"Volevo comportarmi come un terrorista". Così l’artista di strada Homo Riot, pseudonimo dietro il quale si cela un creativo emergente nato in Florida ma residente a Los Angeles, definì tre anni fa l’apparizione massificata, per le strade della sua città, di opere grafiche incollate su muri e lampioni con immagini stilizzate di uomini barbuti, con trucco punk intorno agli occhi in stile Gene Simmons dei Kiss, nell’atto di baciarsi. Era la sua risposta artistica alla sciagurata Proposition 8 che abolì nel novembre 2008 i matrimoni gay in California: "Ho voluto reagire in quel modo. Homo Riot stava solamente dicendo qualcosa".
Tre anni dopo, i matrimoni omosex sono arrivati nello stato di New York ma in California, dopo la bocciatura del divieto arrivata nel 2010, bisognerà aspettare il pronunciamento della Corte Suprema. Nel frattempo Homo Riot è tornato a farsi notare con la mostra Fist Pump alla galleria losangelina "Hold Up Art", lanciando una campagna a livello transnazionale, Global Homo Riot, per diffondere la sua arte nel mondo "con lo scopo di portare visibilità agli omosessuali nella tua comunità e far sapere che i loro sostenitori sono ovunque".
Per partecipare a quest’operazione, definita da Homo Riot con una certa enfasi "l’avventura potenzialmente più eccitante e adrenalinica della tua vita", basta iscriversi via Internet nei tempi indicati da Homo Riot per ottenere le sue opere da diffondere ovunque. Nella prima sessione istituita tra l’1 e il 30 settembre, bastava collegarsi al sito registrandosi e inviando una mail a homoriot@gmail.com. Homo Riot ha garantito che tornerà a proporre presto l’iniziativa.
Effettivamente la comunicazione virale ha già prodotto qualche effetto, e gli stickers gay di Homo Riot si sono già visti appiccicati sotto l’Empire State Building e davanti alla piramide del Louvre. Ma qual è il confine, in questo caso, tra espressione artistica e vandalismo? Può essere utile alla visibilità gay o rappresenta un mezzo invasivo e scorretto? Lo stesso Homo Riot ha consigliato di ‘stare attenti’ e di non mettere gli adesivi ‘né su abitazioni private né automobili’ma l’intera operazione appare quantomeno controversa.
Tanto più che tra gli stickers e i manifesti di Homo Riot appaiono anche immagini decisamente forti, come quella di una mano maschile che stringe due enormi testicoli o un uomo mascherato che orina sul D.O.M.A., il Defense of Marriage Act firmato da Clinton nel 1996, legge federale che blinda il matrimonio etero, e sul Don’t ask don’t tell che escludeva la visibilità glbt soprattutto nell’esercito, abrogato da Obama il 20 settembre di quest’anno.
È solo una provocazione sterile o porta con sé un messaggio che può in qualche modo essere utile alla comunità? Si può parlare di arte alla stessa stregua dei graffiti e murales di talenti riconosciuti quali Keith Haring e Basquiat? La battuta è vecchia ma ficcante: "Ai poster l’ardua sentenza".
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