Ci sono film la cui bellezza sta nella capacità di entrare nello spettatore che si identifica nel(la) protagonista, con cui si instaura una sorta di transfert empatico, e altri che si ammirano come uno straordinario quadro d’alta scuola caravaggesca. Il secondo caso si adatta come un guanto (di pelle) al mirabile Carol di Todd Haynes, in uscita oggi per Lucky Red. Un esempio di quanto Todd Haynes sia al vertice della sua maestria nel realizzare cineprodotti di alta sartoria, nel solco della tradizionale hollywoodiana dei film in costume: siamo negli anni ’50, la timida Therese Belivet (di origine cecoslovacca, eppure pare francese!) fa la commessa nel reparto giocattoli di un negozio affollatissimo perché siamo sotto Natale. L’acquisto galeotto di un trenino sarà l’occasione per conoscere la fascinosissima Carol Aird, sulla via perigliosa del divorzio e con bimbetta placida contesa col marito Harge, un facoltoso banchiere. Sarà l’abbrivio di una storia d’amore totale, suggellata da un viaggio inizialmente temuto in solitaria, “ovunque la mia auto mi porterà”, per poi diventare una battaglia in tribunale per ottenere la custodia della figlia di Carol.
Che bellezza, che fascinazione: non si può che rimanere conquistati dalla perfezione cromatica, dai costumi che si accarezzano con gli occhi (sono del triplice premio Oscar Sandy Powell), dalla fotografia setosa di Ed Lachman (lo stesso di Lontano dal Paradiso, piuttosto affine a Carol), dalle scenografie ineccepibili di Judy Becker. Eppure, un sospetto di algido manierismo è dietro l’angolo, e l’emozione è come raffreddata, mesmerizzata all’interno di ogni singola inquadratura.
Carol è tratto dall’omonimo romanzo di Patricia Highsmith (1921-1995), la più grande giallista lesbica mai esistita: pubblicò The Price of Salt – titolo originale americano, altro che giallo: qui siamo dalle parti del rosa vivo – nel 1952 con uno pseudonimo, Claire Morgan, da cui Carol si distanzia per minime variazioni, quali l’approfondimento del rapporto di Therese col fidanzato (lei è scenografa e non appassionata di fotografia), una sua insegnante suora, qualche lettera qui e là.
Ma Carol è la divina Cate Blanchett, sfregiata dalla mancata Palma d’Oro a Cannes andata alla nevrotica e isterica Emmanuelle Bercot di Mon Roi – Il mio re, brutto melò follemente scatenato, diretto da Maïwenn: sì, perché la Regina Cate è stata separata dalla compagna Rooney Mara per colpa della giuria capitanata dai fratelli Coen (non si sa se solidali nella scelta: a noi dissero a Cannes di non poter premiare chiunque! C’era comunque Rossy De Palma che, ahimé, avrebbe preferito la mamma vecchina di Nanni Moretti). Così, alla fine, il Prix d’Interprétation, al di là di ogni possibile previsione, è andato alla precisissima Rooney che si è trovata accoppiata alla pazza – ma brava – Emmanuelle Bercot che si scatena come una disperata con l’ex signor Bellucci, quel marpione di Vincent Cassel.
Ma la Cate, la Cate! Quanto è seducente, magnetica, favolosa… Non ci sono più parole per l’amica di Giorgio Armani, l’altro, vero re. Bisogna vederlo, Carol. E la Christmas Carol di sottofondo, le splendide musiche di Carter Burtwell, vi accompagneranno in questo indimenticabile sogno romantico, davvero per tutti.
Da antologia lo scambio di battute che rappresenta la chiave dell’amore tra Carol e Therese: “E lei lo vuole sposare?” “Io a malapena so che cosa ordinare per pranzo…”.
“Carol racconta un’imprevedibile storia d’amore, quella tra due donne di età diverse e provenienti da ambienti sociali diversi – spiega il regista -. Therese, una giovane donna sulla ventina che ha appena cominciato ad affacciarsi alla vita, incontra Carol Aird, un’affascinante donna più grande di lei, che ha una figlia e che sta affrontando un divorzio. L’infatuazione e la passione reciproca costringono però le due donne a dover affrontare gli attacchi del mondo che le circonda. La società seguiva un cammino stabilito dalle regole”. “Carol è una storia d’amore che tende a dimostrare come la verità sia in assoluto il miglior tonico – sostiene la sceneggiatrice Phyllis Nagy -. Se sei emotivamente onesto con te stesso, su chi sei e in cosa credi, le cose potrebbero non andarti bene, ma sarai certamente una persona migliore”.
Carol si è accaparrato cinque nominations ai Golden Globes: l’Oscar è assicurato, anche perché i concorrenti sono robetta.
Parafrasando Aldo Busi, forse l’amore non è una budella gentile, ma una commessa. Una commessa gentile.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.