“Sei gay e lo mostri? Benzina e fuoco”: così si autoassolve l’odio

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Il caso delle due ragazze omofobe il cui video ha fatto il giro del web, prima su Facebook e poi su Youtube, non è preoccupante solo per ciò che rappresenta – una testimonianza di violenza gratuita in un’età così acerba – ma soprattutto per quello che è il retroterra subculturale che lo ha generato. Ed è di questo che vorrei parlare, senza agitare ulteriormente lo scandalo per quello che hanno detto, seppur oggettivamente grave.

Andiamo per ordine e ridiamo la voce alle due protagoniste: «Questo video non è per discriminare nessuno» dice la prima, accompagnata dall’amica che continua «è per far capire alla gente… penso che tutti lo pensiate». L’impianto è sempre quello. Mettere le mani avanti. “Io non sono razzista, ma”. Il ma è una congiunzione avversativa, che in grammatica nega o mette in rapporto critico (ai limiti della credibilità) quanto detto prima. Lo sentiamo molto spesso quando altri/e con toni più civili, ma diversamente “gentili”, si scagliano contro qualsiasi provvedimento che possa migliorare la vita delle persone LGBT in Italia. Non ho nulla contro i gay, non vogliamo discriminare gli omosessuali ma non vogliamo che la legge li tuteli. Il copione è quello.

Ancora, una delle due amiche si adagia sul fatto che tutti pensano quello che lei dirà. Tipico del bullo: ci si fa forti del sostegno del mondo esterno, perché così è più facile discriminare, aizzare all’odio, far spallucce di fronte alle violenze e giustificarle, appunto. Ci si sente più leggeri. Se tutti lo pensano, io sarò meno colpevole. Succede così nel privato dei bagni scolastici, a maggior ragione ci si aggrappa a questo tipo di giustificazione nel mare magnum della rete.

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«Io non è che odio i gay, ma mi danno un po’ fastidio» e dopo averlo ripetuto per l’ennesima volta e messa l’anima in pace, le due ragazzine possono dunque “fare un argomento sui gay” (sic!) da dare in pasto alla rete, riassumibile con: se esterni, se ostenti, dai fastidio. Puoi esistere, per carità, basta che stai chiuso in casa, non ti fai vedere in giro, sennò “girano le balle”. Perché dà fastidio se ti ritrovi di fronte a uno o più omosessuali. Un po’ come vedere una coppia che si bacia per strada e pensare che è come se qualcuno facesse pipì in pubblico. Chissà chi ci ricorda.

Le nostre due esimie opinioniste danno poi prova di confondere omosessualità e travestitismo. Si parla di gay ma loro pensano a rossetti, anelli e collane – con tanto di risatina, del resto di queste cose si può sogghignare. Succede pure nei giornali e nei TG. Si parla dei pride, ad esempio, e ti mettono le immagini di drag queen abbastanza estreme. Il fatto confuso con la sua spettacolarizzazione. Un approccio che evidentemente ha fatto scuola.

Scatta, poi, un vero e proprio processo di disumanizzazione del diverso: «a me non frega se sei gay, animale, una macchina, un cane, un palo della luce». E infatti un palo lo puoi prendere a calci, una macchina la puoi rigare. Magari gli animali è meglio non maltrattarli, anche se purtroppo succede. Ma qui non stavamo parlando di esseri umani? Va da sé che se li vedi come oggetti, poi è più facile pensare di distruggerli. Uno pneumatico che brucia non urla.

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E insomma se non ti nascondi e ti comporti come una donna, se poi ti danno del “gay di merda” vuoi pure lamentarti? Se ti cospargono di benzina non sarà che te la sei andata a cercare? Se neghi in pubblico la tua mascolinità, in una piazza fisica o virtuale, non ha per caso ragione la massa a farti fuori? Poco male che questo pensiero sia lo stesso di chi vede il femminile come vergognoso termine di paragone. E se qualcuno magari di tanto in tanto le stupra, le donne, forse la colpa è di una minigonna o qualche ancheggiamento di troppo. Ostentare troppo ti espone a questo tipo di rischi, a ben vedere…

Adesso, in conclusione, diciamoci la verità e diciamocela tutta: viviamo in un contesto sociale che addestra gli/le adolescenti a pensarla proprio così. Queste ragazze sono in verità vittime di tale sistema, sebbene questo non le renda meno responsabili di fronte alla loro miseria umana. A livello ideologico i loro discorsi sono omogenei a quelli di chi, tra un voto in parlamento e una lettura silenziosa in piazza, lotta contro la piena uguaglianza della comunità LGBT. E chissà che frammenti di questo discorso “odioso” non si ritrovino anche tra gay e lesbiche attenti/e a non dispiacere a una certa rappresentazione sociale. Dovremmo cominciare a riflettere su questo.

Dario Accolla è blogger e attivista per i diritti lgbt. Elfo Bruno è il nome del suo blog.

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