Apocalisse a domicilio, il nuovo romanzo di Matteo B.Bianchi

Un giovane autore televisivo riceve, tramite il fratello, una profezia fatta da una sensitiva secondo la quale gli restano due mesi di vita. Torna Matteo B. Bianchi con un nuovo avvincente libro.

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Se escludiamo la favola di Natale Tu Cher dalle stelle uscita per Playground a dicembre 2006, erano più di quattro anni che ^BMatteo B. Bianchi^b non pubblicava un romanzo. Esattamente dal febbraio 2006 quando Baldini Castoldi Dalai aveva dato alle stampe Esperimenti di felicità provvisoria_int. Dopo tanta attesa, il 13 ottobre 2010 esce per i tipi di Marsilio Apocalisse a domicilio, un romanzo di 224 pagine (18 euro) che si legge tutto d’un fiato.

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Oltre che per i suoi romanzi, molti hanno conosciuto Matteo B. Bianchi "indirettamente" come autore per radio e tv: fondamentale il suo contributo alla trasmissione cult di Radio 2 Dispenser, il "distributore quotidiano di stimoli quotidiani" la cui redazione ha abbandonato da alcuni mesi. A settembre, chi lo conosce lo avrà notato nello spot che annunciava il ritorno su La7 di Victor Victoria, di cui è uno degli autori. Potete trovare la sua firma anche su alcune riviste: ultimamente ha avviato una collaborazione con GQ dove cura la sezione letteratura della rubrica Laboratorio esordienti in cui offre spazio a chi fa i primi passi nel campo della scrittura. E naturalmente gestisce un vivace blog raggiungibile attraverso il suo sito www.matteobb.com.
Nel campo della letteratura, fin dallo straordinario esordio del 1999 con il mitico Generations of love, Matteo B. Bianchi si è conquistato un ruolo da protagonista nel panorama della letteratura gay italiana, e non ha nessuna difficoltà a sentire parlare dei suoi libri come di letteratura gay. Anche se, come accade con il secondo romanzo Fermati tanto così, la tematica omosessuale decisamente esce dall’inquadratura centrale del libro.
Con questo suo terzo romanzo (sempre escludendo Cher e la raccolta di memorie Mi ricordo uscita nel 2004 per Fernandel) torna ad affrontare il tema gay, e non tanto perché il protagonista sia omosessuale, cosa tutto sommato secondaria rispetto allo svolgersi della storia tanto che potremmo parlare di Apocalisse a domicilio come di un romanzo "post-gay", cioè non centrato sulla descrizione del vissuto omosessuale o sulla rivendicazione di uno sguardo meno pregiudiziale sul mondo gay, ma piuttosto per il fatto che una sezione del romanzo, ambientata a San Francisco, contiene dei confronti poco lusinghieri per la società italiana tra la situazione dei gay nella metropoli americana e quella che vivono da noi.

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Al di là dei contenuti gay del libro, in Apocalisse a domicilio Matteo mette in campo tutta la sua arte per tenere incollato il lettore alla pagina, facendogli desiderare di sapere cosa accadrà al rigo successivo. E tutto questo intorno a una vicenda che, a descriverla brevemente, sembra tetra: un giovane autore televisivo riceve, tramite il fratello, una profezia fatta da una sensitiva secondo la quale non gli restano che due mesi di vita. In realtà lo svolgimento del romanzo ha un tono nient’affatto tetro, ma quello che la profezia scatenerà nella vita del protagonista è tutto da scoprire: svelare qualsiasi particolare della storia sottrarrebbe parte del gusto del libro, avvincente pagina dopo pagina. Meglio allora parlare con l’autore per capire qualche "retroscena" del romanzo.

Matteo, ci racconti la genesi del libro?
Ci ho messo un bel po’ di tempo per scrivere Apocalisse a domicilio, e a lungo ho avuto un rapporto conflittuale con questo romanzo, forse perché è molto diverso da quelli che lo hanno preceduto. È diverso perché ho usato un modo di scrivere diverso, ma anche perché ho fatto un esercizio di straniamento molto forte: negli altri miei romanzi io ero molto presente, sia come personaggio sia nei miei gusti, nelle mie scelte. Il protagonista di Apocalisse a domicilio, invece, vive cose piuttosto lontane da me. Insomma, scriverlo mi è costata molta fatica tanto che, arrivato poco oltre la metà, l’ho mollato. Mi ricordo il giorno in cui al Festival della letteratura di due anni fa incontrai il mio agente e gli dissi che avevo deciso di smettere di scrivere quel libro e di ricominciare con un altro, vedo ancora la sua faccia che si crepa mentre gli parlo! Poi, attraverso percorsi personali, sono tornato sui miei passi e sono arrivato in fondo e oggi sono molto contento di averlo terminato.

C’è qualcosa in particolare che ti ha convinto a scrivere questo libro?
Perché si scriva un libro è la "domanda delle domande", si può rispondere in maniera molto intellettuale oppure molto patetica. Facendo questo mestiere, mi vengono spesso idee, che spesso nascono con un formato preciso, cioè come racconto breve, racconto lungo, romanzo, oppure cortometraggio, testo teatrale e così via. Nel caso dei romanzi, l’impegno per portarli a compimento è un impegno a lungo termine, almeno per me che non sono particolarmente rapido – fai conto che per scrivere questo ci ho messo due anni e mezzo – quindi vuol dire trascorrere molto tempo a sviluppare quella idea, perciò deve trattarsi di un’idea molto convincente. Dopo Esperimenti di felicità provisoria avevo due o tre idee per un nuovo romanzo e questa è l’unica che ha resistito. Poi c’è anche da dire che ho superato i 40 anni e quindi mi sento più vicino ad altre tematiche, tematiche più mature anche se trattate con una sensibilità che è sempre laterale, considerando un punto di vista inedito. Sarà anche per questo che sono finito a scrivere un libro che parla di morte anche se poi la morte è assente…

Parliamo del capitolo "americano" in cui affronti con spirito quasi da attivista alcune questioni riguardanti i diritti degli omosessuali. Una svolta verso la scrittura militante?

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Credo che per una persona che si occupi di cultura in Italia e che sia vicina alle tematiche omosessuali sia impossibile non parlare dello stato di arretratezza del nostro paese in tema di riconoscimento dei diritti. Nel capitolo di cui parli, il protagonista confronta la sua esperienza a San Francisco, dove molto cose che riguardano i gay sono considerate assolutamente normali, con quello che accade da noi dove vengono viste come cose di un altro pianeta. Ho inserito questo confronto con uno spirito fortemente critico: è inconcepibile che ancora oggi siamo a discutere se riconoscere i diritti delle coppie non sposate, siamo ancorati a dei livelli di razzismo inammissibili.

Nel libro c’è un uso piuttosto particolare dei pronomi personali, nel senso che usi il "tu" della seconda persona per le parti riferite al protagonista, la prima persona per quelle della sensitiva mentre per il fratello del protagonista usi la terza persona…
Sì perché nel libro ci sono tre punti di vista diversi sulla vicenda. Utilizzare la seconda persona per il protagonista in effetti è una scelta non molto utilizzata in letteratura mentre ad esempio ricorre spesso nel rock, se ci pensi molte canzoni sono scritte così. Era tanto che volevo fare una cosa del genere e in questo caso mi è sembrato particolarmente adatto innanzitutto perché il protagonista non ha un nome e poi perché, dal momento che il libro tratta una tematica piuttosto forte e che riguarda tutti, è un po’ come parlare direttamente al lettore. La scelta della terza persona per il fratello è dovuta al fatto che il suo è un po’ il punto di vista più oggettivo, mentre la sensitiva rappresenta l’aspetto surreale del romanzo, una figura carica di ripensamenti, molto poco pacificata con le sue capacità, e mi interessava restituire una figura realistica nella sua fragilità.

Il fatto di scrivere anche per la tv, ha contaminato il tuo modo di affrontare la letteratura?
Io penso di essere uno dei pochi che ha attraversato qualsiasi campo della scrittura: ho cominciato nella pubblicità, ho scritto cortometraggi, lungometraggi, ho scritto per la radio, cosa che richiede delle caratteristiche molto precise di leggibilità e scorrevolezza, per la televisione, per i giornali e anche ovviamente per i libri. Mi piace pensare che la scrittura può essere uno strumento che accordi a seconda degli ambiti in cui lo eserciti e credo che sia una fortuna avere l’opportunità di esercitarlo in tanti ambiti diversi. Se devo dire una cosa che mi porto dietro dalla tv è l’esigenza del ritmo, credo che i miei libri abbiano molto ritmo, non hanno lunghi capitoli pieni di digressioni ma capitoli brevi, facili da leggere. Questo forse è un concentrato di quello che mi deriva dalla radio e dalla televisione.

Cercando di svelare il meno possibile del romanzo, possiamo dire che la sessualità ha un ruolo centrale nel libro. Ce ne puoi parlare?
C’è un capitolo fondamentale del libro in cui il protagonista spiega gli aspetti morbosi della sua sessualità: si tratta di una scelta provocatoria. Io credo che il tema centrale del libro sia la morale individuale. Voglio dire che ciascuno di noi ha un’etica che persegue e che può essere non condivisa. Anzi spesso certe scelte etiche personali vengono fraintese dagli altri e avversate: lo stesso capita al protagonista che fa una scelta morale molto precisa ma che ha molte difficoltà nel momento in cui la propone agli altri. Alla fine però, quando ti sforzi di capire quella scelta che ti sembra così campata in aria, ne cogli il senso molto profondo. Ecco, io ho cercato di usare il sesso come elemento di etica personale, mi incuriosiva provare a indagare questo rapporto tra sesso e morale, anche se il libro non fa questo precisamente.

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