Ozon sul suo singolare dramma multigender ‘Una nuova amica’: “L’associazione travestitismo – omosessualità è solamente un forte cliché”
Partenza in sordina al botteghino per il singolare dramma multigender di Ozon “Una nuova amica” che non si piazza nella top ten di ieri dominata dal tecno-fiabesco “Cinderella” di Kenneth Branagh ormai sulla soglia dei sette milioni di euro. Il vedovo crossdresser interpretato da Romain Duris in cui la mogliettina borghese (una palpitante Anaïs Demoustier) rivede l’adorata amica defunta Laura (Isild Le Besco), nella consueta fluttuazione ambigua del desiderio tipica di Ozon, lancia la tendenza en travesti dissociata però da omosessualità esplicita, come vedremo anche nel pacato e vintage “Les nuits d’été” vincitore del Queer Lion. “Mentre scrivevo il film non avevo nessuna velleità politica – ha spiegato Ozon durante la presentazione romana del film – anche se poi in Francia è infiammato il dibattito sui matrimoni gay. Ho deciso di provare a portare lo sguardo su una possibilità ulteriore, soprattutto perché credo che l’associazione travestitismo – omosessualità sia solamente un forte cliché. L’ho ambientato in un contesto altoborghese perché l’intenzione era quella che fosse un film non realistico e molto stilizzato, una sorta di fiaba. Ma soprattutto perché – non avendo problemi di natura economica – i personaggi potevano concentrarsi esclusivamente sui problemi relativi alla propria identità. L’ipocrisia di quel mondo, però, viene fuori col personaggio della suocera di David, disposta ad accettare tutto purché non si venga a sapere in giro”.
Alba Rohrwacher diventa un montanaro albanese nell’autoriale Vergine giurata
Unico film italiano in competizione all’ultima Berlinale, ispirato all’omonimo romanzo di Elvira Dones pubblicato da Feltrinelli nel 2007, “Vergine giurata” di Laura Bispuri racconta l’aspra esistenza della montanara albanese Hana Doda (Alba Rohrwacher) che si appella alla legge arcaica del Kanun per poter vivere liberamente come un uomo imbracciando il fucile facendo però giuramento di castità. Diventa così Mark spogliandosi della sua identità femminile. Ma quando decide di trasferirsi a Milano dove vive sua sorella, si riapproprierà lentamente del proprio corpo dando nuova forma ai suoi desideri repressi.
“La femminilità, raccontata nelle sue mille dimensioni e contraddizioni – spiega la regista – è il cuore di Vergine giurata. Ho scelto di raccontare il percorso di un essere umano profondamente diviso, assumendo tale complessità come punto d’ingresso nella storia stessa. Con Hana/Mark passiamo costantemente la linea di una doppia identità, attraversando dimensioni temporali, storie, stati d’animo diversi. Nel seguire la storia di Hana/Mark, necessariamente frammentata, siamo però guidati da una continuità emotiva. Sono stata il più possibile vicino al mio personaggio e ho cercato di farlo essere vicino a noi. Ho lavorato per sottrazione, più che per addizione, scegliendo sempre un punto di vista specifico della macchina da presa, cercando di usare la forza di quell’angolo specifico. Volevo che fosse la poesia ad accompagnare la visione della storia; una poesia ruvida ma capace di commuovere”.
Da vedere l’eccentrico e creativo ‘doc performance’ N-Capace della rivelazione Eleonora Danco
È il film italiano più eccentrico dell’anno, un piccolo grande ‘documentario performance’ teatral-giornalistico diretto da Eleonora Danco, un’autrice teatrale di scuola morettiana da tenere d’occhio. Lei stessa è la protagonista che si fa chiamare Anima in Pena, vaga inquieta fra Roma e Terracina con un piccone in mano, fa improbabili bagni consolatori in vasche ricolme di biscotti, intervista giovani sfaccendati e anziani borgatari su diversi argomenti – la scuola, il sesso, la religione – nonché il padre con tuta spaziale accudito da una badante, col quale cerca di rielaborare il lutto per la perdita della mamma.
Si tratta di una sorta di bislacco cine-atto creativo decisamente ironico dalle parti di Ciprì e Maresco in cui sentiamo, tra le domande poste: “Che cosa pensate dell’omosessualità?” “L’omosessualità è il grande mascalzone dell’universo” (un anziano che non crede in Dio); “Se mi nascesse un figlio gay mi butterei di sotto” (un giovane ossessionato dall’alimentazione); “Sono lesbica, mi dispiace solo ricevere insulti per strada” (una ragazza un po’ butch). Chi cerca al cinema qualcosa di veramente diverso e originale, non se lo perda.
Ecco il tecno-fantasy The Divergent Series: Insurgent. Torna la fortunata saga young adult di successo della giovane scrittrice Veronica Roth.
Secondo film tratto dalla fortunata saga romanzesca ‘young adult’ della scrittrice americana ventiseienne Veronica Roth, il tecnofantasy “The Divergent Series: Insurgent” si ricolloca nella società distopica del primo capitolo che ghettizza gli individui in gruppi secondo le proprie propensioni individuali (i Candidi, i Pacifici, gli Eruditi, gli Abneganti, gli Intrepidi). La pacioccona Shailene Woodley è l’avventurosa protagonista Tris, che si ritrova insieme a Four (il belloccio labbra di fuoco Theo James) ospite della comunità rurale dei Pacifici. Ma il ritrovamento di un antico artefatto li mette nuovamente in pericolo: la perfida Jeanine (Kate Winslet) scopre che il cimelio può essere aperto solo da un Divergente, così il gruppo di fuggitivi troverà rifugio presso gli Esclusi. Ma che cosa cela l’interno della scatola misteriosa?
P.S.: non c’entra nulla con Divergent, se non per l’assonanza col nome, ma vi segnaliamo che il festival trans bolognese Divergenti ha aperto una campagna di crowdfunding per la sua ottava edizione (22-23 maggio). Potete offrire il vostro contributo su produzionidalbasso.com
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