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Nel cinema fantastico avventuroso l’avere come temibile avversario un mostro gigantesco e’ un classico: da "King Kong" a "Jurassic Park" il concetto base e’ lo stesso e sembra non passare di moda. "Il Regno del Fuoco", coproduzione anglo-americana girata in Irlanda, si inserisce a pieno titolo nel genere, proponendo una nuova/vecchia versione del classico confronto tra la razza umana ed un pericolo di derivazione fiabesca e mitologica, cercando di riadattarlo ai gusti dell’odierno pubblico cinematografico, con risultati purtroppo assai modesti.
Prologo sotterraneo in quel di Londra, durante gli scavi per l’espansione della metropolitana si trova una sorpresa: un bel dragone millenario che, giustamente incavolato per il forzato sfratto dalla sua tana, si infuria di brutto, vola via e si mette a fecondare ovetti di drago a centinaia, dando vita in poco tempo ad una neo-stirpe di bestiacce sputafuoco. Neanche 20 anni dopo la razza umana e’ retrocessa al medioevo. I sopravvissuti alle incursioni delle fornaci volanti vivono in castelli fortificati, cercando di ripararsi come meglio possono e facendo qualche patetico tentativo di coltivare ortaggi e verdure, che vengono puntualmente arrostite (ancora sulla pianta) dalle alate e dispettose creature. Ma poi ecco arrivare i nostri eroi, arrivano gli americani! Naturalmente stanno a bordo di carri armati, tanto per non smentirsi. Sono capitanati da un pelato energumeno dall’improbabile nome di Van Zan, un incrocio tra Kojak e John Wayne, e dopo qualche screzio iniziale col leader della comunità locale le due fazioni uniscono le forze per affrontare e uccidere quello che sembra essere la principale causa di tanta distruzione, ovvero l’unico (chissà perché) maschio della razza dragona.
Aspettarsi un grande film era forse eccessivo. Aspettarsi un paio d’ore d’azione ed emozioni ad alto tasso spettacolare era magari più legittimo. Quello che abbiamo di fronte invece e’ un deludente ibrido tra "Interceptor/Mad Max" e "Independence Day" che convince poco a causa di una sgangherata sceneggiatura che si prende tremendamente sul serio senza però riuscire a dare nessuna ‘gravità’ ne agli eventi ne ai personaggi. E pensare che ci si sono messi in tre a scriverla. Gli attori dal canto loro fanno quello che possono, ma tra tutto quel fumo e quella cenere che c’erano sul set probabilmente erano più impegnati a cercare di respirare che non a recitare. Matthew McConaughey, già biondo slavato predicatore New Age al fianco di Jodie Foster in "Contact", stavolta e’ rasato a zero e mastica continuamente un pestilenziale sigaro, ma il confronto col Robert Duvall di "Apocalypse Now" e’ ovviamente improponibile e qui non si va oltre la macchietta dell’Eroe Tutto D’Un Pezzo. Meglio Christian Bale, che fu lanciato da ragazzino da Spielberg ne "L’Impero del Sole" e che e’ cresciuto bene, anche dal punto di vista professionale.
A proposito di professionisti, spiace un po’ vedere coinvolto un regista capace come Rob Bowman in questa fumosa e poco emozionante caccia al drago. Dirigendo gli "X-Files" sia sul piccolo che sul grande schermo, ha dimostrato di poter essere abile nel maneggiare atmosfere e creare tensione, ma qui non va oltre la decorosa confezione. Intendiamoci, "Il Regno del Fuoco" ha qualche buon momento spettacolare, ma e’ giusto qualche barlume di visione, dovuto per lo più all’efficacia degli effetti speciali che non ad altro. Il che, ovviamente, non basta a farlo diventare un buon film.
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