Télérama lo definisce "uno dei film più perturbanti visti a Cannes". Jacques Mandelbaum di Le Monde chiosa: "L’intelligenza del film è di non fare di questi personaggi dei cinici perversi, ma semplicemente dei giovani borghesi colti e mostruosamente irresponsabili". Stiamo parlando del film-choc (immancabile) che ha turbato i cinemaratoneti sull’affollatissima Croisette: Elève libre (Allievo libero) presentato nella laterale Quinzaine des Réalisateurs, opera quarta del giovane regista belga Joachim Lafosse che già ci aveva intrigato con le ambiguità relazionali di una famiglia sull’orlo del collasso nell’insolito Proprietà privata.
Con uno stile livido già accostato dalla fascinosa glacialità del grande Michael Haneke, Elève libre affronta le crisi identitarie di un inquieto sedicenne, Jonas (l’angelico Jonas Bloquet, un volto delicato che sembra uscire dritto dritto da un porno del compianto Cadinot), scarso rendimento a scuola e un’unica grande passione in cui decide di investire le sue energie: il tennis. Ma quando fallisce un’importante selezione nazionale, il suo profitto scolastico peggiora ulteriormente e i suoi genitori decidono di toglierlo dalla scuola pubblica e farlo seguire da un insegnante privato, il trentenne Pierre (Jonathan Zaccaï). Ma il rapporto tra i due trascende presto le esigenze didattiche e l’ambiguo Pierre riesce a coinvolgerlo in curiosi giochi erotici per mettere alla prova i suoi gusti sessuali dall’incerta definizione, cercando di allontanarlo dalla coetanea Delphine con cui Jonas aveva intrapreso una tenera relazione affettiva. Tanto più che Pierre presenta a Jonas un’ambigua coppia che lo porta a respirare una strana aria sessantottina in cui si parla in continuazione di sesso, di
voyeurismo spinto (osservare una coppia mentre fa l’amore è utile all’apprendimento, no?) e della necessità di liberarsi di alcuni cascami morali per affrancarsi dalle trite convenzionalità tardo-borghesi. La frequentazione tra Pierre e Jonas diventa sempre più assidua e il primo cerca in tutti i modi di sostituirsi alla figura paterna per crescere a suo modo l’agognato pupillo: più che verso una vera educazione sentimentale, però, il suggestionabile Jonas viene condotto sul versante alquanto scosceso, per un adolescente, dell’iniziazione ai piaceri della carne.
Trasgressione sessuale e minore età: un cocktail dal sicuro effetto esplosivo, insomma. Con tanto di riflessione-feedback su quel che resta del ’68, tornato in auge nel quarantennale del maggio francese (nelle sale d’Oltralpe furoreggia il nuovo lavoro della coppia gay Olivier Ducastel e Jacques Martineau, il nostalgico Nés en 68 con Laetitia Casta e Yannick Renier, presente anche nel cast di Eleve libre, in cui si parla delle prime battaglie in piazza del movimento ‘homo’).
«Il soggetto del film richiedeva uno stile differente rispetto agli altri miei lavori» spiega il regista Joachim Lafosse. «È un argomento difficile da definire, una problematica che non si riesce a focalizzare con precisione: da dove viene il male, il problema? Tratta dell’educazione e la trasmissione del sapere da un adulto a un adolescente, dei limiti oltre i quali questa trasmissione diventa trasgressione. Volevo incentrare il discorso sui confini dell’ambito famigliare e ciò che va oltre: la scuola e gli amici. Il problema di fondo era: che cosa posso filmare? Che cosa non posso riprendere? Mentre giravo mi chiedevo: come reagirà il pubblico? Dovevo mostrare il sesso dei giovani o no? Spero che questo film riesca a scatenare un dibattito dopo la visione».
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