Scott e Liberace, quel grande amore “Dietro i candelabri” kitsch

Esce domani in 250 copie l'appassionante biopic ‘Dietro i candelabri' di Soderbergh sulla passione tra l'eccentrico pianista ultracamp Liberace e il giovane Scott Thorson. Bravissimi Douglas e Damon.

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Si temeva che non uscisse nemmeno nelle sale cinematografiche, il pregevole Dietro i candelabri dell’eclettico cinquantenne Steven Soderbergh, forse il suo ultimo film se è vero che si dedicherà solo alla produzione. È stato infatti trasmesso negli States a maggio sul canale televisivo via cavo HBO che l’ha cofinanziato poiché Hollywood l’aveva giudicato “troppo gay” per sborsare quei cinque milioni di dollari che mancavano. Ma dopo l’applaudita presentazione in concorso al Festival di Cannes e soprattutto gli undici premi Emmy, Dietro i candelabri ha trovato finalmente un suo spazio anche nei cinema e da noi esce domani in 250 copie per 01 Distribution. «Ho voluto fare questo film per mostrare quanto siamo cresciuti – ha dichiarato il coproduttore Jerry Weintraub -, per mostrare l’evoluzione del nostro Paese e degli esseri umani riguardo a questo argomento. Le unioni omosessuali sono ormai riconosciute e autorizzate nella maggior parte del mondo. Essere gay ha perso la sua ghettizzazione sociale. Conoscevo Liberace e ho sempre pensato che fosse un personaggio straordinario, in anticipo sui tempi».

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Non è un biopic tradizionale, l’appassionante Dietro i candelabri, poiché si concentra sull’ultimo periodo della vita dello stravagante e campissimo pianista-entertainer di origini italo polacche Wladziu Valentino Liberace (1919-1987) quando, al massimo della fama – il suo “Liberace Show” televisivo raggiunse i 35 milioni di spettatori e quasi sempre il “tutto esaurito” coronava i suoi concerti a Las Vegas -conosce l’ex assistente veterinario sedicenne Scott Thorson e se ne innamora. Una grande, travolgente passione che si tramuterà in matura convivenza nelle stupefacenti ville extradeluxe di gusto “kitch imperiale” ma anche una collaborazione lavorativa – Scott è l’autista che accompagna Liberace sul palco con una Rolls-Royce Landau – destinata a durare cinque anni con strascico in tribunale a causa di vari tradimenti e dell’acuirsi di una grave tossicodipendenza di Thorson. Il progetto sulla carta si presentava rischioso, poiché un personaggio eccentrico come Liberace si prestava a mossette e ridicolizzazioni puerili nello stile de Il Vizietto. Ma il valente sceneggiatore Richard Lagravenese, adattando un libro di memorie dello stesso Thorson e cofirmato da Alex Thorleifson, pubblicato in Italia per Newton Compton Editore col titolo ‘Dietro i candelabri.

La scandalosa vita di Valentino Liberace, “il più grande showman di tutti i tempi”, non insiste sull’aspetto più divertente e scintillante, ossia quello superficialmente camp tutto paillettes e visoni ma descrive con accorata partecipazione l’intimità amorosa della coppia che acquista una sua umanissima credibilità. Merito della riuscita è anche l’eccezionale interpretazione dei protagonisti: Michael Douglas non imita Liberace ma si incarna letteralmente in lui (abbiamo qualche dubbio sul doppiaggio italiano un po’ lezioso di Francesco Vairano) ed è evidente l’alchimia recitativa con un calibrato Matt Damon che non teme abbronzature integrali col segno del tanga ma evita facili “femminilizzazioni” sul filo dell’isteria. Ed è esemplare la descrizione della dicotomia tra pubblico e privato dello show business americano, a causa della quale Liberace celava la propria omosessualità pur evidente costringendo Thorson a una vita da recluso di lusso nelle sue tenute top e temeva, scopertosi sieropositivo, di essere ricordato “in quanto gay e malato di Aids”. Particolare attenzione è stata data anche ai bei ruoli secondari, da una indimenticabile Debbie Reynolds, nella vita reale grande amica di ‘Libe’, nei panni di mamma Frances, al grande Dan Aykroyd in quelli dell’oculato manager Seymour Heller e a un buffissimo Rob Lowe chirurgo estetico ultrarifatto.

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Straordinario il lavoro del reparto costumi affidato a Ellen Mirojnick: Douglas e Damon hanno più di sessanta cambi d’abito e ciascuno di esso è fatto su misura grazie alla collaborazione del celebre camiciaio Anto di Beverly Hills, del maestro sarto Dennis Kim e di Mary Ellen Fields di Hargate Costumes. Molte pellicce originali di Liberace erano troppo pesanti, per cui è stato necessario ideare tessuti più leggeri che sul set garantissero non solo portabilità ma anche un effetto di massima somiglianza con gli originali: pensate che quella di volpe bianca vergine da 300.000 dollari era ricoperta di paillettes e cristalli austriaci per un valore di ulteriori 100.000 e aveva uno strascico di sedici metri. Per portarla sul palco era necessaria una Mini Rolls Royce poiché pesava cento libbre. È stata persino utilizzata una squadra di esperti orafi per replicare gli sgargianti anelli e gioielli di Liberace.

Anche per quanto riguarda le scenografie curate da Howard Cummings che in sole settimane ha dato vita a trenta set differenti, il criterio è stata la massima verosimiglianza ma per quanto riguarda alcuni cimeli come automobili e pianoforti sono stati utilizzati oggetti appartenuti al pianista grazie a una collaborazione col Museo Liberace di Las Vegas ora chiuso. La produzione ha inoltre girato nello showroom dell’Hilton dove Liberace ha tenuto molti dei suoi concerti più famosi, nel vero attico di sua proprietà a Los Angeles, nel Centro di smistamento postale a West Hollywood dove Scott Thorson ha realmente lavorato dopo la rottura con lui e nella Chiesa cattolica di Nostra Signora della Solitudine a Palm Springs dove si è tenuto il funerale dell’artista. Per il numero ‘Dueling Pianos’ sono stati riuniti per la prima volta dopo trent’anni i due pianoforti identici di Liberace, uno dei quali è stato scovato nello showroom di Baldwin Piano mentre l’altro era esposto al Museo Liberace.

Da vedere.

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