21 cose malatissime del Natale in Italia – seconda parte

Gli scoglionanti zampognari, il delirio architettonico dei presepi homemade, la decadenza dei cinepanettoni: ecco la seconda parte della nostra rassegna natalizia.

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5 min. di lettura

PIVA, PIVA

Con l’arrivo del Natale le vie italiane vengono percorse dagli zampognari, i suonatori di zampogna (strumento a fiato simile alla cornamusa) che girano la città diffondendo motivi natalizi tradizionali, come Piva, pivaTu scendi dalle stelle di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Il fenomeno, all’inizio vagamente gradevole – fa atmosfera – col trascorrere dei giorni può suscitare esplosioni d’ira e crolli nervosi, poiché gli zampognari passano e ripassano suonando sempre le stesse melodie in loop, imponendo l’ascolto coatto delle loro scoglionanti nenie ad animi già provati dalla stritolante magia del Natale.

IL CESTO GASTRONOMICO

Come tutto ciò che è legato al Natale in Italia anche in questo caso il criterio dominante è che la quantità deve avere le meglio sulla qualità: nel classico cesto coi prodotti gastronomici bisogna infilarci più cose possibili perché, sia chiaro, per il suo contenuto si verrà giudicati. Infatti il cesto natalizio è soggetto alla valutazione più implacabile anche perché, una volta ricevuto ricevuto, viene esposto in bella mostra, sotto l’albero oppure altrove, come segno di opulenza e abbondanza della casa. Esso incarna l’onore di chi l’ha ricevuto e di chi l’ha donato. Anche il cesto gastronomico però, come il pacco aziendale, può finire col restare intatto, mai aperto oppure riciclato, smembrato e regalato a pezzi a chi ci si era dimenticati di comprare il regalo.

LE BUSTE DEI PARENTI

Spesso ai più piccoli, i genitori ma soprattutto i nonni e gli zii, possono decidere di regalare del denaro: è il fenomeno della cosiddetta “busta”. Questi doni in contanti a Natale vengono attesi e ambiti anche da giovanotti non più proprio adolescenti: in alcuni casi ancora a cinquant’anni persiste l’aspettativa verso la donazione, oggetto di calcolo e attesa capitalistica. Si progetta la cifra che verrà raggiunta, si quantifica che somma sgancerà uno e che somma quell’altro, si ipotizza un montepremi finale, budget per spese e shopping futuri. Le buste sono generalmente accompagnate da sbrigativi biglietti d’auguri, che però di base nessuno mai legge a cui si dà al massimo un’occhiata veloce, perché quello che importa è capire a quanto si è arrivati e se la zia Teresina pure quest’anno s’è confermata la solita tirchia.

IL PRESEPE

In ogni famiglia c’è qualcuno di particolarmente affezionato al presepe che ne monopolizza la costruzione annuale: nonni che si alzano al mattino mattina all’alba per non dover discutere della scelte compositive e stilistiche; zii che conservano in cantina o in solaio statuette accumulate negli anni, finendo col mettere insieme presepi con quattro madonne e vari Gesù bambino disseminati a casaccio nel paesaggio. I più audaci si lanciano in soluzioni architettoniche ardite, barocche: montagne di cartapesta, sentieri di sassolini chilometrici, carta metallizzata col cielo stellato che si estende per decine di metri sul perimetro di casa, laghi e torrenti improvvisati con la stagnola, su cui navigano inquietanti paperelle col ghigno mal dipinto. Ci sono poi i parenti che non vanno tanto per il sottile e cacciano dentro pure certi reperti del paganesimo contemporaneo: nonne e zie che inseriscono soprammobili recuperati all’ultimo per far numero o cose tipo le sorprese degli ovetti Kinder, il tutto senza alcun freno inibitorio: dinosauri, robot, macchinine, Topolino, Winnie Pooh. Il risultato è una grande riproposizione del classico effetto dell’horror vacui.

IL BAMBINO NON SI DEVE VEDERE

Nel presepe Gesù bambino deve essere rigorosamente invisibile sino alla mezzanotte tra 24 e 25 dicembre. Niente scherzi, è una faccenda serissima. Così, se la capanna del presepe acquistata già bell’e pronta ha il bambino removibile tutti tranquilli: lo si toglie e poi lo si rimette a tempo debito. Ma se mangiatoia, paglia e bambino sono tutt’uno con la capanna? Il bambino non può vedersi prima del dovuto: non lo si dice apertamente ma si intuisce che porterebbe una gran sfiga. Quindi va coperto. E per lo scopo si ricorre ai materiali più bizzarri. Una variante molto apprezzata è il batuffolo di ovatta. L’effetto estetico è tossico.

 SACRE RAPPRESENTAZIONI

In molti paesini e località italiane c’è poi la tradizione di allestire i cosiddetti “presepi viventi”, ovvero di mettere in scena con persone in carne ed ossa la sacra rappresentazione della nascita di Gesù. Accanto a versioni più curate, raffinate e posh, girando l’Italia se ne possono trovare altre decisamente più improvvisate, con clamorosi epic fail e anacronismi: San Giuseppe con l’orologio subacqueo, pastorelle dal capo ricoperto di mollettine glitterate – ché fanno festa, contadine con la coda di cavallo, Nike ai piedi dei garzoni. In questi matrimoni mistici tra folk e trash, un effetto degno di nota riguarda il rapporto tra vita reale e scena sacra: per i visitatori occasionali è difficile che scatti, ma per gli abitanti dei paesini in questione l’attribuzione dei ruoli stimola commenti e pettegolezzi che ad esempio fanno notare quanto sia bizzarro che pure quest’anno la Madonna la faccia la figlia della sarta che, lo sanno tutti, ne ha fatti contenti tanti.

COSÌ PER DOMANI SIAMO A POSTO

Per quanto durante i pranzi e le cene natalizie ci si sforzi, ingozzandosi per ore ed ore, comunque il cibo avanza sempre. Lenticchie, salmone, tartine e quant’altro vengono quindi destinati ai pasti dei giorni seguenti. Il risultato è una sorta di sovra-estensione del cenone natalizio. Per due settimane almeno si continuano a mangiare le stesse cose: come in una condanna onirica si assiste alla una perpetua riproposizione dello stesso menù. Non se ne vien più fuori, si mangia e si rimangia ma, come certi prodotti della fabbrica di Willy Wonka, pare che i cibi si autorigenerino, che le pentole siano stregate e tornino a riempirsi ogni volta che si cerca di svuotarle.

GIOCO D’AZZARDO

Per tirare la mezza e dopo il pranzo del 25 nelle case italiane a Natale si gioca. In genere si resta proprio a tavola, inchiodati a quella che da ore è la propria postazione. Solo si cambia attività, anzi se ne aggiunge un’altra alla principale, perché di mangiare, in realtà, non si smette mica. Tombola, Mercante in fiera, vari giochi di carte: la casa a questo punto si fa bisca, casinò amatoriale, locanda malfamata con le nonne e le zie piene di vino e arrapate dal gioco d’azzardo che comprano 10, 15 cartelle alla volta per l’estrazione della Tombola, senza poi riuscire a controllarle quindi di fisso imprecanti. Se si inizia a giocare con soldi veri la situazione può scappare di mano: i consanguinei iniziano a barare, l’alcol suscita il libero sfoggio di idiosincrasie e deliri di persecuzione. Montano discussioni, i toni si alzano, volano parole grosse: è il quinto atto.

CABALA NOSTRANA

Tra i giochi più tipici del Natale c’è sicuramente la Tombola, il gioco dell’estrazione dei numeri da 1 a 90 che spesso viene associato alla Smorfia napoletana, la tradizione tutta italiana che associa i numeri a immagini e figure, usata anche per ricavare dai sogni notturni numeri da giocare al lotto. Ogni numero corrisponde a una qualche figura della Smorfia e chi estrae i numeri accompagna ogni estrazione dichiarando l’immagine o il personaggio – il tutto tendenzialmente a sfondo sessuale – associato a quel numero: “77, le gambe delle donne”, “16, il culo”, “48, il morto che parla”, “90 la paura”. La cantilena soporifera che si crea è una tipica soundtrack del Natale italiano e viene spesso intervallata da battute e allusioni goliardiche ispirate dalle immagini in questione.

IL CINE-PANETTONE

Fine dicembre in Italia vuole dire anche un’altra cosa: il film di Natale. Da anni nei cinema italiani arrivano questi filmacci demenziali che, pur avendo un grande successo di incassi, sono visibilmente un tracollo estetico e culturale difficile da eguagliare. Il tono generale di questi film è quello della tipica commedia italiana anni ’80: topos ricorrente è quello dell’uomo di mezza età in vacanza che lascia la moglie a casa e corteggia signorine perennemente biotte, il tutto accompagnato da una colonna sonora tamarrona, tappi di champagne che saltano e si infilano negli orifizi, insulti omofobi, grande gusto per la volgarità ovviamente a sfondo sessuale. Originariamente il film di Natale era solo uno all’anno, vedeva la partecipazione di Christian De Sica e Massimo Boldi. Negli anni però i cine-panettoni si sono moltiplicati. Il male si aggrega.

 

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dan 25.12.16 - 10:52

Stereotipi grotteschi e completamente fuori dalla realtà. Va bene riempitivi, ma questo squallido post è tutto quello che avete? Già il Natale è un tumore sociale, e voi aggiungete questi penosi e inverosimili cliché alla baracca? Trash. Nient'altro.

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Giovanni Di Colere 25.12.16 - 10:13

Anche su questa seconda parte posso fieramente affermare: "assente!". Non mi appartiene questa italietta un po' ipocrita un po' macchiettistica.

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