Che il cinema tedesco sia a tutt’oggi il più interessante a livello europeo è ormai sotto gli occhi di tutti: se non avete ancora visto il meraviglioso Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck recuperatelo istantaneamente (potremmo scommettere che ha il finale più bello degli ultimi anni) ma nel frattempo non perdetevi un eccellente, crudo, intenso dramma carcerario che rischia di passare sotto silenzio – è distribuito dalla piccola e combattiva Ladyfilm – pur meritando gli onori della massima rispettabilità: trattasi di Quattro minuti, diretto da Chris Kraus che noi ricordiamo come cosceneggiatore di un Von Praunheim minore del 1999, L’Einstein del sesso.
Nel carcere femminile di Luckau, piccola cittadina brandeburghese nella Germania nord-orientale, una severa e algida docente di pianoforte dal nome che è tutto un programma, Traude Krüger (la veterana Monica Bleibtreu, attrice di Tykwer e Haneke, classe ’44 ma truccata da ottantenne) insegna quasi tutte le mattine dal 1944 a uno sparuto gruppetto di detenute: ne sono rimaste quattro, tra cui la ventenne caratteriale Jenny Von Loeben – la rivelazione Hannah Herzsprung – in carcere per un brutale omicidio commesso da adolescente e considerata particolarmente pericolosa per la sua aggressività dovuta a un passato costellato di tragedie (gli abusi del padre, un aborto, le vessazioni in carcere). Nonostante le evidenti difficoltà nel rapportarsi a un’allieva così ribelle e problematica che arriva a spedire all’ospedale un secondino ed è odiata dalla compagne, la signorina Krüger intravede in lei un talento non comune per le note e decide di prepararla a un concorso per giovani promesse, anche se la ragazza preferirebbe l’hip-hop – definita con disprezzo dall’insegnante ‘musica negra’ – alle arie più classiche di un Beethoven o di uno Schumann. Ma c’è di più: l’anziana docente dalla rigidità prussiana è una lesbica non dichiarata e il rapporto con la giovane Jenny non è esente da una repressa fascinazione anche fisica che le ricorda il suo unico grande amore, una ragazza conosciuta quando era crocerossina durante la guerra.
Questa stagione cinematografica segna davvero il rinascere di un sottogenere rimasto un po’in sordina, quello lesbico, confermato da questo notevole film che si accoda a due titoli altrettanto validi, Diario di uno scandalo e La voltapagine, quest’ultimo persino simile nella trama. Non mancano riconoscibili echi de La pianista di Haneke, soprattutto nelle sfumature sadomaso del rapporto insegnante-allieva.
Davvero eccezionali sono le interpretazioni delle protagoniste di Quattro minuti, capaci di interiorizzare i loro personaggi con una credibilità sorprendente: i sottotoni calibrati e l’espressività sofferta della Bleibtreu le hanno fatto vincere un ‘Lola’, una sorta di Oscar tedesco, andato anche al film (curiosamente anche la Herzsprung, perfetta nella sua rabbia appassionata, è stata premiata ma per un altro titolo, Das wahre Leben, La vita vera di Alain Gsponer).
Sono comunque molti i pregi di questo imperdibile Quattro minuti che evita tutte le trappole del classico plot sul genio incompreso, quindi abisso-tortura-redenzione: una sceneggiatura di ferro in continuo ‘crescendo’, ricca di elementi dissonanti che però si fondono perfettamente nel racconto (la fine dei pesci nell’acquario, la passione per i quiz del secondino, la figlia di quest’ultimo che rifiuta l’inchino); una sensibilità sopraffina nell’affrontare il lesbismo della protagonista attraverso brevi flashback e un’inatteso coming out dopo l’ennesima lite con Jenny; un finale memorabile – i ‘quattro minuti’ del titolo per l’imprevedibile esibizione in teatro, nella realtà composta da una vera virtuosa della musica, l’autrice di colonne sonore Annette Focks – semplicemente da applauso.
Un solido dramma che non difetta di ironia, che si ferma sempre un attimo prima che il tutto sfumi in facile melò o tragedia irreparabile, dalla regia ariosa nonostante l’ambientazione piuttosto claustrofobica, capace di far commuovere lo spettatore pur conservando una sua composta atmosfera tipicamente teutonica, quindi ‘raffreddata’ a dovere.
Dato che rischia di sopravvivere nelle sale davvero poco più di quattro minuti (curiosità: ne dura 112 ma volano via), andate subito a vederlo.
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