Frances Ha, che grazia Greta Gerwig nella commedia più che deliziosa di Baumbach
“Siamo una coppia lesbica che non fa sesso”. Così Frances (Greta Gerwig in stato di grazia) descrive il suo rapporto con l’inseparabile amica e coinquilina Sophie (Mickey Sumner) nella commedia più che deliziosa “Frances Ha” di Noah Baumbach, titolo da non perdere assolutamente se cercate atmosfere buffe e svagate, alla Woody Allen ma più ‘indie’. Diviso in capitoli corrispondenti ai vari domicili della peregrinante protagonista, ne descrive l’anima sottilmente inquieta, impacciata, vagamente inconcludente (è ballerina senza convinzione), attratta dalle “cose che sembrano errori”, alla ricerca di un’anima gemella che non arriva, dai desideri mozzati a metà come il suo cognome, accorciato nel titolo, perché non entra nella targhetta del citofono. Per illuminarsi davvero solo quando si fa viva l’amica di sempre Sophie. Delicato, magnificamente fotografato in bianco e nero da Sam Levy, è cosceneggiato dalla stessa Gerwig e dal compagno regista Baumbach (che la riprende con adorazione palpabile). Da vedere.
The Giver, inno alla diversità con l’angelico Brenton Thwaites
Fantadrama futurista che potrebbe lanciare nell’empireo l’angelico attore australiano 25enne Brenton Thwaites, “The Giver – Il mondo di Jonas” di Philip Noyce è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo-saga di formazione ‘young adult’ scritto da Lois Lowry. Racconta di una società prossima ventura nello stile di “Gattaca” in cui le emozioni sono bandite, il lavoro assegnato dall’età di dodici anni, le famiglie costruite su misura dall’autorità vigilante formata da dodici anziani. Solo a un adolescente dotato, detto ‘Il donatore’, viene offerta la possibilità di accogliere le Memorie dell’Umanità e quindi tutte le emozioni rimosse, ereditandone il compito da un vecchio ‘Giver’. Elogio della diversità e del libero arbitrio, vanta nel cast la suprema Meryl Streep con lungo capello liscio argenteo e l’inossidabile Jeff Bridges nel ruolo dell’anziano donatore. Si direbbe spettacolarità garantita ma la critica l’ha accolto maluccio, contestandone proprio l’assenza di immaginazione visionaria.
Senza nessuna pietà, mai visto Favino così orso (grazie a 20 chili in più)!
Se andate matti per Favino e nel contempo per gli orsi, eccovi servito il divo-alfa nostrano che per il thriller “Senza nessuna pietà” diretto da Michele Alhaique, di cui è interprete e coproduttore, è ingrassato di ben 20 chili (che si vedono tutti). Ruolo ruvido e tosto, il suo, quello di un muratore che arrotonda facendo recupero crediti per uno zio, il signor Santili (Ninetto Davoli), fra strozzinaggio e violenze. Ma la bella Tanya (Greta Scarano) sconvolgerà la sua vita, portandolo a opporsi fermamente all’intero clan famigliare. Chi ama il noir metropolitano tutto di casa nostra e la virilità dominante di Favino non se lo perda.
Le due vie del destino, Nicole e Colin nel melò storico di Teplitzky
Drammone melò sui traumi postbellici di un addetto ai segnali ferroviari, Eric Lomax (Colin Firth da adulto, Jeremy Irvine da giovane) che nel lontano 1942 fu fatto prigioniero dalle truppe giapponesi e quasi quarant’anni dopo, in Inghilterra, nella notte di nozze con la desiderata Patti (Nicole Kidman), viene trovato urlante in camera da letto non perché si è reso conto di incresciosi additivi cosmetici di Nicole ma bensì turbato da incubi allucinatori con ufficiale giapponese revenant. Il brutto titolo italiano non spiega il Railway Man dell’originale che è il titolo del best seller da cui è tratto. Accusato di accademismo dalla critica, ha come attrattiva l’interpretazione dei protagonista e lo scavo storico alla “Furyo” e “Il ponte sul fiume Kwai” che merita sempre un approfondimento.
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