Una mostra potente, abbagliante, a tratti assordante per la sua forza espressiva. La summa preziosa di un’intera carriera dedicata all’arte, all’idea di coppia, al desiderio di provocare e stupire. Al Castello di Rivoli, fino al 13 gennaio, è possibile ammirare ‘Gilbert & George. La grande mostra’ (catalogo Skira), curata da Jan Debbaut, ex direttore delle Collezioni della Tate, e Ben Borthwick, assistente curatore alla Tate Modern. Si tratta del più esaustivo allestimento mai realizzato su G & G, circa centocinquanta opere dagli anni Settanta a oggi, comprensiva di un’ampia selezione di materiale d’archivio relativo agli esordi e proveniente dalla loro collezione privata.
Geniale duo di artisti ultrasessantenni vincitori del Turner Prize nel 1986, l’italiano Gilbert Prousch (è nato a San Martino in Badia,
provincia di Bolzano) e l’inglese George Passmore, di un anno più anziano, sono considerati gli artefici della rivoluzione del concetto di scultura, arrivando a definire se stessi come ‘sculture viventi’ (all’inizio si esibivano con faccia e mani dipinte d’oro). La loro celebre ‘Singing Sculpture’ ha fatto il giro del mondo e alla lecture di cui sono stati protagonisti a Rivoli hanno cantato il loro cavallo di battaglia ‘Underneath the Arches’ dedicato ai barboni mantenendo la loro rigida imperturbabilità da gentlemen irreprensibili. Hanno inoltre spiegato il loro metodo di lavoro che si confonde con la vita privata: abitano dove hanno lo studio, staccano alle sette, cenano quasi sempre nello stesso posto. Alla
domanda “pensate che la vostra arte sia profetica?” rispondono stupiti che il concetto stesso di arte è connesso col passato, il presente e il futuro e loro hanno semplicemente più tempo per guardare negli occhi gli altri: “È profondo e doloroso creare le nostre opere. Ci consideriamo molto tristi, quasi disperati. Non abbiamo amici”.
Spesso presenti a figura intera nelle loro realizzazioni, Gilbert & George hanno una concezione populista dell’arte che deve essere “per tutti”. I temi affrontati nei grandi pannelli dai colori squillanti, spesso divisi in riquadri come certe vetrate gotiche, in cui abbondano le simmetrie centrate, sono i più vari, ma spicca l’argomento Aids (“tutti
i nostri amici stavano morendo e così ci siamo trovati di fronte la fine di una vita ogni singolo giorno. Pensiamo che questo abbia esercitato un forte impatto su di noi”). Questo soggetto ha ispirato le opere più trasgressive della serie ‘The Naked Shit Pictures’ che potrebbero urtare i più sensibili. L’omofobia è un altro dei temi presenti nel loro lavoro e spesso viene trattata ritraendo ragazzi di colore (“non sapete cos’è un chichiman? È il modo in cui ti chiamano nei paesi caraibici prima di ucciderti, perché sei un omosessuale. La stessa parola è usata nelle canzoni rap: ‘Kill the chichiman’ ossia uccidi il ‘chichiman’”).
L’ossessione per i mercenari del sesso è sublimata nella raccolta del 2001 ‘The New Horny Picture’ in cui le inserzioni delle marchette sono codificate e raggruppate in vari modi: è quasi una tombola carnale l’imponente ‘Named’, in cui novanta annunci gay
sono disposti in altrettanti cerchi di un’enorme griglia simile alle cartelle del bingo. Tra gli sfizi divertenti, gli adesivi e le cartoline di cui sono collezionisti: la Regina, l’architettura inglese, le foto di famiglia. Meno interessanti, invece, si rivelano i video prodotti per la BBC in cui si vedono lunghi piani sequenza degli artisti in piedi davanti a una finestra oppure seduti in un parco sotto un albero. Rimarchevoli sono però i lavori incentrati sui graffiti e quelli dedicati all’alcol quali ‘Bloody life’, ‘Mental’ e ‘The Dirty Words Pictures’. Le opere più sconvolgenti sono quelle dell’ultima parte della loro carriera, le ‘Six Bomb Pictures’, definite dagli artisti stessi le “più agghiaccianti eseguite fino ad oggi” e ispirate all’attentato alla metropolitana di Londra del 7 luglio 2005.
G & G sembrano due adorabili vecchietti inglesi, malinconici ma sicuri di sé e c’è qualcosa di sacrale nella loro opera realizzata nel corso di più di quarant’anni. Ma a rivelare il loro profondo umanesimo non è solo la critica feroce alla Chiesa Cattolica, la rabbia contro il rifiuto all’abbattimento dei tabù, il j’accuse contro tutte le intolleranze: è la rigorosa organizzazione del loro corpus, la precisione geometrica delle loro ‘sculture’, la violenza di immagini dai colori vividi in cui gli esseri umani vengono visti come fiori destinati a sfiorire precocemente. Occhio alle opere ‘nascoste’ nel sottotetto.
Assolutamente imperdibile.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.