A chi di noi non è capitato? Ridendo e scherzando ci siamo beccati almento una volta nella vita del “frocio”. Peggio se ci hanno chiamato così in situazioni spiacevoli, in quel caso il fastidio non poteva che fermarsi al danno morale per l’offesa subita. Nessuna richiesta di risarcimento, nessuno che avrebbe potuto far giustizia in alcun modo. Fino a ieri.
La Corte di Cassazione con una sentenza storica ha infatti dichiarato “reato” il termine in questione se usato “con chiaro intento di derisione e di scherno espresso in forma graffiante”. L’on. Franco Grillini suggerisce: “Se non ci sono fatti di violenza fisica vera e propria, inviterei chiunque a rispondere con l’ironia. A volte, più efficace delle denunce”. Fatto sta che questa sentenza non ce la toglie nessuno.
I fatti
La Corte era stata chiamata a pronunciarsi da un cittadino offeso per essersi beccato del “frocio” ma che per il Giudice di Pace chiamato a valutare il fatto non costituiva reato. Duro il
giudizio della Cassazione in merito al comportamento dello stesso Giudice di Pace, reo di aver emesso una “sentenza contraria alla logica e alla sensibilità”.
E ora?
Che succede adesso? Lo abbiamo chiesto all’Avvocato Ezio Menzione, noto penalista e difensore da molti anni in casi che vedono coinvolti omosessuali
Avvocato qual’è il suo parere sulla sentenza?
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Avvocato qual’è il suo parere sulla sentenza?
La sentenza è di per sé buona in quanto è la prima volta che il tema dell’ingiuria per l’orientamento sessuale è toccato dalla Suprema Corte. È una sentenza equilibrata ma è più interessante dire che sarebbe auspicabile un salto di qualità e passare dalle ingiurie in quanto tali a considerarle come vere e proprie azioni discriminatorie. Si tratta di ampliare la legge Mancino comprendendo gli insulti a causa dell’orientamento sessuale e questo potrebbe essere un passo che va in questa direzione.
Cosa cambia da oggi?
Diciamo che se capitasse un fatto simile e si procedesse con una querela per ingiuria, la persona avrebbe più chance di veder accolta la propria protesta come una qualsiasi altra ingiuria.
Quali atti legali possono essere intrapresi nei confronti di chi offende?
Prima di tutto fare una querela e poi costituirsi parte civile nel processo che ne segue. Quando la parola “frocio” viene usata come offesa ci vuole il coraggio di agire con dignità e fermezza. Al contrario, se la parola è uasata con ironia meglio lasciar perdere.
Come si può dimostrare davanti ad un giudice che il termine è di derisione?
Non è difficile, basta trovare uno o più testimoni e ricostruire il fatto.
Passiamo al lato di chi offende. In che reato incorre chi deride dando del “frocio”?
Nel reato di ingiuria, punito con la sola ammenda. L’importante però non è con quanto si può essere risarciti, ma che si stigmatizzino certi comportamenti. Sulla scorta di questa sentenza è l’ora di passare ad una maggiore tutela dell’individuo contro l’insulto in ragione dell’orientamento sessuale. Ad esempio, se offendi un ebreo vieni pesantemente condannato. Con questa sentenza giustizia è fatta, ma è un caso unico. Bisogna passare dal processo di una persona contro l’altra ad una legge in cui le persone siano tutelate contro l’offesa della dignità a causa dell’orientamento sessuale.
I casi storici di risarcimento per inguria sono molti. Uno fra tutti fu quello che vide coinvolto Vittorio Sgarbi e una professoressa a cui il critico diede della “stronza”. Un epiteto che costò a Sgarbi 60 milioni.
Da oggi anche noi abbiamo una tutela in più. In attesa che la legge Mancini venga estesa, per ora ci accontentiamo che qualche Giudice di Pace acquisisca una maggiore sensibilità.
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