Cosa fare per vivere meglio come omosessuale

Cosa fare per vivere meglio come omosessuale - pride - Gay.it Blog

Molti studi hanno documentato l’impatto dell’ineguaglianza sociale sulla salute degli omosessuali e bisessuali.

I dati suggeriscono che lo stress sociale sia un fattore causale per lo sviluppo dell’ansia e della depressione, due disturbi di cui gli omosessuali soffrono maggiormente rispetto agli eterosessuali. Soprattutto l’ansia sociale ( che si riferisce alla percezione dell’ambiente sociale come minaccioso e alla paura delle interazioni con gli altri) esprime livelli più elevati nella popolazione LGB che in quella eterosessuale. Essa si svuluppa soprattutto in adolescenza, anni in cui un omosessuale ha un  compito evolutivo molto più complicato, ovvero quello di accettare e costruire un’immagine positiva di sé nonostante l’immagine dell’omosessualità sia denigrata a livello sociale.

Gli adolescenti omosessuali, ma anche coloro i quali arrivano a organizzare il proprio orientamento sessuale in età più avanzata, devono confrontarsi con gli stereotipi sull’omosessualità e con le reazioni degli altri sia emotive (disprezzo, disgusto, paura, imbarazzo, curiosità) che comportamentali (ridicolizzazione, discriminazione, linguaggio offensivo fino a maltrattamenti psicologici, bullismo, violenza fisica).  okGli omosessuali hanno, però, la possibilità di reagire e costruirsi un’immagine positiva e, in questo senso, hanno alcuni strumenti utili perchè essere gay, lesbiche o bisessuali, infatti, non ha solamente lati negativi.

Se si è vittima delle reazioni negative degli altri in quanto nero, arabo o ebreo si può trovare nella propria comunità o nella propria famiglia supporto e aiuto, mentre i gay, le lesbiche e i bisessuali potrebbero non aver fatto ancora coming out (cioè essersi dichiarati come omosessuali o bisessuali) o non essere stati accettati dalla famiglia e dagli amici, perciò diventa più difficile cercare supporto ed aiuto. “La differenza tra un omosessuale ed un nero- dice una frase su facebook che va di moda in questi giorni- è che se sei nero almeno non devi dirlo a tuo padre”.

Eppure il coming out è la miglior risposta a come vivere meglio come omosessuale!

L’invisibilità, celare la propria identità, in casa e negli ambienti sociali, rendono omosessuali e bisessuali ancora più vulnerabili e diventa ancora più difficoltoso per loro alleviare lo stress e trovare supporto sociale e familiare nella comunità di appartenenza.

Attraverso il coming out le persone si creano la possibilità di esprimere ciò che sono, condividere con gli altri le gioie e i dolori, raccontare le proprie relazioni. Al contrario, celare la propria identità induce al monitoraggio continuo delle informazioni che si vogliono inviare agli altri e all’evitamento sociale. Le ricerche segnalano quanto sia nocivo per l’equilibrio mentale nascondere la propria omosessualità o bisessualità soprattutto agli altri significativi. Ciò genera, infatti, una costante tensione emotiva ed un vivere continuamente in fase di allarme: “ho paura che mi scoprano”. Ma essere omosessuali non è assolutamente un crimine e la vita va vissuta per ciò che si è, ricordando che è una sola e non torna più indietro.

Eppure molti omosessuali continuano a non accettare sè stessi e ad utilizzare meccanismi difensivi per non far capire di esserlo: alcuni inventano una vita alternativa da raccontare agli altri e a volte anche a sé stessi ( ad esempio un gay che declina al femminile il racconto delle vicende con il proprio partner, oppure i single che inventano l’esistenza di finte/i fidanzate/i), oppure omettono le informazioni salienti ( per esempio raccontare gli episodi della propria vita non facendo riferimento al proprio partner o parlane e presentarlo/a come amico/a). Tutto ciò disconferma la propria vita affettivo-sessuale e, inoltre, toglie moltissime energie che potrebbero essere impiegate in maniera più propizie oltre a produrre una netta separazione tra vita pubblica (considerata rispettabile e rappresentabile) e privata, spesso vissuta clandestinamente e nel più completo anonimato.

Le ricerche hanno dimostrato che chi è dichiarato ha relazioni più stabili e durature!

imagesgEssere omosessuali ha, inoltre, aspetti positivi ed è su questi che le persone LGB dovrebbero maggiormente riflettere per vivere meglio con sé stessi in quanto omo/bisessuali.

Una ricerca (Rigale et al., 2008) ha provato, attraverso interviste on-line a persone LGB, quali sono alcuni degli aspetti percepiti come positivi (ne riporto solo alcuni per necessità di sintesi, ma ognuno può trovarne di altri nella sua esperienza quotidiana personale):

 

  1. Appartenere ad una comunità, come una grande tribù che può dare forte e positiva energia per migliorarsi e costruire una società migliore
  2. Creare una famiglia di scelta, soprattutto la rete amicale fatta di amici omosessuali
  3. Essere dei modelli di ruolo,una partecipante dichiarava “come lesbica dichiarata sul posto di lavoro ritengo di essere un buon esempio per tutte le persone gay e lesbiche
  4. Senso di sé e autonomia nel giudizio, “Essendo l’omosessualità ancora un tabù, ho dovuto decidere da me se era giusta o sbagliata, così ho un occhio critico e personale su altre questioni
  5. Empatia e comprensione degli altri, “Non sono giudicante perché so come gli altri facilmente mi potrebbero giudicare. Essere “altro” mi ha reso più sensibile rispetto alle altre minoranze e più consapevole dell’accettazione che deve essere costruita nel mondo
  6. Giustizia sociale ed attivismo, “mi piace lottare per i diritti umani”
  7. Relazioni egualitarie e libertà dai ruoli di genere, “Con la mia compagna non ci sono conflitti di potere: condividiamo tutte le incombenze domestiche

Dichiararsi, frequentare associazioni LGBT, crearsi una rete sociale amicale, poter essere liberi di viversi la propria omosessualità lottando per i propri diritti e quelli delle altre minoranze, impegnarsi ad essere di esempio a livello sociale, personale e familiare, liberarsi dai rigidi stereotipi e ruoli di genere sono tutte cose da fare per potersi vivere meglio come omosessuale.

Per quanto nella società permangano pregiudizi, stereotipi e non venga reso facile alle persone LGB viversi per ciò che si è, l’unica via è il coraggio. Coraggio di lottare per un mondo migliore, innanzitutto, a livello personale. Questo è possibile solo attraverso il contatto con l’altro, quindi meno chat, meno Facebook, meno social: c’è bisogno di recuperare il contatto umano con chi ci circonda.

 

 

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8 commenti

  1. Credo che solo Luca Di Tolve, che sta aiutando tantissimi omosessuali, possa risolvere i problemi della stragrande maggioranza dei gay, che si sentono male nella loro condizione. E ne hanno ben donde

    1. Hai ragione molti omosessuali non riescono ad accettarsi per quello che sono a causa dei pregiudizi che la società ancora non riesce ad estirpare! In che modo li starebbe aiutando?

      1. Gentile Oswaldo,
        Non riesco a leggere le motivazioni addotte per validare l’appartenenza a questa parte del mondo senza provare tristezza…
        Ne faccio parte anche io ma, devo dire, che speravo di leggere motivazioni che potessero darmi un punto di vista capace di farmi sentire meglio ma così non è stato.
        Punti come il n.1 ed il n.2 li considero davvero Poco d’aiuto in un processo di accettazione.
        Non prenda questo commento come una rivalsa od un giudizio negativo: ben felice di pensare che molti possano trovare un aiuto ed un nuovo equilibrio in questa maniera…
        Trovo sia un po’ generalizzato l’approccio a come un gay vive il suo essere.
        So che sono gay e contemporaneamente posso dire che fare il coming out non mi ha per nulla aiutato, anzi, mi sento più solo di prima nonostante sia alla luce del sole in ogni ambito.
        Cosa la rende così certo che quelle sette regole siano un aiuto a vivere bene? E come si comporterebbe se le dicessi che nessuna di quelle regole mi ha aiutato o fatto stare meglio?
        Mi piacerebbe un riscontro ma non per convincerla sulle mie posizioni ma perché cerco qualcuno in grado di scardinare le mie convinzioni che fanno si che non riesca a credere che un happy end esista per tutti, me in primis.

  2. Gentile sig. Tunno, ho letto con interesse il suo articolo. Sono un insegnante e più di una volta ho percepito situazioni di disagio in alcuni allievi legate alle tematiche illustrate nell’articolo. Le sarei grato se in un post successivo volesse approfondire il disagio adolescenziale segnalando anche eventuali azioni o strumenti che realisticamente si possono in classe per diminuire facilitare il percorso di crescita degli adolescenti LGBT.

    1. Sarà fatto! E mi complimento con lei signor Gianni ce ne fossero di professori che si preoccupino così per la salute psico-affettiva e sessuale dei propri alunni. Purtroppo in Italia mancano le basi come l’educazione all’affettività e alla sessualità ormai tacciate come “ideologia gender”. Ne parlerò per quanto possibile in un prossimo articolo. Se ha qualche domanda specifica la faccia pure o mi scriva in privato! Buona giornata

  3. Gentile dottor Tunno
    la ringrazio per la disponibilità. Provo a spiegarle il tipo di aiuto di cui hanno bisogno gli insegnanti.
    Innanzitutto è diffusa nella comunità dei docenti la consapevolezza del disagio che
    vivono gli adolescenti lgbt, questa consapevolezza però è superficiale e associata quasi esclusivamente ai vissuti legati ai fenomeni di bullismo e emarginazione. L’adolescente omosessuale si rivela come tale solo quando viene emarginato o fatto oggetto di scherno o violenza. In ambiente scolastico in questi casi si parla genericamente di condizione di disagio senza ulteriori qualificazioni relative al disagio stesso visto quindi come una scatola nera il cui prodotto è una condizione di sofferenza. Si interviene allora con iniziative contro il bullismo con l’idea che se l’ambiente scolastico diventa più inclusivo la sofferenza automaticamente diminuisce. Questo è a mio parere un modello riduttivo ma è l’unico di cui disponiamo mancando di conoscenze adeguate relativamente alle conseguenze del disagio dell’adolescente lgbt e soprattutto relativamente agli strumenti operativi che si possono attuare per riconoscere il disagio prima e quindi per favorire il benessere poi.
    In sostanza gli aspetti che a mio parere anderebbero chiariti sono diversi, innanzitutto natura e conseguenze del disagio. Lei ha accennato allo sviluppo di ansia sociale (e questo è il primo aspetto che ha attirato la mia attenzione) ma mi chiedo quali siano le conseguenze su tanti altri aspetti come l’autostima o il senso di autoefficacia relativamente al costruire relazioni sociali o semplicemente la capacità di mantenere attenzione e concentrazione sui compiti scolastici dovendo convivere con il disagio. Sarebbe quindi utile che la generica idea di disagio venisse declinata in termini concreti descrivendone le conseguenze e che ogni una di queste venisse spiegata adeguatamente (gli insegnanti perlopiù non sono psicologi) sottolineandone la valenza e come eventualmente la comunità scolastica può agire su quello specifico costrutto. Una impostazione simile offre a noi insegnanti gli strumenti per pensare il disagio degli alunni lgbt in modo simile a come facciamo per gli alunni con disturbi dell’apprendimento o per gli alunni stranieri o con bisogni educativi speciali.
    Un altro aspetto riguarda gli strumenti adatti a creare una condizione di benessere che possa accompagnare l’allievo nel suo percorso di apprendimento nei cinque anni di scuola superiore. Tenendo presente però che gli alunni lgbt si presentano in tanti modi diversi: c’è l’allievo che è già oggetto di bullismo, c’è l’allievo invisibile ai docenti e ai
    compagni che però deve comunque confrontarsi con le rappresentazioni che gli vengono restituite dalla società, dagli organi di comunicazione, dagli amici eterosessuali e dai docenti, c’è anche l’allievo che ha già fatto coming out ma che si rapporta con i compagni e l’insegnante in maniera provocatoria perchè sente il bisogno di spostare sempre un po’ più in alto l’asticella della accettazione di cui vuole essere oggetto. Credo che se ci sono degli strumenti generali adatti a tutti gli allievi lgbt e alla comunità della classe possano tornare utili indicazioni specifiche per i casi che ho elencato. Le indicazioni di cui abbiamo necessità infine dovrebbero essere le più operative possibile, ad esempio più che l’indicazione di rappresentare l’omosessualità come una condizione di normalità, cosa è più utile dire concretamente per rappresentare l’omosessualità come una condizione di normalità.
    Tenga presente infine che non insegniamo tutti la stessa materia, se l’insegnante di italiano può approfondire la rappresentazione di sé in un tema, l’insegnante di matematica al massimo può utilizzare un linguaggio inclusivo quando si rivolge alla classe o quando si trova ad affrontare situazioni di conflitto tra gli allievi. Scusi la lunghezza ma non avendo la sua email ho dovuto utilizzare la sezione dei commenti

    1. Signor Gianni, gli interventi ed i progetti contro il bullismo possono essere molto buoni, ma come dice lei, non sono sicuramente mirati. Tali interventi tra l’altro dovrebbero considerare le varie forme di bullismo e quindi comprendere il cyberbullismo, sempre più presente tra la popolazione giovanile ed il bullismo omofobico. Anche i progetti sull’educazione affettiva e sessuale sono buoni ed anche più mirati in questi vanno trattate approfonditamente anche le tematiche dell’omosessualità del transessualismo ecc. Tuttavia tali programmi non possono bastare. Lei nel suo piccolo qualcosa può fare: ne parli. Ne parli insieme ai suoi alunni liberamente. Se vi capita di studiare qualche autore (non so cosa insegna lei) o personaggio che abbia avuto o si dice abbia avuto un orientamento sessuale, ne parli liberamente. Apra dibattiti all’interno della classe e sottolinei l’importanza del rispetto delle opinioni altrui. Ognuno può dire la propria senza offendere gli altri. Il lavoro sulle emozioni altrui, sull’empatia e sul rispetto sono fondamentali. Questo è ovviamente ciò che noi psicologi cerchiamo di fare, io in particolare quando mi trovo ad interagire con i ragazzi nelle scuole. Ma voi professori siete fondamentali per far si che il nostro lavoro non vada sprecato, ma venga continuato anche nelle lezioni frontali classiche di matematica, storia, italiano ecc. Come ha riscontrato le situazioni possono essere molteplici ed anche i problemi. Parlarne e rispettarle, far sentire capito ed accolto l’adolescente in difficoltà è l’arma migliore che si può avere. Tutte le rappresentazione negative che arrivano all’adolescente possono essere ribaltate solamente attraverso il rispetto del suo punto di vista e del suo mondo emozionale. Se vi sono rappresentazioni negative, bisogna controbilanciarle con quelle positive, nel modo più sereno e naturale possibile. Più che dire qualcosa, cerchi di capire il mondo emozionale dell’alunno e di accoglierlo. Mostrare esempi positivi, film, storie, letture di giornali, discussioni in classe sono gli strumenti che si possono usare e sono strumenti molto utili per aprire un dibattito rispettoso in cui anche l’adolescente omosessuale si sentirà finalmente rappresentato e non più invisibile. Ps.: credo la mia mail la possa trovare qui di fianco su disqus 😉 Spero di esserle stato utile, Saluti

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