NON APRITE QUELLA MORTA

Nell'horror grottesco 'Poltergay' cinque spiriti gay assatanati di sesso perseguitano due ignari fidanzati. In questa parodia la casa stregata non sorge su un cimitero ma sui resti di una disco queer

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Il sottogenere cinematografico horror gay non è mai stato molto frequentato nella storia del cinema: se l’insuperato antesignano resta il Rocky Horror Picture Show (che però ribalta il cliché del castello abitato dai fantasmi reinventando il camp come veicolo ai tempi oltraggioso per una disinibita liberazione sessuale grazie a rockettari alieni bisex), non sono molti gli esempi di film queer ‘di paura’.
Il regista spagnolo Jesus Franco, nel lontano 1971, si inventava un gruppo di scatenate succhiasangue dai pruriti saffici nell’esotico – ed erotico – Vampyros Lesbos ma i personaggi omosessuali ‘mostruosi’ erano quasi sempre in chiave parodistica: dall’azzimato e burlesco Dracula gay di Per favore non mordermi sul collo a quello fricchettone del fascinoso Udo Kier che si è bissato con un magnetico Frankenstein negli anarchici lavori di Paul Morrissey. Ma bisogna aspettare il 1991 per tremare davanti al più allarmante serial killer omo, il travestito ‘Buffalo Bill’ che vuol rifarsi un’identità femminile cucendosi addosso nientemeno che un bel patchwork di pelli femminili scuoiate nel sublime Il silenzio degli innocenti (ma attenzione, il film era un thriller, e che thriller!).

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L’Italia è stata feconda, in tal senso, negli anni ’70 grazie a scene memorabili quali le patinate seduzioni lesbo nel visionario Una lucertola dalla pelle di donna o alle orge sfrenate de Il fantasma di Sodoma, entrambi del riscoperto maestro romano Lucio Fulci, autore di schietti horror artigianali divenuti nel tempo assolutamente di culto. Lo stesso anno della Lucertola anche l’allora lanciatissimo Dario Argento suscitava scalpore con l’investigatore privato esplicitamente gay interpretato da un sobrio Jean-Pierre Marielle in Quattro mosche di velluto grigio. Ma anche qui siamo in zona ‘giallo’ più che ‘rosso sangue’.
Il genere ‘horror queer’, in realtà, stava già proliferando in maniera sotterranea nel cinema americano e così, negli edonistici anni ’80, arrivano le vampire lesbochic di Miriam si sveglia a mezzanotte e il giovane ammazzamostri gay in Lost Boys. Nel 2000 prevale invece il fantasy, coi licantropi molto modaioli di The Wolves of Kramer o i belloni da rotocalco di quello che viene considerato ‘il primo horror interamente gay per la televisione’, ovvero lo stiloso Dante’s Cove di Sam Irvin. A tutt’oggi viene persino assegnato in sordina un premio specifico, il Queer Horror Award, a romanzi, racconti, corti e lunghi dedicati a zombie omosessuali piuttosto che fantasmi ‘en travesti’ (e in lizza finiscono persino bizzarri ‘porn-horror’ softcore come Naked Ghosts di Thomas Foxx).
Nel nuovo millennio il gay, però, non spaventa più di tanto e allora è meglio riderci sopra: ecco dunque Poltergay di Eric Lavaine…
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Nel nuovo millennio il gay, però, non spaventa più di tanto e allora è meglio riderci sopra: ecco dunque Poltergay di Eric Lavaine, parodia grottesca di un celeberrimo classico di Tobe Hooper, Poltergeist – demoniache presenze, quel fantahorror gotico in cui gli spiritelli ipnotizzavano le loro vittime attraverso lo schermo dei televisori. Ma qui la casa stregata non sorge su un cimitero indiano bensì su quello che resta di una discoteca gay esplosa trent’anni prima durante una scatenata soirée mousse che ricorda molto le feste con schiuma fin sopra la testa del leggendario locale gay di Nizza The Blue Boy. Ma cinque spiriti di altrettanti omosessuali morti durante l’incidente infestano l’abitazione abbandonata e iniziano a perseguitare i due fidanzatini ignari, Marc ed Emma, che hanno appena comprato la proprietà. Così il ragazzo inizia ad avvertire strane presenze nella villa, intravedendo gli ectoplasmi queer vestiti alla Village People in perfetto stile seventy che attraversano i muri senza problemi e mirano dritti al suo fondoschiena palpandolo nei momenti meno opportuni.

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La sceneggiatura del film, scritta dal regista insieme a Héctor Cabello Reyes, nasce da una ironica frase del grande Henry Langlois, fondatore della Cinémathèque Française ed esperto di restauro di film, pubblicata nel numero di aprile 1964 dei Cahiers du Cinéma: «Valutando oggettivamente le forze e le debolezze della nostra industria cinematografica […] bisogna constatare che il cinema francese manca crudelmente di film che hanno come soggetto case stregate da fantasmi omosessuali». Uno dei maggiori problemi nella realizzazione è stato, però, trovare la casa adatta: «Le ricerche sono state lunghe e faticose» spiega il regista. «A un certo punto pensavamo di girare in studio finché non ho visto la casa nella foresta vicino a Cergy-Pontoise mentre percorrevo l’autostrada A1».
Fondamentale nel film l’uso della musica disco anni ’70, da Rasputin di Boney M. a Born to be alive in una versione lenta cantata da Emma che, secondo Lavaine, «illustra perfettamente la tristezza e lo spaesamento di Marc quando si ritrova solo, senza donna né lavoro e in preda alle sue visioni». Nel cast due prezzemolini del nuovo cinema francese: l’emergente Clovis Cornillac (Una lunga domenica di passioni) e la figlia d’arte Julie Depardieu. Il ‘coming out’ del film è previsto per il 25 ottobre in Francia.
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