Se dici Steve McQueen pensi a Steve McQueen, ovviamente. Cioè al grande attore degli anni ’60-’70, trapassato nell’80, celebre per ruoli western chiave quali il ‘sopravvissuto’ cowboy Vin in "I magnifici sette" o il capitano Hilts esperto in evasioni de "La grande fuga", grande amante di moto e autovetture, noto ai più perché citato da Vasco (che al Lido non ci sarà per ragioni di salute) nella sua canzone immortale "Voglio una vita spericolata". Ma Steve McQueen è anche un corpulento regista emergente inglese di colore, affermatosi come videoartista e autore di "Hunger", un fortunato biopic sul rivoluzionario irlandese Bobby Sands morto per sciopero della fame, migliore opera prima a Cannes tre anni fa ma inedito in Italia. Abbiamo l’occasione di scoprirlo anche da noi grazie alla sua opera seconda in concorso a Venezia 68, il controverso dramma "Shame" ("Vergogna"), applaudito con convinzione ma anche fischiato, su un trentenne newyorchese in carriera ossessionato dal sesso compulsivo e il cui stile di vita viene messo in discussione dalla sorella insicura e sentimentalmente tormentata, cantante in un night-club, ospitata nel suo elegante appartamento da post-yuppie.
Il protagonista assoluto di "Shame" è il suo attore feticcio, il magnetico Michael Fassbender che abbiamo apprezzato nell’appassionato "Angel" di Ozon e che al Lido intesse sottotesti queer anche col collega Sigmund Freud nei panni di Jung nell’introspettivo "A dangerous method" di Cronenberg. Un bad boy crucco-irlandese dallo sguardo di ghiaccio, richiestissimo: "Difficile fare film senza di lui" ha dichiarato McQueen in conferenza stampa. E, tra il serio e il faceto: "Tra me e Michael è nata una storia d’amore… Ci amiamo! Sì, mi sono innamorato di lui". Un ruolo non facile, quello di Fassbender, con nudi frontali, masturbazioni nella doccia e davanti al pc, accoppiamenti espliciti, etero e omosex (verso la fine del film, cacciato da un locale etero, il protagonista si fionda nel club gay di fronte e rimorchia un avventore): "Mi sono sentito poco a mio agio nelle scene di sesso – spiega Fassbender -. L’importante per tutti era di sentirsi a proprio agio. Ma fortunatamente per quelle scene non abbiamo dovuto fare molti ciak".
In un’intervista concessa a Best Movie, l’attore irlandese ironizza sull’adorazione/attrazione di McQueen per lui: alla domanda "Non trova che la vostra sia un’amicizia un po’ faticosa, visto che per "Hunger" Steve McQueen l’ha fatta dimagrire 18 chili e in questo film l’ha trasformata in un sesso-dipendente compulsivo?" Fassbender risponde, ridacchiando: "Penso che Steve voglia vedermi nudo, ecco qual è la ragione! Vero, Steve, che ti sei inventato tutto "Shame" per mettermi in imbarazzo?".
Apprezzamenti convinti, ma questa volta senza il contrappunto di alcun fischio, alla Settimana della Critica, dove il dramma canadese "Marécages" ("Acquitrini") di Guy Édoin è stato accolto in Sala Darsena da vari minuti di applausi. Il delicato affresco su una famiglia di contadini, con nonna lesbica e nipote adolescente gay, provata dalla crisi economica e da due tragiche morti ha conquistato il pubblico. "L’ho girato con la massima naturalezza – ha spiegato il regista – E con la stessa naturalezza ho trattato il tema dell’identità di genere, pur essendo calato in un contesto non facile come quello della pesante vita degli agricoltori. Ci sono molti elementi autobiografici, nel mio film, e l’ambiente in cui si svolge "Marécages" è quello in cui sono cresciuto. Nella fattoria a fianco di quella dei miei genitori vive davvero una coppia di anziane signore, compagne da una vita intera".
Consensi unanimi anche per il doc d’autore "Wilde Salomè" di Al Pacino presentato fuori concorso ma in competizione per il Queer Lion. Un vero e proprio atto d’amore dell’attore/regista per Oscar Wilde, il backstage di uno spettacolo recitato a Los Angeles dall’attore americano che diventa lo spunto per ricerche, approfondimenti, analisi dell’opera di "un vero e proprio genio" come l’ha definito Pacino che al Lido riceverà il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2011. "Una persona da mettere a tacere al punto da essere arrestato per le sue inclinazioni sessuali – continua Pacino – mentre l’obiettivo principale era non farlo parlare. Non si voleva dare spazio alle sue idee da pensatore liberale e visionario che, però, si auspicava una società più umana".
Molti i momenti queer: Pacino cerca di comprendere l’amore di Oscar Wilde per Bosie, fa parlare Gore Vidal e Tony Kushner, si reca in una libreria gay dedicata a Wilde. Così, la protagonista Jessica Chastain passa in secondo piano anche se per lei Pacino non ha che lodi: "Il vero motivo per cui ho realizzato Wilde Salomè è proprio lei. Quanto l’ho vista recitare ho deciso che dovevo averla io prima che diventasse una grande star. Sono stato fortunato".
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