BINETTI: «LE COPPIE GAY NON DURANO»

Vi proponiamo in due parti l'intervista che Paola Binetti ha rilasciato a Gay.it. Esponente cattolica e numeraria dell'Opus Dei, la senatrice della Margherita è la più critica verso gay e PaCS.

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ROMA – Paola Binetti è uno dei nomi di punta di quella pattuglia di ferventi credenti cattolici presenti nel Parlamento italiano e per i quali il bene collettivo non può e soprattutto non deve discostarsi da quella che è la visione che il Vaticano ha della realtà e della società. Di professione neuropsichiatra, la senatrice Binetti fa parte dell’Opus Dei ed è con poca sorpresa che la troviamo tra i docenti del Campus Bio-Medico, l’università dell’Opus Dei stesso. Il comitato Scienza e vita da lei fondato, ha fatto fallire il referendum sulla procreazione assistita. Di recente è intervenuta al meeting annuale di Comunione e Liberazione di Rimini partecipando ad un incontro a dir poco di parte sul tema delle unioni civili e dei PaCS. La senatrice, eletta nelle liste della Margherita/Democrazia e Libertà, ha concesso a Gay.it una lunga intervista, della quale vi proponiamo la prima parte.
Senatrice Binetti, Sandro Magister, l’esperto vaticanista dell’Espresso, la descrive così: “Neuropsichiatra, numeraria dell’Opus Dei con voto di povertà, castità e obbedienza e già presidente del comitato Scienza e Vita”. È tutto corretto?
No, non è corretto, nel senso che le persone dell’Opus Dei non fanno voti di nessun tipo perché il modello di vita e il modello di santità che l’opera propone è un modello intrinsecamente laicale, quindi nello stato laicale non ci sono voti. Ci può essere semmai esercizio di virtù e ci possono essere scelte personali che portano a vivere i valori come la sobrietà più ancora che la povertà, l’accoglienza di dinamiche nel rapporto con la chiesa. Sicuramente il massimo rispetto per quello che riguarda il magistero della Chiesa è avere quell’atteggiamento che accetta con estrema attenzione qualunque pronunciamento che venga dal magistero stesso. Però non ci sono voti.
Dal momento che quest’intervista sarà letta principalmente dalla comunità gay e lesbica italiana, vorrei farle qualche domanda sul suo modo di vedere questa realtà.
Certo.
Lei è una psichiatra e per molti anni si è ritenuta l’omosessualità una malattia da curare, un disordine mentale mentre oggi il punto di vista è cambiato. Anche lei ha cambiato il suo?

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Io non considero l’omosessualità un disordine mentale ne una perversione. Può diventare una perversione, ma tanto quanto l’eterosessualità. Considero l’essere gay una cosa che è al di fuori del mio modo personale d’intendere la relazione sessuale, in quanto al di fuori di quello che io considero legato alla natura dell’uomo e quindi anche all’esperienza della sessualità come dinamica che trova nella sua complementarietà la sua espressione più propria e più caratteristica.
Eppure la psichiatria ha ritenuto a lungo che i gay avessero bisogno di terapie per via del loro orientamento sessuale…
Il bisogno alla terapia è un bisogno che attiene alla singola persona, al suo modo di vivere la sua condizione in rapporto a se stessa e agli altri. Tutti quanti possono aver bisogno di dover ricorrere alla psicoterapia, certamente più è complessa la difficoltà in cui uno interagisce nell’ambiente e maggiore può essere questo bisogno. Comunque è sempre un bisogno collegato al modo in cui ognuno elabora il proprio vissuto, le proprie dinamiche, le proprie frustrazioni, le proprie aspirazioni.
Lei ritiene che l’orientamento sessuale sia una scelta?
È una scelta fino a un certo punto. C’è un’identità diciamo endocrinologica, per cui andando a fare delle curve di dosaggio ormonale si vede che sono di un certo tipo piuttosto che di un altro. Questa è la struttura biologica che a mio avviso ha una grossa forza determinante. Su questa sicuramente si innestano le dinamiche educative, le scelte che una persona fa, anche quando arriva all’età di poter fare le proprie scelte in modo più libero e consapevole. In definitiva è una scelta fortemente condizionata da quello che è l’assetto biologico di ognuno di noi.
Per qualcuno le persone omosessuali sarebbero solo interessate a soddisfare i loro appetiti sessuali e nient’altro. Come giudica questa affermazione?
Se una persona cercasse il rapporto con l’altro solo per fare un’esperienza allora rientrerebbe in quel tipo di perversione di cui parlavamo prima e che però possono essere di chiunque, non certo solo dell’omosessuale. Tant’è che quel tipo di perversioni molte volte si ha in soggetti che sono bisessuali.
Lei ritiene che le relazioni tra persone dello stesso sesso comprendano anche sentimenti nobili come l’amore e l’affetto e che dunque abbiano una loro rilevanza sociale (come nel darsi assistenza reciproco e l’aiutarsi nei momenti di bisogno)?
Una delle esperienze più belle che ognuno di noi può avere è quella dell’amicizia con persone del proprio sesso. Alla base c’è sempre il senso dell’amicizia, l’intesa potenziale, il fatto che ci si capisce di più e si possono condividere più cose, a cominciare dagli interessi.
Si sentirebbe di utilizzare anche la parola “amore”?
Dipende dal significato
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Si sentirebbe di utilizzare anche la parola “amore”?

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Dipende dal significato che noi diamo a questa parola. Oggi è una parola che viene usata per tante cose, per cui non vedo perché non la si possa utilizzare anche in questo caso. Però certamente la parola amore non ha una connotazione che la configuri esclusivamente nella sua dimensione sessuale, esiste l’amore di un genitore per il figlio, di Dio per gli uomini, l’amore che ognuno di noi può nutrire per tante realtà belle e buone che ci sono. Certo a mio avviso quando entriamo nella dimensione della sessualità non posso non ribadire che a mio avviso la sessualità in quanto tale raggiunge la sua espressione più piena all’interno di una dinamica eterosessuale, in una diversità che trova il suo superamento e il suo complemento e ritrova una sua unità passando attraverso la diversità.
Al recente Meeting di Rimini ha detto: “Una coppia omosessuale è diversa da una coppia eterosessuale: ce lo dice l’evidenza”. Vogliamo approfondire un po’?
L’evidenza nasce dall’esperienza. Due persone di sesso diverso che stanno insieme sono diverse da due persone dello stesso sesso che stanno insieme. La prima evidenza di differenza è visibile con gli occhi e si impone all’attenzione di tutti. Una seconda evidenza deriva dai dati: noi abbiamo una serie di dati che ci dicono che i legami che le coppie omosessuali stabiliscono tra di loro hanno nel tempo una durata più breve e una stabilità minore rispetto a quelli che raggiungono le coppie eterosessuali. Questo, al di là di essere un parametro meramente temporale, implica comunque una capacità di accoglienza dell’altro e anche di cura dell’altro che consente di affrontare un maggior numero di situazioni di quanto non possa accadere nelle coppie omosessuali. È nota la necessità quasi di rinnovamento di questi rapporti, e penso che le regioni possano essere molto complesse, però è una constatazione di fatto. La terza evidenza è che la coppia omosessuale è per sua natura intrinsecamente sterile e questo non è un problema di poco conto, perché anche il problema di un figlio in una coppia omosessuale è sempre il figlio di uno dei due, nel migliore dei casi, mai di entrambi.
Questo non vale anche per moltissime coppie eterosessuali?
Si, però l'”altro” rappresenta rispetto a questo un ruolo. Se io sono una ragazza madre che sta con un uomo questi svolge un ruolo che è chiaro, diverso e complementare a quello materno. Se sono due donne o due uomini che allevano uno stesso figlio le dinamiche di ruolo all’interno delle quali si struttura la percezione di se, e quindi anche quelli che saranno i modelli di riferimento successivi per il figlio, sono altamente problematici. A questo proposito segnalo il libro “Ho due mamme”, pubblicato da Sperling & Kupfer, inchiesta fatta da una giornalista francese (Claire Breton, ndr) allevata da due donne. È una serie di interviste fatte a tutta una serie di figli di coppie omosessuali ed è uno dei pochi libri su questo argomento. È molto interessante perché fa emergere la complessità dei vissuti dei figli. Se lei legge il libro troverà tutta una serie di storie individuali di bambini che hanno fatto una grande fatica ad accettare tutto ciò, non solo come esperienza della diversità nel confronto con gli altri, ma anche come esperienza della dinamica relazionale all’interno del nucleo familiare.
Ha accennato prima a dei dati che illustrerebbero che le relazioni omosessuali sarebbero più brevi. Mi potrebbe dire a quali dati fa riferimento?
Non ho un dato statistico che misuri la durata di queste relazioni, anche perché ricerche serie in questo campo non mi sembra che siano state fatte e quando dico ricerche serie dico ricerche con gruppo di controllo. Però possediamo una serie di descrizioni comportamentali, quelli che si chiamano caso-problema, nei quali sono pochissime le situazioni di coppie omosessuali che abbiano mantenuto questa relazione stabile e fissa nell’arco di tutta la loro vita. Questo dimostra che ci sono difficoltà…
Questo “dimostrerebbe”, ma lei stessa mi ha detto che non ci sono dati statistici.
Ci fossero dei dati che riguardano le coppie “omosessuali” (la senatrice, per qualche motivo, adesso usa l’espressione “tra virgolette omosessuali”, ndr) e quindi nel momento in cui ci fosse una contabilità più certa si potrebbero ricavare dati di questo tipo. Però le garantisco che una serie di studi osservazionali fatti da persone che ben conosco mi dicono che nessuno di loro, in una riunione che abbiamo fatto un paio di anni fa, era in grado di citare coppie omosessuali che avessero avuto una durata stabile e fedele per tutta la vita. Comunque anche gli studi fatti da Freud non sono statistici ma sono studi comportamentali e lo stesso vale per gli studi che ha fatto Piaget sull’apprendimento dei figli. In psicologia anche questo, purché dichiarato con una sufficiente onestà intellettuale, è comunque un elemento importante per analizzare i problemi.
Domani la seconda parte dell’intervista alla Senatrice Binetti nella quale ci parla della sua visione sui temi cari al movimento GLBT, PaCS compresi.
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