Siamo tutti schiavi delle passioni

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Colpa delle droghe, dell’alcol, della pazzia, del sesso sfrenato senza limiti. Colpa di uno, di due. Colpa della società o colpa degli stereotipi, quegli stereotipi che non permettono ancora nel 2016 a moltissimi omosessuali nel nostro paese e in moltissimi altri di vivere la propria vita affettiva emozionale in modo sereno e alla luce del giorno?

Un ragazzo di 23 anni, Luca Varani, è stato ucciso a Roma, al Collatino, al termine di un festino a base di alcol e cocaina. Il giovane, che era fidanzato con una ragazza, sarebbe stato seviziato e massacrato a coltellate e a colpi di martello dai due amici che erano con lui: Manuel Foffo, 29enne proprietario della casa, e l’amico Marco Prato, 30 anni, che dopo il delitto ha tentato il suicidio. I due sono stati fermati. Varani è stato ritrovato nudo nella stanza da letto.

Questo episodio, come ve ne sono vari altri nel mondo, sia etero che gay, con morti di donne, uomini, bambini, ragazzi, ci mostra solamente una cosa: SIAMO SCHIAVI DELLE PASSIONI.

Non abbiamo più un limite, non abbiamo più senso di controllo su di noi. Le emozioni che proviamo sono totalmente fuori controllo. Quando succedono queste cose l’unica spiegazione psicologicamente possibile è quella dell’immaturità emozionale. Che vuol dire?

Un tramonto ci dà delle emozioni, la visione di un film romantico ci dà delle emozioni, un incidente stradale ci dà delle emozioni, la morte ci dà delle emozioni, il sesso ci dà delle emozioni: siamo fatti di emozioni. Il corpo ed il cervello sono collegati in modo tale da farci reagire agli eventi esterni e questa reazione che può essere di avvicinamento o di lotta e fuga è provocata dalle emozioni. Il cervello emozionale è parte del cervello più antico, quello che si è sviluppato filogeniticamente prima, è rappresentato dal sistema limbico, principalmente dall’amigdala. Questo è collegato con la parte del cervello più “giovane” a livello di sviluppo cerebrale dell’essere umano: i lobi frontali, in particolare quello sinistro. Questi controllano l’azione, sono i centri decisionali, quelli che ci fanno decidere se mettere in atto un’azione oppure no. Essi quindi hanno il potere di “calmare”, “raffreddare” le emozioni. Dialogano con esse.images

Ed è qui il problema, quando il dialogo non è più possibile e le emozioni prendono il sopravvento. Allora siamo schiavi delle passioni. E quando siamo schiavi delle passioni può accadere qualsiasi cosa l’emozione predominante ci dica di fare.

La capacità di tenere a freno un impulso è chiamata in psicologia intelligenza emotiva: essa comprende, ad esempio, la capacità di tenere a freno un impulso, di leggere i sentimenti più intimi di un’altra persona (empatia), di gestire le relazioni senza scosse con gli altri.

Include l’autocontrollo, l’entusiasmo e la perseveranza e la capacità di automotivarsi.

Queste capacità possono essere insegnate ed apprese sin da bambini.

I due uomini, che fatico a chiamare tali, in quanto hanno perso a livello cerebrale tutto ciò che biologicamente distingue un essere umano da un qualsiasi altro animale (la corteccia prefrontale che simboleggia la ragione contro il cuore rappresentato dal sistema limbico) che hanno ucciso questo ragazzo mancavano totalmente  di tali qualità.

L’individualismo occidentale ha portato e continua a portare alla disgregazione di ogni forma comune di società, a una perdita del senso di appartenenza e a un’esaltazione del senso di piacere. Ma il piacere come abbiamo visto non può essere totalmente sfrenato e senza controllo. Abbiamo bisogno del nostro istinto quanto abbiamo bisogno della ragione.

Le passioni, – dice lo psicologo americano Daniel Goleman, nel suo splendido libro “Intelligenza emotiva”- quando ben esercitate, hanno una loro saggezza: esse guidano il nostro pensiero, i nostri valori, la nostra stessa sopravvivenza. Esse possono tuttavia facilmente impazzire e questo accade fin troppo spesso. Come ben capiva Aristotele, il problema non risiede nello stato d’animo in sé ma nell’appropriatezza dell’emozione e della sua espressione.

Da quanto letto nelle ultime ore non posso, ovviamente fare alcuna diagnosi, né dichiarare i due assassini capaci di intendere e di volere né posso dire se il tutto era premeditato, ma di certo posso dirvi che le loro emozioni erano fuori controllo. La dimostrazione è nelle stesse dichiarazioni del movente che li ha spinti all’assassinio del giovane ventitreenne: “volevamo vedere che EFFETTO facesse uccidere qualcuno”. Ricerca appunto di emozioni, in quanto quelle che si avevano non erano abbastanza. E quando le emozioni che abbiamo non sono abbastanza vuol dire che non riusciamo a riconoscerle e se non riusciamo a riconoscerle vuol dire che abbiamo un problema di comunicazione tra i lobi prefrontali e il sistema libico, siamo emozionalmente IGNORANTI.

intelligenza-emotiva-14-728Questa società però sembra volerci tali: a scuola non si insegna più nulla se non due calcoli e leggere e scrivere, mentre proprio la scuola potrebbe aiutare lo sviluppo emozionale equilibrato dei ragazzi che saranno i futuri adulti che popoleranno questo mondo.

Quando siamo così in preda alle emozioni l’omicidio, il suicidio sono solo gli ultimi effetti estremi del disequilibrio emozionale. Gli effetti, però, sono tantissimi e si verificano nella nostra vita quotidiana, nelle amicizie, sul lavoro, nell’amore e nel sesso.

La ricerca del sesso così spasmodica è un altro effetto, il non saper più portare avanti relazioni significative è un altro effetto ancora, così come l’uso della violenza, dell’alcol delle droghe sono tutti effetti dovuti ad una mancanza di controllo emozionale o al tentativo che viene messo in atto dagli individui per calmare le proprie emozioni. In questo senso anche l’aumentato uso di psicofarmaci è uno degli effetti e tentativi di controllare le proprie emozioni. Ma il controllo delle proprie emozioni potrebbe avvenire attraverso un’educazione che insegni a capirsi a rispettarsi e a capire e rispettare il mondo emozionale altrui. L’odio, l’omofobia, il razzismo, sono gli effetti che invece ha il discontrollo delle emozioni a livello comunitario. E, badate bene, nessuno di noi è così lontano o esente dal pericolo di finire vittima o carnefice di un atto come quello avvenuto nel week end appena passato.

Ascoltatevi ed ascoltate gli altri, le loro emozioni. Fermativi a riflettere. Chiedetevi perché sentite quella determinata emozione e provate a capire se può esservi utile in quel determinato momento! Emozionatevi, ma capitene il motivo. Questo è quello che popolarmente significa “ conta fino a 10!” voi contate fino a 1000 se non vi basta anche di più. Prendetevi giorni, settimane, riflettete non agite sotto il controllo dell’impulso.

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5 commenti

  1. L’individualismo occidentale? ?? Ma de che? È uno psicologo o un delegato del partito comunista nord coreano??

  2. Bhe…le mappe “emotive” o si formano entro il sesto anno di vita, o non si formano più…Infatti nasciamo solo con “impulsi” (a metà indeterminata…!)

  3. Premettendo che ho studiato all’università psicologia e mi appassiona l’antropologia (per dire: non sono uno che in genere disdegna la riflessione intellettuale) credo che ci sia da sempre, davanti a evidenti casi di abnormità psichiatrica (nel caso di Prato testimoniata dall’essere in cura da uno psichiatra e assumere psicofarmaci, Foffo aveva un passato di cocainomane e un rapporto disastroso col padre) una tendenza leziosa a allargare episodi psichiarici e criminali al “malesssere della società”, a fare un sociologismo sempre moralista, e pessimista “in ricordo dei bei tempi in cui c’erano i valori”. Eppure un certo imperatore fu ucciso dal figlio, nel medioevo si veniva bruciati vivi per eresia, nel 1800 era normale il “delitto d’onore”, negli anni 40 del 1900 si ammazzavano sei milioni di ebrei, nei 70 ci fu il delitto del circeo. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Foffo e Prato sono due psicopatici sadici che hanno perso il controllo in seguito a dosi abnormi di coca e 3 giorni di veglia.

  4. Delitto e Castigo è un romanzo troppo nobile per poter essere citato in riferimento a questa storia di delinquenza immonda, crudele e senza ritegno. Psicologia o non psicologia, un atto efferato come questo merita solo l’allontanamento permanente dalla società. CI sono altri due bellissimi romanzi che parlano di omicidi efferati, “entrano” nella mente dell’assassino e ne analizzano con rigore la personalità e la fenomenologia sociale : A Sangue freddo di Truman Capote e Native Son di Richard Wright. Truman Capote la sapeva lunga e ci offre un ritratto eccezionale dell’efferato omicidio del Kansas.
    In questo fatto di cronaca, tuttavia, il disagio della società entra poco e anche se ci piace tirarlo in ballo, vorrei ricordare che i due accusati dell’omicidio Varani erano ben lungi dal patire i disagi di personaggi come quelli dei libri che ho citato ( o di chi tutti i giorni magari si guadagna da vivere prostituendosi per necessità rischiando violenze, sevizie, umiliazioni).
    Questi due bellocci esempi di borghesia romana degradata, dato il loro status economico e il fatto che avessero molto tempo a disposizione, sottraendolo al lavoro (un lusso riservato a pochi) sono per fortuna un caso più unico che raro (certamente orripilante) nelle statistiche sul crimine (e mi dispiace che si insista tanto sull’omosessualità, anche se capisco che è giocoforza, dati i fatti che si sono dispiegati). Mi dispiace, ma la società non c’entra, anzi, la società dovrebbe condannare senza appello un omicidio come questo, senza tirare in ballo giustificazioni, tanto meno morali o sessuali.
    Chissenefrega che i due soffrissero per la loro sessualità (cosa che dimostra la loro profonda ipocrisia e la loro perversione morale). Quante persone ne soffrono senza essere così auto commiserativi? Qui non c’è passione, c’è dissolutezza, e crudeltà: due cose ben diverse che possono intersecare la sessualità ma che procedono per loro conto (omo, etero o bi che si voglia). Io parlerei piuttosto di pulsioni distruttive e forsennate, purtroppo umane, fin troppo umane.

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