È solo, in una sauna. Completamente nudo. Arrivano due sicari. Può solo contare su abilità, destrezza e due occhi ferini pronti a tenere sotto controllo la situazione: sarà una lotta senza esclusione di colpi (che scena, ragazzi!). È l’intenso Viggo Mortensen, il valoroso Aragorn de Il signore degli anelli, alias il rude Nikolai Luzhin (come la difesa scacchistica), un fascio di nervi e muscoli da far invidia a un rocciatore, asciutti ed elastici, marcati a fuoco da tatuaggi che raccontano non una, ma cento storie di omicidi, servigi mafiosi – lui è il driver del boss – e malaffari russi fino a implicare persino una neonata orfana di una quattordicenne dal destino segnato. Segnato da una complessa storia di ricatti e spionaggi che costituiscono la solida ossatura del vibrante thriller Eastern Promises (La promessa dell’assassino) di David Cronenberg, acclamato regista canadese da sempre ossessionato dal tema della mutazione – anche sessuale: Crash, M. Butterfly, Naked Lunch – e dall’ambiguità delle relazioni umane.
In questo magistrale trattato sulla potenza della struttura mafiosa, un’infermiera ostetrica londinese, la delicata Anna (Naomi Watts, perfetta) entra in possesso del diario di una partoriente quattordicenne che dà alla luce una bambina e poi muore. Per tradurlo, chiede aiuto all’anziano gestore di un ristorante (Armin Mueller-Stahl) che copre una potente organizzazione, la ‘Vory y zakone’ (‘Ladri nella legge’) implicata nella misteriosa vicenda.
Il rapporto tra Nikolai e il figlio del cuoco-gestore, Kirill (il signor Bellucci Vincent Cassel, bravo) è denso di sottotesti gay – sono molti i colpi di scena – anche perché entrambi si provocano proprio su questo terreno con dialoghi ammiccanti e continue battute sessuali. In una scena suggestiva, Kirill osserva compiaciuto Nikolai che penetra posteriormente una giovane donna durante un’ammucchiata con variante saffica.
La dolcezza, la sensibilità, il fascino di Nikolai complicheranno ancor più il mistero sul bambino abbandonato, tanto più che Anna si lega progressivamente al bell’autista, forse lo ama: sorprende il commovente finale ‘ai limiti’. Dopotutto, la famiglia è sempre la famiglia.
La promessa dell’assassino uscirà il 14 dicembre e ha chiuso il XXV Torino Film Festival (successo grandioso: + 79% di pubblico – al prossimo anno, Nanni!), già soprannominato Trincea Film Festival per mancanza di priorità stampa e proiezioni riservate al mattino solo ai quotidianisti. Vince l’irlandese Garage di Lenny Abrahamson (un porno fatto vedere a un ragazzino legato da un rapporto ambiguo al gestore di una stazione di servizio gli compromette l’esistenza). Secondo premio al notevole dramma malese L’elefante e il mare di Woo Ming Jin dai risvolti gay.
Il riconoscimento del pubblico va invece al film più originale del festival, Lars and the real girl di Craig Gillespie col tenero Ryan Gosling, nomination all’Oscar per Half Nelson: un ragazzo timido convince un intero paesino che la sua bambola di gomma, Bianca, è viva e vegeta. Miglior sceneggiatura all’innovativo dramma norvegese di Bård Breien L’arte del pensiero negativo – Maipominimal #1 sull’handicap (e migliore scena trans: scambio di parrucca tra vecchi).
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