"La scoperta di Copi da parte mia avvenne piu’ di vent’anni fa: col suo cattivissimo ‘Evita Peron’ ridonammo un futuro al Teatro della Tosse dopo un periodo di forte crisi". Risale agli anni ’80 il primo incontro di Tonino Conte con l’arte fumettistico-teatrale di Copi (alias Raul Damonte, 1939-1987), primo passo di un percorso che arriva fino a oggi, con la messa in scena, prodotta ancora dal Teatro della Tosse, del cult "L’omosessuale o la difficolta’ di esprimersi" al Piccolo Eliseo di Roma fino al 16 dicembre, preceduto come primo atto da "Il pollo e la sua mamma (in piedi e seduta)", con la regia di Amedeo Romeo.
Protagoniste dell’azione de "L’omosessuale" sono tre donne dal sesso incerto, in una Siberia surreale e cechoviana, che straparlano di tutto e non comunicano reciprocamente niente di importante, di vitale.
Quale aspetto del teatro di Copi ha privilegiato nella messa in scena?
"Ho dato retta alle battute di Copi – spiega Conte – e non ho sottolineato il carattere smaccatamente ironico o pungente delle battute. Semmai ho privilegiato la grande melanconia che accompagna la situazione, dando a quel sentimento di incomunicabilita’ degli omosessuali un valore assoluto, proprio dell’essere umano in generale, sempre conivolto in chiacchierate, mai in vere confessioni dell’anima: lo spettacolo si chiude sulla bocca spalancata di una di loro, una bocca spalancata che non dice assolutamente nulla".
Alle attrici protagoniste, Lisa Galantini, Susanna Gozzetti, Simona Guarino, Carla Peirolero e Cecilia Vecchio ha chiesto una specie di doppio travestimento.
"In effetti sono cinque donne che fingono di essere uomini che fingono di essere donne. Un gioco alla ‘Victor Victoria’, insomma. Ma la finzione va oltre: immerse in una Siberia dell’assurdo, con costumi surreali, non reciteranno, nel senso letterale della parola, ma assumeranno le fattezze e le sofferenze taciute di ognuno di loro".
Pensa che il teatro di Copi resistera’ nel tempo, e pensa di mettere in scena qualcosa di nuovo di questo autore?
"Penso di aver chiuso il cerchio, con questo spettacolo. Non avrei piu’ molto da esplorare nel teatro di Copi. Comunque penso che il suo anti-messaggio, il suo mettere in scena l’incapacita’ umana di rapportarsi col se’ e con gli altri sia il carattere fondamentale del teatro di Copi, quello che lo fara’ sopravvivere per molti anni ancora".
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