Dopo i trionfi ai Golden Globes, dove si è aggiudicato tre premi ‘chiave’, ossia miglior commedia-musical e migliori attori non protagonisti, sta salendo la febbre dell’Oscar per il rutilante Dreamgirls del regista omo Bill Condon, e possiamo scommettere che martedì prossimo le candidature cadranno a pioggia.
Tratto da un successo teatrale che ebbe a Broadway più di 1500 repliche in dieci anni vincendo ben sei Tony Award (e sopravvisse al suo creatore, il commediografo gay Michael DiFiglia alias Bennett che morì di Aids a soli 44 anni nel 1987 e ideò Dreamgirls a partire da un musical di Tony Eyen e Henry Krieger dal titolo Big Dreams rivelatosi però un flop), racconta l’ascesa verso il successo delle Dreamettes, un trio di ‘soul singers’ nere, Effie, Deena e Lorrell, nato negli anni ’60 come supporter di un cantante di rhythm’n’blues alla James Brown, l’eccentrico James ‘Thunder’ Early (un inedito Eddie Murphy). Il rude manager Curtis Taylor (Jamie Foxx, Oscar per ‘Ray’), dopo aver fondato una propria etichetta discografica, la Rainbow Records, scrittura le tre ragazze cambiando il nome del gruppo che diventa ‘The Dreams’ e imponendo come cantante la più avvenente Deena al posto della tracagnotta Effie.
La fama e il denaro arrivano ma la vita privata ne risente: Effie deve combattere con l’alcool e la depressione, Deena è sottomessa a Taylor che è diventato suo marito e Lorrell diventa amante di Early ma non riesce a convincerlo a lasciare sua moglie. L’intera vicenda è ispirata alla storia vera di Diana Ross e le sue Supremes già Primettes, ossia Mary Wilson e Florence Ballard poi sostituita da Cindy Birdsong, ma nel personaggio del manager squalo Taylor c’è un chiaro riferimento al violento Ike Turner e le sevizie di Deena richiamano quelle subite da Tina Turner durante il suo tempestoso matrimonio.
Kolossal da ben 70 milioni di dollari, lo scatenato Dreamgirls è stato apprezzato dalla critica…
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Kolossal da ben 70 milioni di dollari, lo scatenato Dreamgirls è stato apprezzato dalla critica americana (Newsweek e l’American Film Institute lo definiscono uno dei dieci migliori film dell’anno mentre Peter Travers di Rolling Stone lo trova ‘abbagliante’) e, pur non essendo un film gay, è stato realizzato da un team molto queer – alla produzione ricompare David Geffen – che ha conquistato anche la comunità omosessuale per lo splendore dei costumi paillettati e non, la spettacolarità dei numeri musicali e l’indubbia favolosità glitter delle scenografie: «Le signore cambiano in continuazione vestiti più meravigliosi di tutte le drag queen apparse a Wigstock messe insieme!» sostiene Marc Breindel di PlanetOut. E sicuramente ha già contribuito al lancio planetario di un’attrice esordiente la cui storia è ai confini della fiaba: la venticinquenne Jennifer
Hudson, non bellissima e un po’ sovrappeso, orfana di padre e nata nel ghetto di Chicago, ex impiegata di Burger King scoperta casualmente dal programma per cantanti dilettanti American Idol e ora a un passo dalla nomination all’Oscar dopo la conquista del Globo d’Oro. Non solo, in Dreamgirls è riuscita a rubare il ruolo più accattivante di Effie alla blasonata coetanea Beyoncé Knowles, ex Destiny’s Child scoperta da Whitney Houston, cinque Grammy e vari dischi di platino alle spalle, che si è dovuta accontentare di quello meno incisivo di Deena (Lorrell è invece interpretata da Anika Noni Rose, l’unica delle tre ad aver recitato a Broadway).
La stampa Usa, ovviamente, si è scatenata nell’alimentare una presunta rivalità tra le due attrici, al punto che Beyoncé ha dovuto smentire ufficialmente tali dicerie: «Sono tutti cliché. Ho abbastanza umiltà da starmene sul sedile posteriore».
Cuore pulsante del film sono le splendide canzoni sixties interpretate magnificamente – ma in playback – dalle calde voci afro delle protagoniste: dalla malinconica And I’m Telling You I’m Not Going alle melodiche Had To Say Goodbye e Listen (quest’ultima candidata al Golden Globe).
Dreamgirls esce in Italia il 26 gennaio: chi ama il musical vintage e va pazzo per tubini e cotonature d’antan non se lo può perdere.
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