L’8 ottobre del 2004 usciva nei cinema d’Italia La mala educación, chiacchieratissimo e attesissimo film di Pedro Almodovar, all’epoca atteso al varco dopo i due Oscar vinti con Tutto su mia Madre (Miglior film straniero) e Parla con Lei (Miglior sceneggiatura originale).
Presentato fuori concorso a Cannes come film d’apertura del 57º Festival, La mala educación venne accompagnato da chiacchiericci e critiche feroci a causa del tema trattato, che riguardava lo scandalo dei preti pedofili, poi deflagrato in Vaticano e anche ad Hollywood, con il trionfo Academy de Il caso Spotlight. Trainato da un intenso e conturbante Gael García Bernal, il film prende a piene mani dalle esperienze personali dello stesso regista, molestato in tenera età da alcuni preti. Il film si sviluppa attraverso tre decenni.
In un collegio religioso, agli inizi degli anni ’60, due bambini, Ignacio ed Enrique, scoprono l’amore, il cinema e la paura. Padre Manolo, direttore del collegio interpretato da Daniel Giménez Cacho e loro professore di Lettere, è testimone e partecipe di queste scoperte. I tre personaggi si incontrano di nuovo in altre due occasioni, alla fine degli anni ’70 e nel 1980. Il nuovo incontro segnerà la loro vita e la morte di uno di loro.
Un noir a tutti gli effetti, per quanto atipico, quello scritto e diretto dal grande Pedro, con tutti i crismi del suo cinema, tra doppio e ricerca della propria identità, con continui flashback e un gioco di specchi che vira inevitabilmente al melodramma almodovariano, meno incisivo se paragonato ai due precedenti capolavori ma probabilmente sottovalutato, se visto oggi, 15 anni più tardi.
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