Era dagli anni ’50-’60 che non si vedevano sul grande schermo così tanti pettorali a mezzaluna, addominali perfettamente tartarugati, deltoidi e obliqui scolpiti, quadricipiti possenti: allora imperversava quel filone popolare di film mitologici detti ‘peplum’, un universo di corpi torniti raccontato benissimo nel documentario Uomini forti di Steve Della Casa, uscito in dvd per l’Istituto Luce (i monumentali Steve Reeves, Gordon Scott, Gordon Mitchell, Marc Forest, il nostro Mimmo Palmara erano i vari Maciste, Ercole, Kindar).
A riportare al centro dell’attenzione il culturismo maschile, all’alba della rivoluzione digitale – in confronto Beefcake è acqua fresca – ci pensa il cinefumettone dark 300 di Jack Snyder, tratto da un apprezzato romanzo grafico di Frank Miller edito in Italia da Magic Press. La vicenda raccontata è un classico della letteratura greca, la battaglia delle Termopili nel 480 avanti Cristo in cui uno sparuto drappello composto da trecento opliti spartani capeggiati da re Leonida (Gerald Butler, funzionale al ruolo) riuscì a frenare l’invasione dell’esercito persiano di Serse, un milione di guerrieri stipati in una stretta gola dal manipolo di valorosi combattenti che impedirono così la conquista della Grecia e la marcia in Occidente degli invasori barbari.
Essendo un prodotto americano tratto da un fumetto, sarebbe improvvido rimarcare le imprecisioni filologiche (basta dire che l’oracolo sembra una pubblicità Lancôme mentre gli efori, ministri del culto ma anche magistrati influenti, vengono definiti ‘vecchi mistici malati’ e ritratti come mostri purulenti e porcelli) poiché l’interesse per 300 è essenzialmente a livello visivo: girato in studio e rimodellato al computer con sofisticati
effetti speciali – splendida la fotografia desaturata di Larry Fong che evidenzia il rosso cremisi dei mantelli e del sangue – ha un’estetica queer decisamente fetish: le lunghe scene di battaglia sincopate da frequenti ralenti esaltano la plasticità del corpo maschile teso in azione, i dialoghi trasudano testosterone e complicità virile («Non c’è spazio per la debolezza a Sparta», chiosa Re Leonida) ma non mancano ammiccamenti camerateschi filogay («Hai combattuto come una vera donna», ironizza un soldato rivolto al compagno più efebico dal capello lungo).
Ma è soprattutto l’abbigliamento ridotto che strizza smaccatamente l’occhio al pubblico omosessuale…
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Ma è soprattutto l’abbigliamento ridotto che strizza smaccatamente l’occhio al pubblico omosessuale: i guerrieri greci sono sempre seminudi in stringati slip di pelle al contrario dei persiani, coperti fino ai piedi e spesso con maschere che ne celano i volti deturpati. Abbondano, invece, le imbragature leather da fetish party (l’iconografia di riferimento è quella hardcore nello stile Falcon: borchia sullo sterno, testa rasata, possibile pizzetto meglio se un po’ fallico). Il supercattivo Serse è addirittura una sorta di drag queen senza parrucca traforata dai piercing, bardata con lunghe catene e pesanti collari, che si materializza su un trono dorato similDior davvero camp. Lo interpreta – ma è quasi irriconoscibile e il complesso trucco ne inibisce la bellezza mediterranea – l’attore brasiliano Rodrigo Santoro, già drag in Carandiru di Babenco (il suo personaggio si chiamava Lady Di e appariva persino vestito da sposa!) nonché ammirato modello per Armani.
Tenendo presente che il regista Snyder ha diretto L’alba dei morti viventi, era inevitabile gli scontri venissero infarciti di creature orride e mostruose quali un nano deforme tra Gollum e Quasimodo che viene assoldato da Serse durante una specie di banchetto orgiastico lesbotrans. L’unica scena di sesso esplicito è però un’accoppiata abbastanza casta nel talamo coniugale tra Leonida e la moglie Gorgo, preceduta da un notevole nudo integrale posteriore di lui.
Se la sfacciata rozzezza fracassona e manichea può alla lunga dare un po’ fastidio, bisogna ammettere che, pur durando quasi due ore, 300 non è un film tedioso e va preso per quello che è: un elaborato videoclip d’autore in cui non mancano squarci visionari (alcune inquadrature sono veri e propri tableaux vivants sofisticati) e una compiuta atmosfera gore tra il grandioso e l’angosciante.
Mentre negli Usa ha superato i 160 milioni di dollari d’incasso (nel weekend è stato però battuto dal cartoon digitale di Kevin Munroe TMNT, acronimo di Teenage Mutant Ninja Turtles), anche il debutto italiano è andato molto bene: primo posto assoluto con quasi tre milioni e mezzo di euro.
Gli amanti del muscolo non se lo perdano.
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