DALLE FATE A SATURNO

Ferzan Ozpetek ci racconta il suo universo borghese nel melò bello e triste ‘Saturno Contro’ in cui una coppia gay viene separata da una tragedia improvvisa. Rivelazione assoluta Ambra Angiolini.

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È un melò bello e triste, inquieto e sconsolato, il nuovo lavoro di Ferzan Ozpetek Saturno Contro. Una tragicommedia corale e intimista che gronda passione schietta e a tratti un po’ naif, etero e gay, ma è soprattutto attraversata dalla paura massima e palpabile dell’abbandono irreversibile, della perdita assoluta.

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«Per sempre» è la consapevole utopia dei vari personaggi che ruotano intorno alla stella del gruppo, l’atletico leader Lorenzo (un fascinoso Luca Argentero), solare accentratore da capotavola imbandito e anima organizzatrice sempre in movimento. La sua Terra è il compagno da sette anni Davide, scrittore di romanzi per ragazzi «visto in tv» e quindi di successo, quasi un’ombra protettiva e consapevole, guardiano rassicurante ma sottilmente torturato.
Gli altri intersecano senza grandi slanci le loro orbite distratte e regolari, dettate dai ritmi pacati delle consuetudini amicali: c’è una Venere strafatta e in crisi di autostima, l’astrologa solitaria Roberta (un’ottima Ambra Angiolini, vera rivelazione del film), il mercuriale dottore bisex con velleità letterarie, Paolo (il delicato Michelangelo Tommaso già Filippo in Un posto al sole), la forte e marziale Neval (la fedele Serra Yilmaz), la coppia etero con figli che arriva davvero da due pianeti opposti (Buy e Accorsi, lei psicologa materna e lui impacciato traditore un po’ irresponsabile) e infine il distante Urano, il cinquantenne Sergio (un misurato Ennio Fantaschini), «frocio all’antica» appartato e silenzioso. Poi, improvvisamente, l’eclisse. Un’eclisse permanente che rivoluziona vite e abitudini, costringe a guardarsi dentro per riempire il vuoto e cercare appigli per evitare l’abisso.

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È un film ambizioso, Saturno Contro, non completamente risolto a livello narrativo ma capace di scandagliare e sviscerare con coraggio sentimenti forti e diretti, azzardando scene madri alla Cyril Collard – il prefinale – e piani sequenza d’autore, divagando in dialoghi anche surreali e divertenti – il cameo davvero stralunato di Lunetta Savino nel ruolo di Minerva detta Minnie, seconda moglie del padre vedovo di Lorenzo – e cesellando personaggi secondari ricchi di umanità quali l’infermiera Vukotic che dopo le tre di notte diventa ‘sboccata’, complice un bicchierino di troppo.
Ne abbiamo parlato col regista Ferzan Ozpetek.
Rispetto a Le fate ignoranti c’è una sorta di rivendicazione di una dimensione privata dell’omosessualità, non c’è la comunità gay…
Non c’è più bisogno della comunità gay. Negli anni de Le fate ignoranti c’era questa necessità, ormai l’essere omosessuali è una cosa normalissima della vita: non volevo mostrare questi ghetti appiccicati, è questa la novità del film. Non si parla di gay come emancipati, nel 2007 sarebbe sbagliato farlo. La mia comunità è composta dalla coppia gay, da Paolo che è bisex, da Sergio che vive a suo modo l’omosessualità e da tutti gli altri.

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Sei uno dei pochi registi italiani che evita le macchiette gay e riesce a raccontare un universo borghese in cui le coppie omosessuali vanno a fare la spesa insieme…
Non succede solo nel cinema…
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Sei uno dei pochi registi italiani che evita le macchiette gay e riesce a raccontare un universo borghese in cui le coppie omosessuali vanno a fare la spesa insieme…
Non succede solo nel cinema italiano. È comunque un problema degli altri. Pensa che in Turchia c’è chi non porta i figli a vedere i miei film perché pensa che turbino troppo. Vorrei che alla manifestazione gay si andasse vestiti normalmente, con magliette e camicie: quello turberebbe molto. Secondo me non c’è più un vero movimento gay come negli anni ’70, la gente accorre solo nelle discoteche ma nelle emergenze nessuno si muove. Non c’è una politica omosessuale in Italia.
Non andrai al Gay Pride di giugno a Roma?
C’ero stato nel 2000 ma non mi va di fare la baracconata in giro, dipende da come viene proposto. Allora è stato comunque un passo molto importante.
Che cosa pensi dei Dico? Non sono poca cosa rispetto ai Pacs?
Non ne posso più di questa storia: dobbiamo stare zitti e buoni, facciamo intanto passare questa legge e vedremo piano piano di modificare le cose sennò non cambierà niente. Come col divorzio. Facciamolo, questo piccolo passo.

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Quanto c’è della tua storia d’amore nel rapporto tra Davide e Lorenzo?
Moltissimo. Vivo un miracolo da sei anni, tutte le mattine mi sveglio col pensiero che sono molto fortunato…
Come vi siete conosciuti?
Per caso, durante un brunch in un locale di Roma. L’incontro è stato molto bello, un colpo di fulmine, ci siamo parlati dopo esserci visti tre volte. Luca Argentero ha il suo stesso sguardo. Nella vita bisogna lasciarsi andare e le cose poi avvengono.
È molto toccante il personaggio del padre che cerca di capire come viveva il figlio gay…
Ho ancora la mamma ma non più il papà. Così ho fatto una rielaborazione al contrario del rapporto tra il figlio e il padre che non c’è: quindi c’è il padre che vuole conoscere il figlio ma questo non c’è più. È comunque molto simile alla mia vicenda personale.
Attraverso il personaggio di Paolo si intravede la possibilità di un’apertura della coppia. Secondo te è più difficile per un gay resistere alla tentazione sessuale?
Assolutamente no. Noi gay però siamo delle ‘lavannare’ e mettiamo le nostre cose sulla piazza. Ti assicuro che gli etero fanno anche di peggio. Siamo tutti uguali, mettiamocelo in testa: in questo non c’è alcuna differenza tra etero, gay e trans. Gli etero scopano ovunque come noi!

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Questo film sembra esorcizzare la paura dell’abbandono e della morte…
Ho molta paura di perdere gli affetti. Le amicizie e gli amori si sono sempre mischiati nella mia vita, vado avanti come un transatlantico! A una persona vicina a me è successa la stessa cosa di Lorenzo. Qualcuno ha accusato il film di essere buonista ma io mica mi circondo di gente cattiva che mi ferisce: sono carini e dolci perché li scelgo io, sono miei amici.
Hai altre paure e nevrosi personali?
Mille. Ho l’ossessione del controllo: se non sento un amico sono capace di richiamarlo venti volte.
E se fossi un pianeta del Sistema Solare?
Giove. Che urta un po’ Saturno, ogni tanto: uno guarda dentro e l’altro guarda fuori.
Hai rimandato di un mese le riprese dietro consiglio astrologico… Ma tu ci credi veramente?
Nel dubbio di uno su un milione… Perché no?

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La vera rivelazione del film è Ambra, davvero incisiva e convincente…
Ci siamo conosciuti a una premiazione a Lecce ma già prima c’era stata una telefonata molto bella. È stato un rapporto crescente e io le ho detto che stavo scrivendo una cosa per lei. Amo molto la sua fragilità: una persona così bella che si sente brutta mi fa impazzire!
La colonna sonora è molto raffinata: com’è nata la collaborazione con Sophia Loren e Carmen Consoli?
Sono tutte canzoni che ho amato e ascolto spesso. Sophia Loren è stupenda e ha una voce sublime, la canzone cantata dalla Consoli è pazzesca (Je suis venue te dire que je m’en vais di Serge Gainsbourg, ndr). Nella vita adoro Laura Pausini, mi piace quello che dice, la trovo una persona eccellente.
Raccontami com’è nata la scena madre del pianto sul precipizio.
Non doveva essere così ma una baracconata allucinante: Davide andava sul precipizio, Antonio se ne accorgeva, lo seguiva e lo fermava. Poi lottavano e Davide voleva buttarsi. A Favino ho detto che per tutto il film non avrebbe dovuto piangere, gli occhi si riempivano di lacrime ma non doveva scenderne neanche una. Alla fine volevo che fosse una scena liberatoria.
E la villa semiabbandonata dove l’hai trovata?
Quella villa è magica. Si trova al Circeo e ci hanno abitato Rossellini e Ingrid Bergman che ha fatto costruire la piscina del film. In passato ha vissuto glorie meravigliose. A 300 metri di distanza c’è un cimitero dov’è seppellita Anna Magnani. Ho mandato tutta la troupe a visitarlo in religioso silenzio.
Invece la casa di Davide è la tua, vero?
Sì, per fare le riprese sono dovuto andare a dormire in albergo per cinque settimane!
Un’altra scena che resta impressa è il piano sequenza della camminata di Antonio e Laura…
È una scena molto amata dal pubblico, sono molto contento di come è venuta: inizialmente Antonio, con la paura della morte, doveva andare da lei a fare l’amore ma non mi andava di girare la scena di sesso.
I personaggi secondari, soprattutto la Vukotic e la Savino, sono molto azzeccati e alleggeriscono il tono plumbeo del film. Come sono nati?
Il personaggio dell’infermiera l’ho scritto su di lei e pensando a lei. La Savino invece è arrivata dopo, stavo già facendo i provini e mi ha fatto molto ridere. Lei voleva lavorare con me e le ho proposto la parte. Sono entrambe molto simpatiche.
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