MA CHE BEL PRESTIGIATORE!

Nel discreto noir sul mondo dei maghi ‘The Prestige’ spicca un luciferino Christian Bale che mette in ombra il muscoloso Hugh Jackman. Bello il doppio colpo di scena finale.

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Solo una magia potrà trasformare il magnetico Christian Bale in nientepopodimeno che Bob Dylan nel nuovo, attesissimo film di Todd Haynes I’m Not There per cui non stiamo più nella pelle (voci incontrollate di corridoio lo danno in concorso a Cannes 2007). Per ora possiamo gustarcelo in un discreto noir sul mondo degli illusionisti, The Prestige di Christopher Nolan, un’intricata immersione gotica nella Londra edoardiana più cupa, tra feroci vendette e scalcagnati teatrini off, dove si consuma la rivalità estrema tra due prestigiatori, lo showman sperimentatore Robert Angier (Hugh Jackman) e il misterioso ‘supertecnico’ Alfred Borden (Christian Bale).

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Lo strappo tra i due professionisti della magia, un tempo amici e collaboratori sotto l’egida del maestro Cutter (un esemplare Michael Caine), è dovuto alla morte forse accidentale di una donna di cui Angier era innamorato, la bionda Julia (Piper Perabo, lesbofriendly in Imagine me & You e Lost and Delirious), deceduta per annegamento durante uno spettacolo a causa di un nodo malfatto proprio da Borden. Entrambi continueranno ad esibirsi cercando di carpire i segreti dell’altro ma il rabbioso Angier scopre una mirabolante macchina elettrica ‘teledislocatrice’ realizzata da uno sfuggente scienziato rifugiatosi a Colorado Springs, il serbo Nikola Tesla (un signorile David Bowie con baffetto), che potrebbe battere il mirabolante e segretissimo trucco del ‘trasporto umano’ ideato dall’odiato avversario.
Tesla è l’unico personaggio del film realmente esistito: celebre inventore avanguardista – a lui si deve l’unità di misura dell’induzione magnetica – fu un gran rivale di Edison e ai suoi studi sulla corrente continua contrapponeva le sue innovative ricerche su quella alternata.
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Tutto giocato sul tema del doppio come metafora dell’apparenza ingannevole (singolarità/molteplicità, realtà/illusione, scienza/magia, Lumière/Méliès), The Prestige ha una compiuta atmosfera tetra e sinistra che gli conferisce un certo fascino dark, complice sicuramente la bella fotografia dai toni brumosi del fedele Wally Pfister. Così la magia descritta nel film non è quella fantasiosa e immaginifica di un Walt Disney piuttosto che rassicurante e un po’ retrò come in Woody Allen (curiosamente la polposa

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Scarlett Johansson, a dir la verità un po’ sacrificata, torna sul palcoscenico di un illusionista come in Scoop), ma cela, sotto gli impercettibili doppi fondi dei suoi inafferrabili segreti, maligne efferatezze e insospettabili crudeltà a caccia della stupita meraviglia del pubblico sempre più difficile da ottenere: la critica all’abuso dell’effetto speciale narcotizzante nel cinema contemporaneo è quanto mai esplicita e indubbiamente ragionevole (Hollywood sembra contagiata dal tema: il prossimo anno arriverà anche The Illusionist con Edward Norton ambientato a Vienna).
Se la maschera sofferta e nervosa di un Hugh Jackman furente rientra nei canoni della parte (tra l’altro, in una scena a torso nudo, mostra un inedito potenziamento pettorale), è l’abile trasformismo di un luciferino Christian Bale a monopolizzare l’attenzione del pubblico: pelle levigata e occhio di gatto, l’attore inglese trentaduenne non è mai stato così bello e seducente (ricorda un po’ la malvagità dissimulata del suo Patrick Bateman in American Psycho).

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La parte più sfiziosa e divertente del film riguarda lo svelamento di alcuni artifici curiosi: «La soluzione è sempre la più semplice» spiega didascalicamente Cutter, secondo il quale il momento più importante di un numero di magia non è la sparizione dell’oggetto ordinario quanto piuttosto l’effetto della sua ricomparsa, ‘the prestige’, appunto. Sceneggiato abilmente a partire dall’adattamento dell’omonimo romanzo di Christopher Priest ma con qualche velleitarismo e meccanosità di troppo da parte del regista del ricorsivo Memento e del notturno Batman Begins insieme al fratello Jonathan, vanta uno dei migliori trucchi visti al cinema ultimamente: quello applicato al volto di David Bowie che l’8 gennaio compirà la bellezza di sessant’anni ma nel film sembra quasi un vampiro senza tempo come nel lesbocult Miriam si sveglia a mezzanotte.
Bello il doppio colpo di scena finale: occhio alla primissima inquadratura che dà un importante suggerimento per cogliere il senso dell’intero film.
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