Omosessualità e religione cattolica spesso si sono guardate con diffidenza, sospetto, disagio: mentre esce in libreria un romanzo libero e crudo che affronta di petto lo scabroso argomento della pedofilia di un sacerdote, il magmatico Bruciare tutto dell’immenso Walter Siti, al cinema esce un documentario pacato, sensibile, intelligente, Silenzi e parole di Peter Marcias.
Al contrario, questo lavoro equilibrato cerca di sviscerare i punti di contatto, i legami, in un certo senso le affinità elettive di due realtà completamente diverse, eppure in fondo così simili: i frati cappuccini del convento di Sant’Ignazio nel quartiere Stampace e l’associazione LGBT cagliaritana ARC. Entrambe praticano un volontariato solidale rivolto agli esclusi ma in maniera in un certo senso opposta: i primi, “conosciuti come fratelli del popolo”, attraverso il silenzio della forza mistica, la contemplazione arcana di Dio e del suo Verbo, i riti quieti di liturgie ormai dimenticate; i secondi attraverso la parola condivisa, l’impegno fisico di volantinaggio nelle strade, le riunioni partecipate in cui si discute su come combattere il pregiudizio antigay, l’inutilità delle cosiddette terapie riparative, i progetti culturali sul territorio. In comune hanno però proprio una parola, o meglio, quasi la stessa: il raccoglimento della Quaresima per i frati e per l’ARC il fitto cartellone della Queeresima, una lunga rassegna di quaranta giorni, prima del Pride locale, con incontri, iniziative ed eventi culturali LGBT.
Il sapiente regista oristanese Peter Marcias, con lo sguardo mai invasivo che lo contraddistingue, pone allo spettatore domande (che cos’hanno realmente in comune due mondi così distanti?), cerca l’espressività quotidiana di volti cari alla comunità LGBT (il torinese Enzo Cucco cofondatore dello storico Fuori! torinese; Michele Pipia, organizzatore del Sardinia Queer Film Festival), immerge la sua indagine nell’amata città di Cagliari, il cui abbacinante panorama visto dal mare, come un simbolico ‘approccio’ da fuori, dall’esterno – ma vissuta tra gli splendidi saliscendi collinari e nelle piazze riempite dalle sedie di ARC per la Queeresima, dai volti stupiti dei passanti al solo intendere quella misteriosa parola ‘queer’ che certo non è ancora entrata nel linguaggio corrente – apre il film suggellando un’ideale continuità col precedente La nostra quarantena.
C’è una scena bellissima, potente, icastica nel suo dire tutto senza parole, in cui c’è il senso profondo, e anche tragico, del film: la scelta di non comunicare di un gruppo di Sentinelle in Piedi, disposte geometricamente come un plotone di combattimento in una piazza, chine senza volti su testi quali Obbedire è meglio, mentre gli associazionisti gay si ‘rifugiano’ in una lingua comune, il dialetto, al momento inservibile, osservano frustrati, mostrano le parole-kalashnikov di Gentilini (Lega Nord) “Si faccia pulizia etnica dei culattoni”.
Al termine della visione viene da pensare che basterebbe il dialogo, un confronto schietto, per colmare quel divario molto profondo tra religiosi e omosessuali (se si pensa poi che forse ‘un prete su due è gay’, come dice l’ex prelato Krzysztof Charamsa, il divario sarebbe già colmato in nuce): in tempi di iperconnessione costante non mancano certo i mezzi, ma l’impressione è un irrigidimento ideologico da parte della Chiesa che, per dirla con Siti, dovrebbe forse vedere “l’omosessualità come kairos, opportunità”. O forse manca lo slancio, l’impegno civile, la volontà: “Oggi ci siamo un po’ impigriti, i ragazzi erano più sportivi, un tempo” dice un frate rimpiangendo le affollate partite di calcetto ricordate ‘pasolinianamente’ che movimentavano un po’ l’autoisolazionismo dei religiosi e ora non si organizzano quasi più.
Silenzi e parole si può vedere fino a domenica su Chili TV on demand (www.chili.tv) dopo una circuitazione in alcuni cinema sardi. Torna inoltre in sala a Cagliari al cinema Alkestis con i seguenti orari: sabato 22 aprile alle 19,15, domenica 23 aprile ore 17,30 e martedì 25 aprile ore 19,15.
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Che rapporto c'è? Che nessuno dei due mi ha mai convinto sulla natura dell'essere.