Pier Vittorio Tondelli 60enne: come sarebbe oggi lo scrittore giovane?

Lo scrittore emiliano avrebbe compiuto oggi 60 anni. Stasera un omaggio al PAV di Torino.

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Come immaginarsi oggi Pier Vittorio Tondelli? Uno splendido sessantenne con barba lunga e leggermente incurvato, pronto a scoprire una nuova generazione di scrittori Over 60 (lui che rivelò la nuova linfa letteraria italiana grazie al progetto Under 25)? Lui, ‘scrittore giovane’ del rivoluzionario Altri libertini e del dolente Camere separate, che si affaccia alla terza età circondato dai suoi allievi ormai canuti? Lui, l’esploratore dei sentimenti gay ma non solo, che rappresentò il discrimine simbolico fra il politico-ideologico e il ‘trionfo del privato’, epitome di quegli edonistici anni Ottanta in cui la comunità omosessuale scopriva una stagione d’inedita libertà espressiva? Questa sera alle 21 lo scrittore di Correggio, morto nel 1991 a soli 36 anni per Aids, verrà omaggiato nel reading Biglietti dagli Amici al PAV, il Parco d’Arte Vivente di Torino in via Giordano Bruno 31. Una serata di musica e parole organizzata da Assemblea Teatro con letture di Andrea Demarchi, scrittore torinese emerso proprio grazie ad Under 25, le musiche del cantautore Maurizio Bonino e un intervento di Giuseppe Culicchia. Per l’anniversario tondelliano torna in libreria il suo più grande successo editoriale, Rimini, in una nuova edizione per Bompiani con postfazione di Elisabetta Sgarbi.
Ma che cosa resta oggi dell’universo tondelliano? Ne abbiamo parlato proprio con Andrea Demarchi e con Enos Rota, caro amico ed ‘erede morale e spirituale’ della sua opera, come l’ha definito Mauro Carosio:

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Tondelli avrebbe compiuto 60 anni il 14 settembre. Come te lo immagineresti adesso e come vedrebbe secondo te i giovani di oggi, in particolare i giovani omosessuali?
Andrea Demarchi: Curiosamente lo immagino come l’ho conosciuto circa trent’anni fa: un giovane intellettuale adulto, altissimo e ben piantato, solido e molto sicuro di sé. Un ragazzo capace di infondere anche una certa sensazione di autorevolezza. Credo che nei confronti dei giovani, e dei giovani omosessuali in particolare, potrebbe avere oggi la stessa curiosità che lo animava quand’era in vita, ma anche quel giusto spirito critico che non risparmiava niente e nessuno. Il progetto Under 25 nacque dalla volontà di condurre una ricerca sul mondo giovanile con la voce dell’oggetto stesso dell’indagine, ovvero le nuove generazioni. Non mancarono – e il secondo volume Belli&Perversi del 1988 ne è una testimonianza concreta – anche giovani omosessuali o ragazzi che si erano confrontati, nei loro testi, col tema della condizione omosessuale, si erano raccontati e messi a nudo grazie all’invito di Tondelli a prendere la parola.
Enos Rota: Pier Vittorio sarebbe stato entusiasta dei nuovi mezzi tecnologici e avrebbe continuato ad analizzare tutti i fenomeni giovanili e generazionali. Avrebbe scritto il gran romanzo della maturità come mi aveva anticipato verso la fine dei suoi giorni. Per quanto riguarda i diritti degli omosessuali e dei giovani in genere, aveva scritto su Camere Separate che sarebbero occorsi cento anni per il pieno riconoscimento e infatti è stata una profezia giusta: a 24 anni dalla morte di Tondelli ancora si arranca per riuscire a ottenere qualcosa di concreto e definitivo.

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Secondo te, quanto ha contribuito la letteratura tondelliana alla cosiddetta ‘liberazione omosessuale’?
Andrea Demarchi: Il suo è stato un contributo enorme, fondamentale, molto più di quanto abbiano potuto fare scrittori che personalmente ammiro, come Aldo Busi o Arbasino. Il fatto stesso, ad esempio, che sia esistita una generazione di scrittori che dal lavoro di Tondelli, dai suoi fondamenti e dalle sue istanze, hanno tratto ispirazione e nutrimento, ne è una prova. Ma in generale l’opera di Tondelli ha contribuito a fare in modo che molti omosessuali, soprattutto giovani, si sentissero meno soli e abbandonati, e questo è un aspetto che è stato peraltro sottolineato da padre Pierre Riches nella sua omelia il giorno del funerale, quel triste dicembre del 1991. Io credo che questo sia stato possibile intanto perché la letteratura di Tondelli è stata, ed è, sentimentale e viva, fortemente calata nella concretezza delle passioni e delle vicende umane e terrene, così che ogni lettore ha potuto ritrovare in quelle pagine qualcosa di sé, generazione dopo generazione. Inoltre, fin da Altri libertini, la sua consapevolmente scandalosa opera d’esordio, Tondelli ha rivelato quella particolare vocazione, alla quale sarebbe rimasto fedele, come scrittore, per sempre, a stringere in un abbraccio gli emarginati, gli ultimi, le vittime delle discriminazioni e dalla violenza che nasce dalla discriminazione, seguendo un’idea della letteratura che ha anche, in sé, un forte significato salvifico e mai cinico o nichilista.
Enos Rota: Concordo con l’analisi di Francesco Gnerre, quando fa presente che Tondelli è stato il primo in Italia a sdoganare non solo l’omosessualità ma anche la sessualità con Altri libertini, un libro che resta un capolavoro degli ultimi trent’anni della letteratura italiana. Pier Vittorio ha contribuito moltissimo alla liberazione omosessuale, e non concordo con l’analisi di Giovanni Dall’Orto: è vero, non si è messo a capo di qualche Movimento di Liberazione, ma con la scrittura ha raggiunto tutti gli emarginati, gli esclusi, i diversi e quelli che cercavano un riscatto umano, come aveva scritto alla sua maestra: “Ho dato a tanti il coraggio di essere se stessi al di là dei giudizi della gente”. Ancora oggi centinaia di giovani mi scrivono per ringraziare Tondelli di aver loro dato consolazione, riscatto della propria condizione, accettazione di se stessi.

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Che tipo di rapporto personale si era creato tra te e Tondelli?
Andrea Demarchi – Un rapporto che non saprei come diversamente definire se non di allievo e maestro. Io ero molto ammirato, e in parte anche intimorito, dalla sua consapevolezza, da quella sua assoluta, totale assenza di esitazioni, dubbi o incertezze ogni volta che prendeva la parola.
Enos Rota – Con Tondelli ci siamo frequentati dal ‘71 al ‘91 e si era creato quel rapporto di confidenza, di legame forte, di reciprocità, di condivisione, che continua anche oggi perché soprattutto egli vive nel ricordo mio in particolare, e di tutti i lettori che hanno sancito il suo successo letterario straordinario.

Nel tuo saggio Pier Vittorio Tondelli – Un ritratto a memoria (Cattedrale) ti chiedi “in che senso Tondelli può avere avuto un ruolo nell’aiutarci a comprendere meglio cosa furono gli anni Ottanta”. Come sintetizzeresti la risposta a un giovane nato in quegli anni che non conosce la sua opera?
Andrea Demarchi – Gli anni Ottanta raccontati da Tondelli contengono l’idea di un’illusione accecante che nel momento stesso in cui si manifesta comincia a bruciare con l’intensità folle e surreale delle auto che prendono fuoco nel sottofinale di Rimini, quando viene annunciata l’apocalisse proprio nella città dell’eterno divertimento e dell’effimero, immagine simbolo dell’Edonismo Reaganiano di metà anni Ottanta.

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Perché, secondo te, la critica letteraria ha giudicato con un certo scetticismo, soprattutto all’inizio, l’opera tondelliana? E che pensi dell’analisi in una prospettiva fortemente religiosa ad opera di Fulvio Panzeri e Antonio Spadaro? Non ne ha messo in ombra la dimensione gay?
Andrea Demarchi – Non so se si sia trattato proprio di scetticismo quanto piuttosto della difficoltà di inquadrare uno scrittore così poco etichettabile com’è stato Tondelli. Quanto all’analisi della sua opera in una prospettiva fortemente religiosa, non credo ne abbia messo in ombra la dimensione gay ma, al contrario, l’ha potenziata. Al di là del fatto, ormai noto, che l’apprendistato tondelliano è avvenuto anche nel contesto parrocchiale e di provincia della sua Correggio, e che una certa idea del misticismo e del senso del sacro non fosse estranea alla sua sensibilità e alla sua ricerca spirituale, io credo che l’aspetto religioso presente nella sua opera sia da rintracciare, ancora una volta, nello sguardo profondamente salvifico e non persecutorio che egli ha saputo rivolgere agli emarginati e, più in generale, alle vittime, fra le quali sono senz’altro da includersi gli omosessuali.
Enos Rota: Certamente l’opera di Spadaro e Panzeri ha risaltato prevalentemente la dimensione della religiosità in Tondelli: nessuno nega che sia un tema fondamentale, ma lo è ancor più l’omosessualità che attraversa tutta l’opera tondelliana, dall’inizio alla fine, e che spesso è volutamente omessa, per cui si dà del grande scrittore una visione parziale, riduttiva, mistificatoria e non veritiera.

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