LA CASALINGA DIVENTA TRANS

Attrice, regista e produttore di 'Transamerica' raccontano la genesi del film e la difficile costruzione del personaggio della Huffman nominato all'Oscar. In sala dal 10 febbraio.

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È una trans da Oscar, quella interpretata da Felicity Huffman nella commedia ‘Transamerica’, opera prima di Duncan Tucker candidata anche per la canzone ‘Travelin’ Thru’ di Dolly Parton, in uscita nelle sale italiane venerdì 10. Nella storia dell’Academy è la seconda volta che un personaggio trans viene nominato al massimo riconoscimento cinematografico ma nel primo caso, la parrucchiera Dil del meraviglioso dramma di Neil Jordan ‘La moglie del soldato‘, era trans anche chi lo interpretava, il delicato Jaye Davidson svanito poi nel nulla dopo essere apparso in ‘Stargate’. In questo caso Felicity Huffman è una donna (biologica) nel ruolo di un uomo che diventa una donna ma, come ha spiegato il regista Duncan Tucker alla protagonista: «Transamerica non è un film su quello che hai sotto la gonna».

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Bree è una colta transessuale che vive in un quartiere povero di Los Angeles e sta mettendo da parte i soldi per l’operazione. Quando riceve una telefonata da parte di un teenager disadattato, Toby, scopre di essere suo padre. Bree vorrebbe ignorarlo e rimuoverlo in toto dalla sua complicata esistenza ma la sua psicoterapeuta le vieta l’autorizzazione legale per l’operazione se prima non decide di conoscere il ragazzo. Bree è costretta a volare a New York e prelevare il ragazzo in un penitenziario ma quando lo incontra si spaccia per una improbabile redentrice della ‘Chiesa Missionaria Cristiana dei Padri Potenziali’.
Inizieranno così un viaggio insieme verso Los Angeles, interrotto bruscamente a Phoenix, a caccia del misterioso genitore. Tappa inevitabile, quella dai genitori di Bree (la mamma è l’indimenticabile zia Molly de ‘La conquista del West’ nonché una delle sorelle Ya-Ya ossia l’inossidabile Fionnula Flanagan, ora con vaporosa capigliatura bianca) che dichiarano «di amarla ma di non rispettarla».

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La trasformazione di Felicity in Bree è stata particolarmente elaborata: «Dare vita a Bree – spiega la Huffman – significava dare corpo alla sensazione di sentirsi alienati rispetto alla propria essenza, sentirsi degli impostori. E accettare il ruolo era più che arrischiato, era pericoloso. Specialmente per me che non sapevo nulla a proposito dei transessuali. Cosa fa una donna nel ruolo di un uomo che diventa una donna? Forse si trasforma prima in uomo per poi sforzarsi di far prevalere la propria parte femminile?».
«L’operazione di casting per Bree è stata la parte più intricata nella realizzazione del film – ricorda il produttore Sebastian Dungan – I più suggerivano di prendere un attore maschio, ma l’ultima cosa che volevamo era che Bree apparisse come un uomo travestito da donna. Oltretutto, trasformare un uomo in un perfetto transessuale donna sarebbe stato complicato e dispendioso da tutti i punti i vista. Era necessario assimilare la fisicità del ruolo e la vita interiore dei transessuali, oltre alle prove cui il fisico è sottoposto in quei casi. Mi è stato raccontato nei dettagli il doloroso stadio post-operatorio e il brillante costumista Danny Glicker si è addirittura informato sui dettagli del bendaggio utilizzato. In genere si pensa alle donne transessuali come a qualcuno di strano aspetto, perse in un limbo tra maschile e femminile.

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Accade perché siamo in grado di notare solo chi di loro ha una certa visibilità, mentre ogni anno centinaia di “invisibili” operano una transizione che permette loro di passare inosservati. Felicity è stata coraggiosa ad accettare il ruolo di Bree poiché il rischio di essere fraintesi è molto alto. Ma la Huffman è un’artista profondamente onesta e una persona che ama le sfide, dunque non credo che si sia preoccupata di come sarebbe stata percepita. Ha capito immediatamente le potenzialità del ruolo e ci si è immersa. Felicity Huffman ha creato un’intera gamma di movimenti, tic, toni vocali che hanno fortemente modificato la sua persona, al punto che quando il marito William Macy, produttore esecutivo del film, ha portato le due figlie sul set a salutare la madre, la più piccola non si lasciava prendere in braccio perché non la riconosceva. Mi è dispiaciuto per Felicity come madre, ma ero felice dei risultati della trasformazione. Le attrici fanno di tutto per apparire belle, ma per loro è anche importante recitare in ruoli impegnati e il lavoro di Felicity in questo film mi ricorda le esperienze di Charlize Theron per ‘Monster’ e Hilary Swank per ‘Boys don’t cry’, tra i casi di attrici che hanno rischiato e sono state premiate. La totale assimilazione della realtà di Bree da parte di Felicity è una delle cose che ammiro di più. E’ stata una sua idea prendere lezioni da veri transessuali per trasformare i propri atteggiamenti, come anche indossare costantemente lo scomodissimo indumento contenitivo da transessuale anche quando non sarebbe stato visibile».

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Per la verosimiglianza di un personaggio così articolato non è stato trascurato alcun dettaglio: «Mi sono chiesta: come si muove una donna? Come siede, come si comporta? – aggiunge la Huffman – Ho avuto un coach meraviglioso: Danea Doyle, che insegna ai transessuali donna a comportarsi come donne vere. Ho dovuto imparare a rifare tutto da un nuovo punto di vista: come camminare, o come posizionare mani e braccia, poiché negli uomini sono più lunghe e dunque mi sono sforzata di tenere i gomiti aderenti al corpo e le mani giunte. Strano ma vero, la maggior parte del mio training ha puntato a rendermi più femminile. Per la trasformazione della voce ci siamo rivolti ad Andrea James, un transessuale che insegna a ritrovare i toni femminili nella propria voce. Questa è la parte più difficile. Puoi anche sembrare una top model ma se hai la voce di Tony Curtis in ‘A qualcuno piace caldo’ è un bel problema. Nel mio caso, dovevo sembrare un uomo che non riesce pienamente ad avere una voce da donna. Il mio coach si è ritrovato a insegnare a una donna a parlare come un uomo che cerca di essere una donna… Parlare per me era diventato un problema, la mia voce da donna/uomo/donna era qualcosa di imbarazzante, ho fatto di tutto per evitare di emettere suono».

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Riguardo alla scelta dei costumi, fondamentali in ‘Transamerica’, il regista Duncan Tucker (foto) aggiunge: «Quello di cui avevamo bisogno era qualcosa di molto accurato e femminile e appena sopra le righe. Il nostro make up artist Lynn Campbell – lo stesso di Sex and the City – ha fatto in modo da accentuare i lineamenti spigolosi di Felicity per renderla più maschile. Si è scelto di applicare un fondotinta molto coprente e più scuro di un tono rispetto a quello che sarebbe stato appropriato, per sottolineare la poca familiarità di Bree col make up. Jason Hayes ha creato per noi delle costosissime parrucche con capelli autentici, che abbiamo potuto permetterci solo perché Jason, credendo molto nel film, ci ha fatto pagare un decimo del loro valore. La parrucca realizzata ha esattamente l’aspetto che dovrebbe avere la capigliatura di un uomo di mezza età in piena terapia ormonale. Per i costumi di Bree, abbiamo pensato a quei vestiti che si ordinano dai cataloghi di moda poiché il personaggio di Bree avrebbe sicuramente avuto problemi a fare normale shopping in pubblico. Il costumista Danny Glicker e Felicity Huffman hanno scelto colori pastello e ultrafemminili. I foulard sarebbero stati una costante, per nascondere il collo, ampie giacche per nascondere il busto, gonnellone per nascondere le gambe – tutto improntato a coprire il più possibile».

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La Huffman spiega che «prima dell’intervento definitivo la candidata deve vivere come per almeno un anno nelle vesti di una donna, in tutti i sensi. Per un uomo che di punto in bianco deve cominciare a indossare tacchi alti e make up per andare in ufficio o a fare la spesa deve essere terribile. Ho cominciato a capire quanto possano essere eroiche queste persone: se sono coraggiose abbastanza per lottare per quel che realmente sono, vengono etichettate come ‘diverse’ e ostracizzate dalla società. Se invece scelgono di non farlo, si alienano da se stesse. Ho cominciato le mie ricerche per la preparazione al film ritenendo le persone affette da disforia sessuale interessanti ma, nel migliore dei casi, delle bizzarre anomalie; entro la fine del film ero già convinta che fossero i più coraggiosi al mondo. Duncan era attentissimo e mi faceva notare ogni minimo cedimento del tono della voce o della mimica o degli atteggiamenti non perfettamente aderenti al personaggio Bree, evitando di girare di nuovo le scene, cosa che con un film a basso budget come ‘Transamerica’ non ci si può permettere. Inoltre è bello sapere di essere diretti da qualcuno che è assolutamente convinto delle tue capacità e che quindi non è disposto ad accettare null’altro che la verità assoluta. Man mano che il film andava avanti ho assimilato sempre di più le caratteristiche del personaggio: la mia voce non era più riconoscibile al telefono nemmeno per mio marito o il mio agente».
È un momento d’oro per Felicity Huffman: potremo inoltre vederla nuovamente ‘casalinga disperata’ in tv, poiché dal 13 febbraio in prima serata Foxlife manda in onda la seconda stagione di ‘Desperate Housewives – I segreti di Wisteria Lane‘. La sua Lynette Scavo (per cui guadagna 250.000 euro a episodio) sarà ancora più impegnata, travolta oltre che dagli straordinari in ufficio, da tutto il lavoro in più che il marito si rifiuta di fare.

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