Storie di ordinaria inquietudine nella Buenos Aires contemporanea: un ventenne amante dei roller che si prostituisce con coetanei maschi in un locale del Bancomat, spiato da una telecamera sul soffitto che ne filtra anche la voce, una ragazza che suona in una piccola rock band e se ne innamora, se lo porta a letto, in piscina, vaga con lui nelle notti agitate, lo lascia, se ne torna a casa in treno.
L’opera prima ‘Vagon fumador‘ di Veronica Chen (già montatrice di ‘Garage Olimpo‘ di Marco Bechis) presentata nella sezione ‘Settimana della Critica’ è un film sperimentale che abusa smodatamente del mezzo video riversato su pellicola (che sta diventando una moda da vietare con fermezza agli esordienti, per la facilità con cui si ottengono risultati sciatti e poco espressivi), con una fotografia poco curata virata sul blu notte, poco interessante, ripetitivo, tedioso.
Vorrebbe essere un instant movie sulla condizione giovanile argentina ma la regista non osa nemmeno un guizzo creativo e l’unica idea del film (il sesso mercificato nel tempio dello scambio economico, il Bancomat) non viene sfruttata né approfondita. Ed è un peccato non aver saputo sfruttare il potenziale espressivo della vivacità argentina nelle luminose notti sudamericane: lo sguardo della regista è troppo distaccato e privo di personalità perché ci si possa vagamente appassionare a una storia di passioni flebili in cui i primi a non crederci sembrano proprio i protagonisti.
Parziale delusione anche per l’atteso ‘A.I. Artificial Intelligence‘ di Steven Spielberg, tratto da un soggetto del compianto Stanley Kubrick. Le vicende del robot che crede di essere un bambino (Haley Joel Osment, attualmente tredicenne ma che dimostra almeno cinque anni di meno) e cerca la Fata Turchina insieme a un cyber-gigolò (Jude Law) tra i cattivi cacciatori di mecca (le creature inorganiche) che combattono per la sopravvivenza degli orga (gli esseri organici), sono una specie di Pinocchio in versione postmoderna con inserti di ‘2001 Odissea nello Spazio‘ e una seconda parte che naufraga in deliri mistico-filosofeggianti con tanto di alieni stilizzati clonati da ‘Incontri ravvicinati del terzo tipo‘ e ‘Mission to Mars‘. Di Kubrick c’è veramente poco, di Spielberg manca l’imprinting dei suoi capolavori. A-ssolutamente I-nsoddisfacente.
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