A voler cercare notizie sull’evoluzione della vicenda personale di Luana Zanaga, sembrerebbe che, almeno per quanto riguarda la società sportiva per la quale la poliziotta veneta giocava e faceva la preparatrice atletica, tutto si sia risolto per il meglio. "La Lendinarese riconosce la eccelsa professionalità tecnica di Luana Zanaga – si legge in una nota della dirigenza della squadra pubblicata dai quotidiani -. I dirigenti e le giocatrici esprimono piena solidarietà a Luana Zanaga per il suo impegno civile, attraverso il quale ha saputo accendere i riflettori e la sensibilità della pubblica opinione sul problema sociale della omofobia. La nostra società sportiva è da sempre rispettosa delle varie diversità siano esse religiose, razziali, sociali o di tendenza sessuale e non tollereremo mai alcun tipo di discriminazione. La Lendinarese è moralmente al fianco di Luana Zanaga nella sua campagna antidiscriminazione".
A dire della poliziotta, invece, nulla di tutto questo è coerente con quello che è davvero successo. "Smentisco categoricamente quello che la società ha dichiarato – dice Luana Zanaga al telefono con Gay.it -. E’ solo un modo che hanno trovato per tutelarsi legalmente perché temono ripercussioni sul tema delle discriminazioni e io non voglio più avere a che fare con una società in grado di comportarsi in questo modo. Sono quattro giorni che tento di parlare con il presidente, ma si è reso irreperibile. Purtroppo, la legge contro l’omofobia non è ancora stata approvata, quindi posso agire solo sul versante civile per i danni che le scelte della Lendinarese mi hanno arrecato".
Quando la abbiamo intervistata lo scorso 6 ottobre, Luana era appena stata sollevata dal suo ruolo nella squadra con un sms in cui si spiegava che il provvedimento era stato necessario per il ‘buon nome’ della società. La Lendinarese, infatti, aveva garantito ai genitori delle giocatrici di essere una realtà pulita, "senza drogati né omosessuali". Ai microfoni di Rainews24, però, un dirigente della Lendinarese aveva garantito che la vicenda sarebbe stata ripresa in considerazione e sarebbe rientrata.
"Quella sera è stata indetta una riunione – spiega Luana – con le ragazze e la dirigenza, riunione che si è svolta in condizioni pietose: alla luce di un lampione in mezzo alla strada, con tutti i rischi che si potevano correre. In quella riunione a me è stato imposto il ruolo di allenatrice e dirigente della squadra, compito assegnato anche alle ragazze. Ripeto, imposto".
Ma non finisce qui, naturalmente. Nel racconto di Luana si rompe anche il fronte delle giocatrici che, in un primo momento le erano state solidali. "Su richiesta delle ragazze, ho dovuto mandare un comunicato alla società in cui rinunciavo agli incarichi, perché altrimenti per loro non ci sarebbero state le condizioni per tornare in campo – spiega Luana -. Otto di loro sono contro il mio ritorno: la maggior parte per ragioni personali, alcune per dichiarata omofobia, due perché, essendo minorenni, si devono adeguare alle decisioni dei genitori. Il padre è un carabiniere e si è già candidato a fare da allenatore alla squadra".
A complicare le cose, la voce che la società avrebbe allontanato Luana in seguito a due querele a suo carico, sporte da altrettante ragazze, una per molestie telefoniche e l’altra per minacce.
"E’ stato incredibile – commenta la poliziotta – scoprire di queste querele dalla stampa. Addirittura risalirebbero all’inizio di quest’anno, mentre a me nessuna comunicazione formale è stata mai fatta. Con entrambe queste ragazze ho avuto una relazione e temo che siano state spinte a fare una scelta del genere dal timore di pettegolezzi e chiacchiericci che in una città come Rovigo possono essere davvero pesanti. I miei avvocati, in ogni caso, hanno tutta la documentazione necessaria per fare luce sulla vicenda, che nulla ha a che vedere, di fatto, con il mio allontanamento dalla Lendinarese".
Intanto, lunedì Luana torna al suo posto di lavoro: la sala operativa della Polizia. "Vedremo cosa succederà – conclude -. Io spero solo di essere riammessa alle volanti".
di Caterina Coppola
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