In occasione della Pride Week milanese, giovedì 27 giungo lo spazio DANCEHAUSpiù ospita la mini-rassegna “Bodies at the borders”, con la performance “Poz!” di Matteo Sedda. Lo spettacolo del giovane danzatore contemporaneo Matteo Sedda, che dal 2015 collabora con l’artista visivo Jean Fabre e il coreografo Enzo Cosimi, è un viaggio, un racconto poetico che, servendosi del corpo, riporta la luce su una storia fatta di resistenza e malessere.
Matteo si presenta in scena come creatura ibrida, né maschio né femmina. Accoglie il pubblico mostrando e svuotando parti del corpo riempite di bottiglie di medicinali antiretrovirali (grazie a un particolare costume di scena). Ingurgitare pillole/caramelle dalle diverse forme e colori, in diversi tempi fittizi e reali, è il leitmotiv che accompagna il pubblico per tutto lo spettacolo. Le bottiglie e il tempo scandiscono il ritmo della narrazione mentre il protagonista gioca a costruire universi, a farsi specchio dei tanti volti noti, uomini e donne, che di sieropositività sono morti.
Fino ad arrivare ad ammettere la sua sieropositività a volto scoperto. Il corpo di Matteo Sedda diventa così politico e il coraggio dell’autodenuncia si trasforma in forza della condivisione di un messaggio di speranza.
«Tre anni fa ho scoperto di essere sieropositivo. Da un giorno all’altro mi sono ritrovato a combattere la mia battaglia più difficile. Ero perso a tal punto da voler lasciare il mio lavoro, il teatro. Una delle cose più difficili era nascondere questa sofferenza agli occhi di tutti i miei amici. Un giorno lessi un articolo di Jeff Leavell in cui scriveva “When I found out I was positive, I made a promise to myself and to All Those men who died That it would have meaning. I was going to take this and make something out of it”.
Quel giorno è nata l’idea per POZ!, spettacolo in cui prendo tutto il male che porta con sé l’HIV e cerco di capovolgerlo, trasformandolo in qualcosa di magico, con un messaggio vitale e positivo di amore». Così Matteo ci spiega quanto il suo lavoro sia radicato in una coscienza della sopravvivenza, nelle emozioni più impalpabili. Il centro della sua pratica si basa sullo scambio e sulla condivisione, il suo lavoro va oltre l’autobiografia perché parla al cuore di tutti.
Quando gli chiediamo dove ha trovato il coraggio di portare in scena la sua storia, seppur reinterpretata in chiave artistica, racconta «Sono partito dal mio diario personale scritto subito dopo la scoperta della mia sieropositività in cui ho racchiuso riflessioni sul rapporto con la mia famiglia e nello specifico con mia madre, oltre che miei sfoghi sulla pressione mentale e sociale che il virus porta con sé. E ho unito la mia intimità a quella di grandi artisti che hanno già affrontato il problema prima di me. Mi sono ispirato a Derek Jerman, regista e sceneggiatore britannico, e al suo cinema narrativo dirompente. In particolare al suo ultimo film “Blue”, girato quando le complicazioni dovute all’Aids l’avevano reso cieco.
Ho rintracciato molti stimoli anche nell’opera “Untitled (Portrait of Ross in L.A.)” di Felix Gonzalez-Torres, artista omosessuale attivo nella causa contro l’HIV, che pone montagne di caramelle a libero consumo del pubblico. Il peso di quei cumuli di caramelle rappresenta il peso specifico del suo compagno morto di AIDS. Il pubblico mangiando le caramelle si mette nella stessa posizione della malattia che lo divorò per anni sino a portarlo alla morte. Quell’installazione ha inspirato l’uso delle caramelle in POZ!, metafora del farmaco antiretrovirale che devo assumere quotidianamente affinché il virus non si trasformi in malattia».
La scoperta della sieropositività ha stravolto la vita di Matteo, ma quello che porta in scena a Milano non è uno spettacolo triste, al contrario è una danza di gioia. Bisogna dirlo. Il pugno allo stomaco durante tutti i cinquanta minuti certamente non manca, ma POZ! è un inno alla vita in tutte le sue sfaccettature, dalla più lucente e infantile, a quella più oscura e terrificante. POZ! è una performance in cui il malessere di un giovane sieropositivo si trasforma in un cammino iniziatico alla riscoperta della luce. «Anche se non è molto di moda parlare di sieropositività ho voluto farlo per dire grazie a chi è venuto prima me, a tutte quelle persone che ci permettono di andare avanti oggi. Chiudersi in se stessi rende più facile la stigmatizzazione. Dirlo agli altri invece dà la possibilità di non essere più soli».
POZ!, 27 giugno 2019 c/o DANCEHAUSpiù di Sussanna Beltrami, via Tertulliano 70, ore 21
Tickets:
info|prenotazioni:
promozione@dhpiu.com
www.dhpiu.com
Ridotto UNDER35 / tessera arcigay euro 10 / Intero euro 15
Regia e coreografia: Matteo Sedda
Drammaturgia e assistente alla regia: Alessandra Ferreri
Costumi: Maarten Van Mulken e Tom Vanderborght
Scenografie: Matteo Sedda
Creazione suono, video e luci: Joshua Vanhaverbeke
Vogue mix: Jean Munera/007
Con il supporto di:
Centre Hospitalier Universitaire Saint Pierre, Bruxelles (BE)
LILA (Cagliari, Catania, Como, Trento, Milano, Toscana) (IT)
Instituut voor Tropische Geneeskunde, Antwerpen (BE)
Farmacia Ospedale Santissima Trinità, Cagliari (IT)
Cliniques Universitaires Saint Luc, Bruxelles (BE)
Universitaire Ziekenhuizen, Leuven (BE)
Campus Gasthuisberg, Leuven (BE)
Sensoa, Antwerpen (BE)
Plate-Forme Prévention Sida, Bruxelles (BE)
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