Cose da sapere per amare (di più) James Dean

"Penso a lui come a una specie di stella o di cometa che è caduta dal cielo e di cui tutti ancora parlano. La gente dice: "Ah, ti ricordi quella notte in cui vedesti quella stella cadente?”.

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Ricorre oggi l’anniversario della morte di James Dean: il 30 settembre 1955 un incidente stradale tolse la vita al giovane attore americano, un incidente terribile e dalle dinamiche mai del tutto chiarite, su cui si allunga l’ombra del mistero, quel fascino enigmatico e perturbante che circonda ogni aspetto della vita del ragazzo che visse pochissimo ma stregò con una facilità e una velocità sbalorditive pubblico e critica. È il più attuale tra i grandi divi della storia del cinema: per il suo aspetto, il suo look, la sua aria stropicciata, il viso perfetto ma assorto, vagamente dolente. Gay.it celebra nel 61° anniversario della sua scomparsa il fascino assoluto di questo incantevole eroe della cultura pop.

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“Penso a lui come a una specie di stella o di cometa che è caduta dal cielo e di cui tutti ancora parlano. La gente dice: “Ah, ti ricordi quella notte in cui vedesti quella stella cadente?” (Julie Harris)

James Byron Dean nacque a Marion (Indiana), l’8 febbraio 1931, nella fattoria di una famiglia di quaccheri. Si trasferì a Santa Monica (California) per alcuni anni, sino alla morte della madre, avvenuta quando James aveva solo 9 anni. Di quel momento, che segnò per sempre la vita (e il cuore) del futuro divo di Hollywood, il padre, Winton Dean, ha detto: “Non sapevo cosa fare. Come si fa a dire ad un bambino di 8 anni che sua madre sta morendo? Ci ho provato. Nel mio modo incasinato ho provato a preparare Jim a questa cosa”. Venne mandato a vivere con dei parenti in una fattoria e l’immagine da nuovo cowboy, da ragazzo della fattoria pigro e scapigliato rimase cara a James Dean per tutta la sua carriera. Carriera che cominciò con uno spot per la Pepsi e con alcune partecipazioni televisive. Si trasferì poi a New York per cercare lavoro nel teatro e lì avvenne un primo incontro fondamentale: studiò infatti con Lee Strasberg all’Actors Studio, iniziando a manifestare a registi e produttori un fascino a cui non era possibile sottrarsi.

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LA PUREZZA E IL DISAGIO

James Dean non fu solo un bel ragazzo che fece fortuna a Hollywood. Pur essendo molto giovane, James fu molto consapevole del significato del suo mestiere: “Per me recitare è il modo più naturale per portare a manifestazione le nevrosi della gente, tutti noi abbiamo questo grande bisogno di esprimerci. Per come la penso io, il destino di un attore è deciso prima ancora che esca dalla culla”. Un piccolo genio dell’empatia, della rappresentazione dell’umanità, un talento appassionato di tutto ciò che mostrava espressività. Qualcosa di profondamente libero si agitava in lui: mimica, movimenti, posture di cui i registi si innamorarono, una presenza scenica unica, un temperamento irrequieto, spesso indisciplinato. Attore dall’espressione mutevole, dalla sospensione tipica dei volti degli adolescenti, in bilico tra infanzia e età adulta. Un’età senza età, l’adolescenza, in cui si alternano in modo sincopato smorfie, stupori, durezza e candore. Il suo look è diventato icona: giubbotto di pelle, t-shirt arrotolata al bicipite, blue jeans, ciuffo e occhiali da sole. Più che un outfit, una sorta di divisa generazionale, sinonimo di ribellione, spregiudicatezza, sex appeal.

24 ANNI, 3 FILM, UNA LEGGENDA

“Afferrare il pieno significato della vita è il dovere dell’attore; interpretarlo è il suo problema, esprimerlo la sua dedizione. Essere un attore è la cosa più solitaria del mondo. Sei da solo con la tua concentrazione e la tua immaginazione, ed è tutto ciò che hai. Essere un buon attore non è semplice. Essere un uomo è ancora più difficile. Voglio arrivare ad essere entrambe le cose prima di morire : essere attore significava per lui accettare la vita, mettersi a disposizione della vita, lasciarsi toccare, avvolgere e magari travolgere dalle cose. Disse: “Un attore deve interpretare la vita, e per farlo deve essere disposto ad accettare tutte le esperienze che la vita gli offre. Infatti deve cercare della vita più quello che essa gli porta sotto il naso. Nel breve tempo che gli è concesso, un attore deve imparare tutto quello che c’è da sapere, fare esperienza di tutto ciò di cui c’è da fare esperienza, o avvicinarsi a tutto ciò il più possibile”. James Dean girò nella sua breve vita 8 film, ma solo 3 da protagonista, eppure con questi soli 3 film ha compiuto il miracolo di essere ricordato per sempre e non solo come attore ma come icona. Come ha detto Martin Sheen: “Se Marlon Brando ha cambiato il modo di recitare, James Dean ha cambiato il modo di vivere”. La valle dell’Eden di Elia Kazan, Gioventù bruciata di Nicholas Ray, Il gigante di George Stevens: la figura cinematografica di James Dean emerse velocemente da questa trilogia di film assolutamente coerenti fra loro nel tratteggiare il mito del post-adolescente bello e tormentato, incline al conflitto e totalmente irresistibile.

UN RAGAZZO CHE AMAVA CORRERE

Un altro aspetto essenziale del mito di James Dean è il suo amore per la velocità e le auto da corsa, forse proprio come reazione al peso dell’esistenza, al carico di una mente e un cuore affaticati dalle prove e dai pensieri. La velocità, è stato detto, è il moderno surrogato dell’assoluto e il suo personaggio sullo schermo ha trasfigurato e reso mitica quella che era una sua reale passione nella vita e che lo ha, infine, portato alla morte. Appartiene al mito l’incidente stradale avvenuto il 30 settembre 1955 sulla U.S. Route 466, ad est di Cholame, California, mentre James era alla guida della sua “Little Bastard”, una Porsche 550 Spyder. L’incidente pure è entrato nella storia: l’eroe che nella sua ricerca dell’assoluto incontra – deve incontrare – la morte ma, proprio come un eroe classico, la incontra sotto forma di passaggio, come una tappa necessaria al suo diventare eterno. James Dean muore ma così inizia la sua vittoria sulla morte.

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NON DIVENTÒ MAI GRANDE, DIVENTÒ IMMORTALE

“Era infantile in un modo affascinante”, ha detto Christine White. Gli eroi muoiono giovani e si sa che chi muore giovane è caro agli dei. E divina fu infatti la capacità di James Dean di segnare indelebilmente intere generazioni di attori, registi e di pubblico, marchiando a fuoco l’immaginario cinematografico e la cultura pop, come testimonia l’attenzione mai venuta meno sulla sua figura (l’ultimo esempio è il film Life di Anton Corbijin, presentato l’anno scorso al Festival di Berlino, con Dane DeHaan e Robert Patthinson). Non solo attore, James Dean, ma icona di più d’una generazione, delle inquietudini profonde di un gruppo sociale che proprio allora prendeva coscienza di sé come classe particolare.

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Ed è tipico delle icone, dei personaggi davvero eccezionali quello di poter essere letti a più livelli, di riassumer in sé diversi significati: così in James Dean si può leggere in filigrana il futuro di quella gioventù americana e più in generale occidentale, segnata dai primi segni del malessere esistenziale che nasce dal vuoto, dalla noia, all’assenza di senso. Dall’incapacità di trovare un posto nel mondo, di radicarsi, di fermarsi da qualche parte. James ha però avuto un destino diverso: è scappato sì da quel vuoto, ma si è schiantato nel mito. Proprio come ha detto lui stesso, in qualche modo precorrendo con una sorta di profezia, il senso di tutta la sua storia: “Se un uomo riesce a riempire il vuoto tra la vita e la morte, se riesce a vivere dopo che è morto, allora forse era un grande uomo”.

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