E’ risaputo che la parola inglese che indica i fumetti è “comics”: questo termine si riferisce al fatto che i primi “comics” erano appunto di tipo comico, caricaturale e satirico. Anche se diversi protofumetti si erano già visti in Europa, gli Stati Uniti sono da sempre riconosciuti come la patria ufficiale dei “comics”: a partire dal 1895 sul supplemento domenicale del quotidiano “New York World” fu presentata una vignetta satirica (grande quanto l’intera pagina) dedicata alle vicissitudini di un misero vicolo newyorkese e realizzate da Richard Outcault. Unico protagonista fisso di questo appuntamento settimanale era un bambino calvo che vestiva un camicione giallo su cui venivano scritti i suoi sagaci commenti settimanali: il bambino si chiamava Yellow Kid ed è conosciuto come il capostipite dei fumetti moderni. Da quel momento in poi il mondo del fumetto è cresciuto a dismisura, e – secondo la storiografia ufficile – ha iniziato a trattare tematiche gay a partire dalla rivoluzione sessuale degli anni 60. In realtà le cose non sono andate esattamente così. Pur escludendo i fumetti omoerotici clandestini e le parentesi equivoche nei fumetti dal taglio avventuroso nati negli anni 30, i riferimenti anche espliciti all’omosessualità non sono mancati nemmeno ai primordi, quando cioè i fumetti erano “comics” di nome e di fatto. Quando nel 1902 le avventure di Yellow Kid terminarono, lo stesso autore presentò una nuova serie incentrata su di un piccolo discolo di nome Buster Brown. In un’episodio il protagonista aveva avuto la brillante idea di scambiare i propri vestiti con la cuginetta Florence, provocando la violenta reazione delle loro rispettive madri, che prendono i bimbi a scudisciate (mentre i due, in lacrime, si tengono teneramente per mano). Probabilmente questa è stata la prima volta in cui un fumetto toccava il tema dell’inversione di genere, rispecchiando peraltro la società assolutamente repressiva dell’epoca. Poco dopo prese il via anche Alphonse and Gaston (1902) di Frederick Burr Opper: una serie totalmente incentrata sull’amicizia che unisce due inseparabili amici (vestiti sempre in maniera appariscente e sgargiante), che non perdono mai l’occasione di scambiarsi cortesie e cordialità di tutti i generi anche se questo li caccia nei guai più surreali. Forse non è un caso che questa serie sia nata proprio negli anni in cui era ancora molto diffusa la moda delle amicizie intime maschili, con tutto il loro carico di ambiguità e sottointesi su cui era facile ironizzare.
Facendo un salto in avanti di circa venti anni arriviamo al 1929, quando in un fumetto di Elzie Cresler Segar debuttò il marinaio Popeye, che in Italia tutti conosciamo come “Braccio di Ferro”.
Sono in pochi a saperlo, ma probabilmente è stato proprio nelle avventure di questo
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Sono in pochi a saperlo, ma probabilmente è stato proprio nelle avventure di questo popolarissimo personaggio che è comparso il primo “bacio gay” della storia del fumetto, seppur stemperato da una buona dose di ironia. Un nerboruto selvaggio “civilizzato” di nome Toar vuole dimostrare la sua gratitudine e la sua amicizia al forzuto marinaio, e lo fa proprio baciandolo sulla bocca! Braccio di Ferro reagisce con uno dei suoi proverbiali cazzotti, ma Toar non si rassegna e continua a dimostrargli il suo affetto, iniziando a chiamarlo “zuccherino” e giurandogli eterna fedeltà! Com’è facile intuire da questa breve rassegna, prima che il fumetto venisse etichettato come “roba per bambini” diversi autori avevano iniziato a rappresentare una realtà che – perlomeno ufficilmente – non esisteva se non nei tribunali che avevano il preciso compito di condannarla ogni volta che si manifestava. Se comunque siete convinti che, fra tutte queste allusioni e questi ammiccamenti, in quell’epoca sarebbe stato impossibile presentare un personaggio a fumetti dichiaratamente gay, va detto che un simile personaggio è in effetti esistito, e ha animato un fumetto per oltre trent’anni! La sua storia è abbastanza curiosa: il fumettista George Herriman nel 1910 creò la serie “The Dingbat Family”, incentrata su una modesta famiglia americana, di cui facevano parte anche un cane e un gatto. Col passare del tempo il cane e il gatto, a cui si era aggiunto anche un topo, aquisirono sempre maggiore autonomia e dal 1916 divennero i titolari del fumetto di Herriman.
Nel frattempo si erano umanizzati, avevano iniziato a vivere nella improbabile contea di Coconino, parlavano e avevano dei nomi: Krazy Kat era il gatto, Ignatz Mouse era il topo e Bull Pupp era il cane (che era anche diventato lo sceriffo della surreale contea). A questo punto i rapporti fra i tre si delineano in maniera decisamente particolare: a Krazy Kat (il gatto infiocchettato da cui la serie prenderà il nome) viene attribuito il sesso maschile, tuttavia si sa che ama alla follia Ignatz Mouse, un topo perfido e maligno (e assolutamente omofobo) che lo ricambia prendendolo regolarmente a mattonate in testa (e questo, dal gatto, è visto come un’ innegabile prova d’amore)! Nel frattempo il cane Bull Popp si dimostra particolarmente protettivo e affettuoso nei confronti di Krazy Kat, e spera sempre di cogliere in flagrante l’odiato Ignatz Mouse per rinchiuderlo nella prigione della contea.
In parole povere Krazy Kat (che per giunta parla con l’erre moscia e spesso si atteggia in pose ben poco virili) può considerarsi il primo personaggio gay mai realizzato, pur risalendo addirittura al 1910! Questo fumetto è proseguito fino al 1944, riproponendo infinite varianti del triangolo che coinvolge i tre protagonisti principali, talvolta affiancati dall’eterogenea popolazione della contea di Coconino (che peraltro non sembra affatto scandalizzata dalla “scabrosità” insita nella situazione). Per quasi un secolo gli storici del fumetto e gli intellettuali hanno lodato la poesia e la ricerca stilistica di questa serie (che spesso si rifà al dadaismo, al surrealismo e ad altre correnti artistiche sue contemporanee), e le cui valenze omofile sono state spesso sottovalutate o occultate. Basti pensare che quando ne fu tratta una serie animata negli anni 60 (giunta anche in Italia nella prima metà degli anni 80), il sesso del gatto divenne inequivocabilmente femminile! Forse vi chiederete se nel 2006 è possibile reperire da qualche parte questo piccolo pezzo di storia del fumetto (gay e non)…Fortunatamente la risposta è sì! Proprio in questi mesi l’editore Free-Books ha iniziato a riproporre in italiano le storie originali di Krazy Kat e, se non vi spaventa l’idea di reggere il confronto con un fumetto gay realizzato circa un secolo fa, la loro lettura è caldamente consigliata.
Abbiamo parlato di:
Titolo: “Krazy & Ignatz”
Editore: Free-Books
Costo: € 11,90
Reperibile in fumetteria o sul sito www.free-books.it
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di Valeriano Elfodiluce
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