno su questo punto.

Al di là delle nude cifre ci sono poi alcuni aspetti di cultura politica che non vanno sottovalutati. Innanzi tutto, la vittoria di De Luca pone il Pd di fronte al problema etico di un “impresentabile” mandato a vincere le elezioni per il governo di una regione che, allo stato attuale, non potrà nemmeno amministrare. La legge Severino glielo vieta, infatti. Il neo-chissà-presidente ha già minimizzato. Ci penserà Renzi, ha lasciato intendere. E qui vedremo se, come pensano in molti, il Pd è come la vecchia Forza Italia. Cioè se ha a cuore la legalità o se mira al potere per il potere. Ne vedremo delle belle. E anche quando De Luca non dovesse fare il governatore, milioni di cittadini e cittadine della Campania sarebbero stati truffati nell’esercizio di un loro diritto democratico. È questa la classe dirigente che vogliamo per guidare il paese?

paitaIl caso Paita, in Liguria, dimostra inoltre tutta l’arroganza del suo partito di appartenenza: si è già diffuso il mantra che è la sinistra (di Pastorino) che fa vincere la destra. Lo hanno ripetuto i militanti sui social, lo ha ribadito Ivan Scalfarotto su Rai Tre e lo ha sentenziato la candidata sconfitta una volta trovato il coraggio di rilasciare una dichiarazione. Riporto le parole di Fratoianni, in risposta al sottosegretario in tv, suscitando come al solito tutte le sue ire: «La sinistra si suicida quando decide di fare la destra». E non solo. Le maestranze renziane – ma il problema è ben più antico, risale già all’epopea berlusconiana – non hanno capito due cose fondamentali: innanzi tutto, i voti di chi si dichiara di sinistra appartengono solo all’elettorato di quella parte. Non sono, quindi, in automatico voti di questo o quel candidato democratico. In secondo luogo, se offendi tale elettorato e quello non ti vota, la colpa è di chi ostenta disprezzo. Per mesi si è puntato l’indice contro la minoranza interna, ridicolizzandola, offendendola, tra un “ce ne faremo una ragione” e un’accusa di gufismo. Se dopo tutto questo tempo chi crede nell’uguaglianza formale delle persone di fronte alla legge, alla salvaguardia dei diritti di chi lavora, in una democrazia in cui non si dà tutto il potere in mano a uno solo, in una scuola che non pone i/le prof sotto il ricatto dei presidi decide di andare altrove è forse perché non si sente rappresentato dalle scelte di un governo in intima alleanza con Alfano e dalle sue politiche di centro-destra.

renzi_regionali1A questo proposito, anche la timidezza e i continui rinvii sul ddl Cirinnà, per non parlare della pessima gestione della legge contro l’omofobia (per altro mai approvata), oltre alla poca chiarezza sul piano locale delle politiche sui diritti civili possono aver contribuito ad allontanare un elettorato specifico e sensibile a queste tematiche che si aggiunge a chi, a sinistra, è favorevole all’allargamento dei diritti.

Insomma, a quell’arroganza la società ha risposto con un astensionismo di oltre il 50% – e anche di questo il premier dovrebbe risponderne in prima persona – e l’avanzata di partiti anti-sistema o xenofobi e razzisti. Renzi, insomma, può vantare il grande risultato di non essere stato l’elemento trainante di queste ultime regionali. Dal canto mio credo che doveva aspettarselo: mettersi conto i sindacati, il mondo della scuola e affrontare un importante test elettorale senza nemmeno il miraggio di 80 euro da distribuire prima delle elezioni non è stata una scelta oculatissima. Poi certo, ci sono tutte le variabili locali, che andrebbero considerate una per una. Di fatto l’Italia si è svegliata non solo meno renziana del solito, ma un po’ più razzista e sfiduciata dalla politica tradizionale. Si cambia verso continuamente, d’altronde. Qualcuno se ne farà una ragione. Per chi tiene al bene comune e a una politica più giusta, oggi non è decisamente un buon giorno.

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