Sono solo due le novità rilevanti della Settima Arte, da qualche anno a questa parte: la commistione sempre più indefinibile e sfuggente fra vita e rappresentazione, alla base del concetto stesso di cinema, fra riproduzione dei dati di realtà, manipolazione della stessa e dispositivo usato; la seconda è lo sdoganamento ormai codificato del sesso esplicito nel cosiddetto cinema d’autore (non ancora quello popolare, se non in alcune commedie americane, che già in Porky’s degli anni ’80 cercarono di far ridere con porno-ironia, un po’ come tenta oggi una commedia premiata come Trainwreck che ha lanciato anche in Europa la rotondetta Amy Schumer).
Difficile da sceneggiare – le posizioni sessuali sono codificate e in numero limitato, girare una scena d’amore originale è una sfida: Gola Profonda la vinse! -, l’hard sintetizza al meglio il paradosso dell’erotismo al cinema: eccitare uno spettatore costretto all’impotenza pratica della visione. Per non parlare delle implicazioni sociali – l’iniziazione sessuale è da sempre il primo lasciapassare (LasciaPassere se gay?) per l’accettazione in un gruppo – e poi culturali, religiose (il sesso libero diventa senso di colpa nella religione cattolica), persino politiche (Edoardo II di Jarman è un film sul ‘politicorpo’).
Già negli anni ’90 l’innesto dell’hard ha iniziato a germogliare nel cinema d’essai: si pensi a Dogma #2 – Idioti di Lars Von Trier e l’orgia censurata, pixellata o tagliata, tanto più che gli attori simulavano di essere handicappati ma l’unica genuina, Karen (Bodil Jorgensen), sembrava la più emarginata emotivamente per un terribile segreto famigliare. Sesso come tabù, certo, ma già negli anni ’70, dalla saga di Emmanuelle a zie, cugine e docenti porcelle, antesignano fu Tinto Brass (Salon Kitty, La Chiave, Miranda e via andare) ma ricordiamo anche Lussuria di Joe D’Amato con la leggendaria Lilli Carati e poi arrivarono Michele Massimo Tarantini (La liceale, ma anche il cult Gay Salomé), Franco Rossetti (Il mondo porno di due sorelle) e molti altri. Il recente e raffinato The Duke of Burgundy dell’inglese Peter Strickland ha squarciato il velo (lesbico) ma il dialogo costante non è tanto fra schermo e spettatore, quanto piuttosto tra pornografia ed erotismo: si pensi alla suggestiva e furente scena dell’”orgia creativa” di un cult esoterico dimenticato come La papesse di Mario Mercier, che cercava non tanto di eccitare lo spettatore maschio (eterosessuale), quando piuttosto di scandagliare l’idea di mistero e di ricerca interiore attraverso l’immersione nella sfera quanto mai sconosciuta del sensuale.
Il progressivo svelamento trasforma il sesso da sacralità riproduttiva a variante ludica combinatoria ed è però relativo soprattutto al grande rimosso della storia del cinema, il pene, che nel cinema gay, da sempre avanguardistico e svelatore di nuove tendenze, è quasi per definizione protagonista-feticcio: si pensi al fondativo cult Cruising di William Friedkin, bibbia queer del leather hard in versione thrilling, al cinema porno de La gatta a due teste diretto da Jacques Nolot – la cassiera interpretata esemplarmente da Vittoria Scognamiglio ricorda non poco l’indimenticata Annie Girardot di Magic Boulevard – e, in ordine sparso, all’attacco sodomitico di Happy Together, regia sopraffina di Wong Kar-Wai, gli esordi pulsionali di Quasi niente di Lifschitz piuttosto che le ossessioni scatologico-feticiste del magnetico Il fantasma di João Pedro Rodrigues o dell’eccitante e ultraleather Skin & Bone (1996) di Everett Lewis che riporta a Cruising, chiudendo il cerchio, anzi il cockring.
Ma ci sono autori che questo confine l’hanno fatto proprio come chiave d’interpretazione stilistica: vedi Bruce LaBruce a partire da No Skin Off My Ass girato in 16 mm alla parodia porno Super 8 ½ fino a lanciare una vera e propria star dell’hard, il puro appeal spermatico di François Sagat, conteso da autori melò-glam come Christophe Honoré e lo stesso la Bruce (in chiave horror-porn, come Kevin Greutert che l’ha voluto in Saw VI). Alcuni tentativi poco significativi toccano la commedia (The Fluffer, Ciascuno cerca il suo gatto: la scena di sesso in salotto) ma è soprattutto il cinema etero ad arrivare al grande pubblico: ecco quindi ancora Lars Von Trier con l’enciclopedico capolavoro Nymphomaniac e Gaspar Noé che già in Irréversible e il suo locale porno Rectum cercava di provocare ed eccitare mentalmente lo spettatore con tre episodi invertiti cronologicamente e un’inguardabile Bellucci nonostante la sua beltà perché abusata senza alcuna pietà.
La gustosa anteprima del suo nuovo film, il primo lungo hard in 3D Love che vedemmo a Cannes, col fiammeggiante trio bisex Carl Glusman-Klara Kristin-Aomi Muyock, sarà la gustosa anteprima italiana di un nuovo e stimolante festival che apre i battenti giovedì 14 al Cinema Massimo di Torino, il Fish & Chips International Film Festival, diretto da Chiara Pellegrini e organizzato dall’associazione Altera presieduta da Roberto Mastroianni.
Per quattro intensi giorni, si propone “un momento di riflessione e divertimento che include dibattiti, mostre e spettacoli – si spiega nel ‘Manifesto’ della manifestazione -. Diamo il benvenuto a qualsiasi sperimentazione, gastro-porno, proposte e altre facezie”.
“Crediamo nell’erotismo come bisogno primario dell’essere umano – spiegano gli organizzatori – e vogliamo mostrare un sesso visto da più ottiche differenti, psicologico, fisico, sociale ma in ogni caso liberatorio e non discriminatorio. Vogliamo ricercare e proporre una produzione culturale di qualità, che trascenda i semplici e abusati approcci canonici. Le opere selezionate portano una visione peculiare di un mondo vasto e variegato che va dall’amore, all’erotismo, alla pornografia. Il Festival è pensato per essere un momento di riflessione e godimento, fra dibattiti, esposizioni e proiezioni. Crediamo che la libertà espressiva, sessuale e di pensiero sia una caratteristica fondamentale per la costruzione di un orizzonte più stimolante”.
Tra le opere queer presentate, segnaliamo il doc Peter de Rome: Grandfather of Gay Porn di Ethan Reid che farà riscoprire un dimenticato pioniere britannico dell’hard gay in Super 8, nato in Costa Azzurra, a Juan-Les-Pins, e deceduto nel 2014, autore di 13 lunghi hard tra cui il cultissimo Adam & Yves; Folsom Forever di Mike Skiff sulla celebre street parade di San Francisco dedicata al fetish e il curioso Hanky Code di Periwinkle Cinema su quel codice in voga negli anni ’70 nella comunità gay: una semplice bandana a penzoloni che indicava il ruolo sessuale di chi la indossava.
Il collettivo Pretty Vacant Boys presenta l’atteso progetto tedesco AKA Fuck, porno gay su tre attori porno alle prese con vicissitudini sentimentali, fra Antonio da Silva, Travis Mathews e Gustavo Vinagre.
Belli gli omaggi a Laura Antonelli (Malizia) e alle attrici hot-cult Candida Royalle ed Erika Lust.
Ingresso vietato ai minori di diciotto anni, ovviamente: mi raccomando, venite!
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