Gender Bender, la danza di Charnock e la “soggettiva” lesbo

Sempre molto variegato il festival interdisciplinare bolognese Gender Bender: la danza di Nigel Charnock, un cine-focus sul Giappone e le lesbo proposte di "Soggettiva". Dal 29 ottobre al 5 novembre.

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Tra i festival queer italiani, è senza dubbio la manifestazione culturalmente più trasversale e la più attenta alla ricerca e alla sperimentazione all’interno del concetto di ‘genere’. Stiamo parlando del bolognese Gender Bender, promosso dal gay e lesbian center del Cassero, ideato e diretto da Daniele Del Pozzo. La nona edizione è in programma dal 29 ottobre al 5 novembre.
Come sempre d’impatto l’immagine scelta per il manifesto, un’androgina "Traviata Norma" che è un omaggio all’omonimo spettacolo d’avanguardia messo in scena da Mario Mieli trentacinque anni fa ma, come spiega Del Pozzo, anche “una chiave di lettura dell’Italia di oggi, un Paese continuamente in bilico tra melodramma d’accatto e figure illuminate”.

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Così, per onorare i 150 anni dell’Unità d’Italia, “in un momento in cui c’è poco da festeggiare”, il party inaugurale è nientemeno che un "Gran Ballo della Traviata" che promette lieti calici in un "vortice di valzer, crinoline, redingote, candelabri e champagne a fiumi" ma a osservare l’innovativo programma del festival, davvero proiettato nel futuro, sembra che la Gran Dama abbia soprattutto il desiderio di cambiare guardaroba e modo di pensare.
Sempre molto ramificato e divergente, il Gender Bender offre innumerevoli possibilità d’approccio: la sezione danza/teatro  pare imperdibile, con la prima nazionale di "One Dixon Road", un assolo di canto e ballo sfrenati per la nuova produzione del coreografo e danzatore inglese Nigel Charnock, fondatore della storica compagnia inglese DV8 Physical Theatre.

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Incuriosisce "Non è mai troppo tardi" di Silvia Gribaudi, performance dedicata a donne ultrasixty, ma ci sono anche i lavori di Daniel Abreu ("Equilibrio"), Cristian Ceresoli, Marcela Serli e delle compagnie Lost Dog, Tabea Martin e Ricci/Forte.
Sarà il Giappone al centro di un interessante focus nella variegata sezione cinematografica. Potremo scoprire due figure iconiche sconosciute da noi: Miwa Akihiro, attrice gender dei massimi registi nazionali (Ozu, Kurosawa, Oshima, Mizoguchi, ecc.) diventata una personalità di culto amata da milioni di fan attraverso cinquant’anni di onorata carriera. Ne ricostruisce vita e miracoli sul set l’emergente regista francese Pascal Alex-Vincent ("Donne-moi la main") nel documentario "Miwa, a Japanese icon".

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Grazie a Daishi Mashunaga si farà luce su Pyuupiru, artista transgender giapponese costantemente in esplorazione della propria identità attraverso un lavoro di modellamento progressivo del corpo e del suo ‘fashion code’.
L’adorato porno-attore Sagat, ormai sdoganato nel cinema d’autore, sarà il protagonista di un documentario omonimo firmato da J. Roche e J. De Oliveira e si potrà recuperare l’irrisolto "Homme au bain" di Honoré con Sagat protagonista (tra gli altri titoli presentati vi consigliamo il delicato "Ausente" e la stilosa opera seconda di Xavier Dolan, "Les amour imaginaires").

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Tra i doc italiani, segnatevi l’anteprima di ‘Essere Lucy’ diretto da Gabriella Romanosulla straordinaria storia vera di una trans bolognese nata nel 1924 che sarà presente insieme alla protagonista lunedì 31 ottobre alle 20.30 presso il cinema Lumière.
Nella sezione "Conversazioni" spiccano i nomi di Walter Siti, Lidia Ravera e Alessandro Fullin ma tra i titoli più accattivanti c’è anche "BrucExploitation", monografia del proteiforme regista/fotografo/performer underground Bruce Labruce con alcuni suoi scatti inediti, curata da Cosimo Santoro e Giuseppe Savoca per Atlantide Entertainment e Queer Frame.

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Sempre più stretta è la collaborazione di Gender Bender con Soggettiva, il festival di cultura lesbica contemporanea arrivato alla sesta edizione, curato e organizzato dall’associazione ArciLesbica Bologna e da un lustro gemellato con la creatura di Del Pozzo. Molte le anteprime italiane di film a tematica saffica tra cui la fantacommedia in bianco e nero "Codependent lesbian space alien seeks same" di Madeleine Olnek. Occhio al doc d’autore "Hit So hard" di P. David Ebersole sulla storica band di Courtney Love filtrata dallo sguardo della batterista lesbica Patty Schemel (c’è pure un brano inedito di Kurt Cobain).
Nel percorso arti visive si darà spazio al lavoro di Marta Dell’Angelo incentrato sulle relazioni tra corpo e codici sociali e alle fotografie artistiche di Francesca Woodman e Luca Donnini.

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