Un perturbante thriller gay naturista turba Cannes

"L’inconnu du lac" del francese Alain Guiraudie sconvolge la Croisette col sesso esplicito in un luogo di battuage. Abbiamo intervistato il regista: “Per le scene hard ho usato controfigure”.

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Applausi torrenziali come la pioggia insistente che si è abbattuta nel primo weekend del festival hanno accolto alla proiezione ufficiale del “Certain Regard” un perturbante thriller gay naturista, “L’inconnu du lac” (Lo sconosciuto del lago) di Alain Guiraudie. Il regista francese è stato osannato insieme all’intera équipe composta da 22 persone in Sala Debussy e accolta sul palco dove il delegato generale Thierry Frémaux ha fatto salire persino le comparse presentandole come “i naturisti del film”. È davvero insolita e affascinante, questa personale opera d’autore dalla messa in scena molto controllata, il cui unico set è un luogo di battuage sulle rive di un lago artificiale, il Sainte-Croix sul corso del fiume Verdon in Alta Provenza. Il microcosmo chiuso del cruising all’aperto ha dinamiche precise: mentre chi vuole prendere il sole ‘nature’ resta sul litorale pietroso, in mezzo alla boscaglia si pratica sesso occasionale fino al crepuscolo, spesso senza scambiarsi nemmeno una parola.

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La narrazione si concentra su tre personaggi che rappresentano tre tipologie diverse di omosessuali, evidenziandone soprattutto la sofferta solitudine: il tonico Franck (Pierre Deladonchamps) è all’apparenza un tipo solitario ma svela un’indole romantica e cerca in realtà un compagno; il dominante Michel (Christophe Paou) è un maschio alfa sessualmente vorace, genere baffuto Castro anni ’70, e di lui si innamora Franck fino alla scoperta di un suo sconvolgente segreto; il placido Henri (Patrick D’Assumçao) è un cinquantenne bisex sovrappeso e “senza illusioni, senza fiamma”, come ci ha spiegato il simpatico attore di origini portoghesi, l’unico a voler parlare della propria sessualità, oltre al regista gay dichiarato, dicendoci di essere etero e al suo primo ruolo importante.
Mantenendo un encomiabile equilibro fra vari registri, la commedia ironica, il dramma esistenziale e il thriller hitchcockiano, il regista riesce compiutamente a realizzare ciò che ormai fa tendenza nel cinema queer contemporaneo, come in Shortbus o I Want Your Love: innestare scene di sesso esplicito in primo piano nella narrazione tradizionale, senza alcun voyeurismo o morbosità. Il pubblico in sala è rimasto piuttosto turbato, soprattutto quello femminile (i maschi reagivano con risatine isteriche) per le ardite sodomie en plein air, le fellatio golose, le masturbazioni compulsive dei voyeurs. Abbiamo intervistato il regista nello stand Unifrance al Villaggio Internazionale.

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Qual è secondo lei il confine tra erotismo e pornografia? Come ha lavorato a questo proposito per realizzare il film?
È una questione complessa e certamente non nuova. Ce lo siamo chiesti durante la preparazione. La domanda che ci ponevamo era: potevamo girare gli incontri amorosi glissando sulle inquadrature pornografiche non simulate, aggiungendole in seguito tali e quali? Oppure preparare le coreografie insieme agli attori e rifarle identiche con delle controfigure? Abbiamo scelto questa opzione. Ci sono scene di fellatio e primissimi piani sulle natiche, sui contatti tra esse, ma non era necessaria una vera e propria penetrazione.

È stato difficile girare la scene più esplicita e controversa, quella della copiosa eiaculazione?
Abbiamo utilizzato una controfigura. Con gli attori ho parlato molto. Faccio molte prove. Loro chiedevano tante cose, facendo domande sull’intimità dei loro personaggi. Non c’è stato alcun momento di difficoltà né imbarazzo.

In Italia un film così sessualmente esplicito rischierebbe di essere massacrato dalla censura.
Lo so, avete il Vaticano! In Francia è stato solo vietato ai minori di 16 anni. Ma io lo definirei un thriller esistenzialista. Diciamo che è anche del genere ‘tocca e scannuccia’!

Quando avete girato?
Tra settembre e metà ottobre, in sei settimane. Ho usato un’équipe nuova rispetto ai miei film precedenti. È stato molto emozionante.

Alain Guiraudie

Alain Guiraudie

E come ha scelto gli attori, tutti perfetti?
Attraverso un normale casting. Non conoscevo nessuno di loro. Abbiamo visionato circa 300 persone per i vari ruoli. Li ho poi scelti parlando parecchio con loro.

Che cosa c’è di personalmente suo nel film?
Ho fatto molti incontri nella mia vita. Diciamo che ho imparato ad amare ciò che non porta da nessuna parte, il godimento immediato. Ma mi rendo conto che questi comportamenti non sono di una comunità ma di un insieme di solitudini.

E del matrimonio gay che cosa pensa?
Sono assolutamente contrario al matrimonio come istituzione, per me è un concetto vecchio e superato. Ma ovviamente ho manifestato per il matrimonio di tutti.

Ci sono registi che sono per lei dei modelli?
Adoro Nanni Moretti mentre Fellini non lo amo più: ho visto tutto di lui e ora mi annoia.

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