Sesso e ironia, dalla Spagna il videomaker Juanma Carrillo

Intervista all'autore di corti lgbt più hot del momento: 'Canibales', 'Fuckbuddies' e 'Perfect Day', visibili su Queerframe Tv. E promette "sangue, risate e sperma" nel suo nuovo film "The Biker".

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È uno dei videomaker più interessanti e originali che affollano le circuitazioni internazionali dei festival glbt ma ancora pochi lo conoscono. Eppure, caso forse unico almeno in Europa, un suo cortometraggio gay sessualmente esplicito, ‘Canibales’, è stato acquistato dal secondo canale televisivo statale spagnolo. Lui si chiama Juanma Carrillo, ed è un creativo trentatreenne madrileno pieno di energia e idee. Nasce come fotografo e i suoi amici lo chiamano ‘culo inquieto’ perché è vulcanico nell’inanellare un progetto dietro l’altro. Il suo cinema intrigante flirta sempre con la videoarte e l’erotismo omosex.

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L’attenta casa di distribuzione Atlantide Entertainment, attraverso la sua collana lgbt Queer Frame, non se l’è lasciato sfuggire e da oggi, sul suo portale www.queerframe.tv dà la possibilità di vedere in streaming o scaricare sul proprio pc Canibales insieme ad altri due corti di Juanma Carrillo: il sensualissimo Perfect Day su un tormentato amore carnale e l’ironico Fuckbuddies presentato al Festival Mix, in cui un fugace incontro di sesso in macchina si tramuta in una conversazione surreale su mutui e tassi d’interesse.
Lo abbiamo intervistato.

Come è nata l’idea dei corti Fuckbuddies, Canibales e Perfect Day?
L’idea di Canibales nasce da una conversazione sui paradossi, le ambiguità e le ipocrisie che vengono di solito attribuite al mondo gay, in particolare nell’ambito del cruising. Da qui ho cercato di filmare una storia in una forma sia realistica che sperimentale. Perfect Day è la seconda parte della trilogia Cover me girata con l’artista Félix Fernandez sulla ricerca dell’amore nella società attuale. Nasce da un impulso irrazionale che entrambi percepiamo riguardo al divenire delle relazioni contemporanee affettive e non sessuali. Riguardo a Fuckbuddies, la storia era uno spin-off del carattere principale di Canibales ma virato verso la commedia grottesca, un genere che mi piace ma che non avevo ancora avuto la possibilità di sperimentare.

Qual è il confine tra il cinema e la video arte di cui è intrisa la tua produzione?
La linea di demarcazione è sottile: forse nel campo della video arte l’idea è più concettuale e astratta. Allo spettatore viene lasciata la decisione finale sul tono della storia. Nel cinema di finzione la trama è più definita e compiuta, posso mostrare più chiaramente le mie intenzioni. Mi oriento verso questo lato della linea ma senza sacrificare la sperimentazione, come alcuni dei miei modelli di riferimento: registi quali Lynch, Cronenberg, Gaspar Noé oppure classici come Pasolini, Resnais, Bergman, Tarkovskij e Fassbinder. Alcuni loro film potrebbero essere mostrati in una galleria d’arte come fossero video-creazioni.

Ti definisci un "pornografo dell’anima". In che senso?

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È un’espressione nata dalla domanda di alcuni giornalisti e spettatori riguardo al mio interesse nel fare del porno, visto il contenuto sessuale di alcune delle mie storie. Ho sempre risposto che il porno sono emozioni reali, quindi non c’è nulla di più osceno, hard, erotico, animale e arcaico dei sentimenti senza infingimenti o artifici. Come nel porno si offrono corpi e sessi in maniera esplicita e il più ravvicinati possibile, così io faccio con le emozioni e i desideri. Se nell’hard il clou è l’eiaculazione di un uomo, nel mio lavoro è il pianto di un personaggio: entrambi sono fluidi che arrivano dai nostri corpi. Nel porno dal sesso, nel mio lavoro dal cuore…

Quanto è difficile girare le scene di sesso senza essere voyeurista?

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Sono un voyeur, confesso! Non potrei girare le scene di sesso senza esserlo. Ma anche quelle di violenza, oppure drammatiche, persino quelle comiche. Un’altra caratteristica dei miei film è l’approccio al personaggio, quasi un accerchiamento, per scuotere lo spettatore. Penso che le scene di sesso siano più difficili per gli attori ma cerco sempre di creare un ambiente estremamente confortevole per far sì che loro percepiscano la mia presenza come parte della scena senza sovrastrutture.

Qual è l’importanza della musica nel tuo cinema e nella tua vita?
La musica per me è quasi sinonimo di vita. Nei miei film è un elemento chiave fondamentale. Molti miei lavori sono concepiti a partire da suoni o canzoni, tante storie hanno la loro colonna sonora ancora prima di essere scritte. Credo che se si analizza il mio lavoro, è evidente che giro e racconto con un piglio musicale: ritmo, tono e melodia sono elementi importanti al pari di sceneggiatura, fotografia e interpretazione.

Pensi che il cinema queer abbia anche un significato politico?
Certo! Tutte le minoranze hanno sempre a che fare con un valore politico e quando si fa arte ci si trova di fronte alcune barriere che altri non hanno. Ma dico sempre che l’attivismo gay nasce da se stessi e da piccoli gesti di tutti i giorni al lavoro, in famiglia, a scuola. Se sei artista, però, questo attivismo è amplificato e sovraesposto, rischiando così di esporti non solo alla critica puramente artistica ma all’omofobia nascosta e alla censura.

Quando realizzerai il tuo primo lungometraggio?

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Sono proprio in preproduzione del mio primo film, Islandia, un dramma intimista che spero di poter girare l’anno prossimo. Ma per sedare la mia bulimia registica, spero di realizzare quest’estate un mediometraggio a metà strada tra la crudezza sperimentale di Canibales, l’humor di Fuckbuddies e la bellezza pittorica di Perfect Day. Si chiama The Biker ("Il motociclista") ed è un racconto postporno su un gruppo di prostituti neopunk in un momento di crisi economica, disinteresse per la politica e violenza gratuita.  Prometto sangue, risate e sperma!

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