L’eredità coloniale ha distrutto i diritti LGBT d’Africa e Asia

Interi continenti furono plasmati a immagine e somiglianza delle madrepatrie. Anche in tema di persecuzione dell'omosessualità.

africa lgbt
4 min. di lettura

La scoperta dell’America diede avvio a una progressiva espansione europea volta a colonizzare le nuove terre. Una colonizzazione senza precedenti: interi continenti furono plasmati immagine e somiglianza delle madrepatrie. Non solo usi e i costumi: il vero terraformante fu il sistema giuridico. Le nazioni europee importarono le proprie leggi, forti della loro superiorità morale, senza badare minimamente alle tradizioni locali. Alla fine dell’Ottocento quasi la totalità delle terre emerse sottostava a leggi di stampo europeo. Mezzo secolo dopo, al termine delle due guerre mondiali, i grandi imperi si sbriciolarono l’uno dopo l’altro, miriadi di nuovi stati si resero indipendenti e dovettero riorganizzare il proprio assetto istituzionale. Molti di loro mantennero in vigore il diritto penale, per incapacità di riforma o per semplice comodità del dittatore di turno. Diritto che spesso puniva l’omosessualità. Un’eredità che ancora oggi, in molte parti del mondo, minaccia la vita di tantissime persone.

Gli stati europei erano stati solerti, anche con l’aiuto della Chiesa, nell’individuare sin dai secoli bui leggi per la tutela della morale cristiana. La cosiddetta sodomia rientrava naturalmente nel novero del moralmente inaccettabile: dalle tribù africane del Congo fino agli indigeni d’Australia il concetto andò diffondendosi grazie alla diffusione della moralità europea, soprattutto laddove l’omosessualità (e la libertà sessuale in sé) era ampiamente accettata nella società.

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Ad esempio, nell’Inghilterra vittoriana, era previsto il carcere per chi intrattenesse relazioni omosessuali: Oscar Wilde, reo di gross indecency, fu uno dei tanti a subirne gli effetti. Le colonie non potevano che adeguarsi alla legge della madrepatria: per questo motivo, l’omosessualità era illegale in tutto l’Impero. Sopravvissuta alla dissoluzione della gloria britannica, la norma resta in vigore ancora oggi in ex colonie come India e Singapore. Sebbene sia scarsamente applicato, un simile residuo normativo potrebbe legittimare una maggiore discriminazione in qualsiasi momento.

Diverso fu il destino delle colonie americane: la distruzione completa delle culture precolombiane spianò la strada agli europei, i quali rimodellarono completamente quelle terre. L’indipendenza degli stati precedette il periodo di massima espansione coloniale, ma la loro era, ormai, una cultura pienamente europea: ciò spiega perché il riconoscimento dei diritti LGBT sia avvenuto di pari passo con l’Europa.

In Africa, neanche un centimetro quadrato fu risparmiato dalla colonizzazione: per quattro secoli si gareggiò per spartirsi il continente e imporre il proprio dominio, che si riflette ancora in molte leggi in vigore. L’Angola punisce ancora oggi l’omosessualità (con i lavori forzati) come atti contro la pubblica morale, in virtù di leggi promulgate nel lontano 1886 dai portoghesi. In Sierra Leone, l’omosessualità maschile è criminalizzata sulla base del codice penale del 1861, di matrice inglese. Le isole Mauritius, vecchie dipendenze della Francia, prevedono una condanna di cinque anni ai lavori forzati per sodomia, in virtù della Sezione 250 del codice penale del 1838.

Dove il diritto non arriva, ci pensa la religione: Cattolicesimo e Islam hanno riempito spesso le lacune normative o inasprito quanto dettato, cercando di affermare il proprio potere nei popoli. La Nigeria, ex colonia britannica, prevede il carcere per chi è reo di atti omosessuali, ma negli stati in cui la Sharia è fonte di diritto si applica la morte; lo stesso accade in Mauritania, dove le corti islamiche sono legittimate dallo scarso potere statale. In Tunisia, le forze laiche e progressiste si stanno battendo per la rimozione del reato di omosessualità, previsto dal vecchio codice penale franco-tunisino del 1913.

Pochissimi stati post-coloniali africani hanno compiuto sensibili progressi nel riconoscimento dei diritti e le persone LGBT continuano a vivere nell’oscurità, per mancanza di tutela contro le discriminazioni, anche laddove non esiste reato. Solo in Sudafrica, infine, è riconosciuto il matrimonio egualitario.

Gli altri paesi hanno provveduto solamente a ricopiare le norme precedenti nei nuovi codici penali nazionali, lasciando spesso incertezza: sempre nelle Mauritius, l’omosessualità è de jure criminalizzata ma de facto accettata, tant’è che da qualche anno si celebra pure il Gay Pride. I meno tolleranti, invece, hanno aumentato la repressione sfruttando i vuoti normativi, colmandoli con la morale religiosa (il “laico” Egitto di Mubarak e Al-Sisi ne è un ottimo esempio).

L’atteggiamento contrastante (anche se tendenzialmente negativo) dei paesi africani e mediorientali non è altro che diretta conseguenza di scellerate politiche passate. Le colpe dell’Europa imperiale sono ormai risapute e pronte a manifestarsi in tutta la loro drammaticità. La persecuzione dell’universo LGBT è una di queste, e non a caso nasce proprio dove per secoli regnò l’oppressione. Decolonizzare implica necessariamente cacciare il colonizzatore con i suoi ideali e non v’è nulla di più europeo, ad oggi, della libertà di essere e di amare. Jean-Paul Sartre, commentando la Guerra d’Algeria, disse: “È il momento del boomerang, il terzo tempo della violenza: essa ritorna su di noi, ci percuote e, mica più delle altre volte, noi non capiamo che è la nostra. I «liberali» restano storditi: riconoscono che non eravamo abbastanza gentili con gli indigeni, che sarebbe stato più giusto e prudente accordar loro certi diritti nei limiti del possibile”.

Ritorno di fiamma apparentemente inevitabile: nemmeno i mea culpa possono fermare la Storia, e a pagarne le conseguenze saranno ancora una volta i più deboli.

LEGGI ANCHE: Il colonialismo inglese ha diffuso l’omofobia nel mondo? > >

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Giovanni Di Colere 29.8.16 - 12:29

Articolo vaneggiante scritto con ideologia ritrita terzomondista e del mito del buon selvaggio. Essere come l'Arabia il bordello di uomini in cerca di rapporti omosessuali non significa essere a favore dei gay ma esattamente il contrario. In tutti i Paesi arabi da sempre l'omofobia è violentissima i codici penali hsnno solo trascritto ciò che i tribunali musulmani già decidevano e cioè condanna a morte per i gay. Cosa valida anche oggi galera impiccagione fucilazione o lapidazione. Che vergogna difendere gli omofobi con del giustificazionismo. Io ho molti amici arabi gay scappati da Siria Iran Palestina tutti perché minacciati di morte dai parenti.

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    Luca G 30.8.16 - 15:15

    "Ideologia ritrita terzomondista" ?, potrebbe definire questo concetto, se ne é capace? Questo articolo introduce un concetto di "decolonizzazione" che non ha niente a che fare con l'"omofobia nei paesi arabi", il fatto che lei abbia amici arabi gay "scappati di casa" che cosa c'entra ? Anche io ho tanti amici gay scappati di casa, ma italiani. Il suo é l'ennesimo commento inutile, insulso, pieno di astio, di ignoranza e di luoghi comuni che non portano a nulla, anzi RALLENTANO il dibattito progressista. Bravo all'autore, mi piacerebbe conoscere le fonti o libri di riferimento.

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    Luca G 30.8.16 - 15:21

    "Ideologia ritrita terzomondista" ?, potrebbe definire questo concetto, se ne é capace? Questo articolo introduce un concetto di "decolonizzazione" che non ha niente a che fare con l'"omofobia nei paesi arabi", il fatto che lei abbia amici arabi gay "scappati di casa" che cosa c'entra ? Anche io ho tanti amici gay scappati di casa, ma italiani. Il suo é l'ennesimo commento inutile, insulso, pieno di astio, di ignoranza e di luoghi comuni che non portano a nulla, anzi RALLENTANO il dibattito progressista. Bravo all'autore, mi piacerebbe conoscere le fonti o libri di riferimento.

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      Giovanni Di Colere 30.8.16 - 19:34

      Io ci ho vissuto per anni e lavorato e loro stessi ti dicono che è così basta conoscere la situazione. Io non farei paragoni che offendono gente che rischia le frustate e l'impiccagione, con il gay italiano di provincia che scappa dalla famiglia che non lo accetta. Speriamo che la situazione grazie ai social media, al network, alle lotte migliori. Ma affermare che l'omofobia non fosse presente prima della colonizzazione, è una castroneria basta studiare la storia del popolo arabo usi e tradizioni. I gay ci sono in ogni società come studiato fin dai tempi del rapporto Kinsey in ogni zona geografica, in società evolute e arretrate, moderne e non moderne. L'omofobia è diffusa anche in Paesi che hanno la legge sul matrimonio. La situazione attuale di molti Stati africani anche cristiani, degli stati musulmani e persino della russia prevede purtroppo la discriminazione dei gay per legge e leggi che puniscono penalmente fino alla condanna a morte. Questo perché non sono democrazie liberali in cui i diritti civili e umani vengono rispettati, indipendentemente dal fatto che sia una maggioranza o no ad essere d'accordo. Non so cosa sia il dibattito "progressista" al momento più che una ideologia io parlo di una realtà basta andare là a vedere.

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        Luca G 30.8.16 - 23:59

        Un dibattito progressista é un dibattito che accoglie nuove idee e nuovi punti di vista e che non insiste sui soliti luoghi comuni contro gli arabi, come dire che "in tutto il mondo arabo l'omofobia è da sempre violentissima" come se nel mondo occidentale e cattolico non fosse stata caratterizzata dalla stessa violenza sino a pochi anni fa... Nell'articolo non si afferma che che l'omofobia non fosse presente prima della colonizzazione. Studiare la storia del "popolo arabo" (immagino che intenda parlare degli abitanti della "Lega degli stati Arabi") é sicuramente importante ma questo articolo si parla di come gli europei abbiano esportato e impiantato in TUTTO il mondo ( e solo in minor parte in quello che lei definisce "arabo") un modello machista, fallocrate e omofobo. E che la penalizzazione dell'omosessualità a livello legale sia spesso un lascito europeo. Forse lei dovrebbe documentarsi di più sulla storia coloniale senza screditare i rari Giornalisti che hanno il coraggio di parlarne. A parlare male degli arabi ci pensano già tutti gli altri giornalisti incompetenti che scrivono e parlano su tutti i nostri mass-media.

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          Giovanni Di Colere 31.8.16 - 9:59

          Non ho bisogno di documentarmi purtoppo conosco molto bene la storia del colonialismo e i suoi aspetti negativi inclusi quelli del post colonialismo forse peggiori del colonialismo stesso. La storia del popolo arabo della lingua dalle origini dai primi secoli dopo cristo alla espansione in tutto il mondo attuale di lingua e cultura araba l'ho già studiata. La realtà è questa e negarla mi pare inutile prima ancora che errato e il modello machista non è stato esportato dal mondo occidentale ma era ed è ancora ed è sempre stato ben radicato in tutte società mentre noi abbiamo ora un modello opposto dei diritti civili delle libertà dell'uguaglianza inclusa ovviamente quella della donna che invece là è sottomessa. Non sono generalizzazioni è così e negarlo non contribuisce alla risoluzioone. Molte donne molti gay molti giovani lottano contro questo modello radicale speriamo tutti che un giorno ci sia il loro illuminismo il loro umanesimo nel frattempo per i gay c'è ancora odio sociale prima ancora che condanna pensle.

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          Luca G 31.8.16 - 11:03

          Se conoscesse bene la storia del colonialismo saprebbe allora che la citata "filosofia illuminista" é proprio all'origine del concetto di razzismo e di inferiorità etnica. Concetto esportato in tutto il mondo. Comunque il mio intento non era quello di farle una lezione di anticolonialismo, della quale avrebbe bisogno, ma di difendere un articolo audace e, seppur non esauriente, inconsueto.

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