ROMA. E’appena uscito in libreria, preceduto da una presentazione alla Babele di Milano con Gianni Rossi Barilli, Matteo Bianchi e Piero Gelli della Baldini & Castoldi. L’ha scritto Francesco Gnerre e si intitola "L’eroe negato" (Baldini & Castoldi). Un testo che sicuramente non vi lascerà indifferenti. Gnerre da anni si occupa di didattica e sociologia della letteratura. Il libro ripercorre in chiave critica la letteratura italiana del Novecento raccontandoci tutto quello che a scuola viene volutamente taciuto sui più grandi scrittori italiani del XX secolo.
Francesco, perchè questo libro?
"Nel 1981 ho pubblicato, tratto dalla mia tesi di laurea in sociologia della letteratura, sempre L’eroe negato, ma con un diverso sottotitolo Analisi dei personaggi omosessuali nella narrativa italiana del dopoguerra. Malgrado il libro riscontrasse un discreto interesse, sentivo che il discorso andava ripreso e ampliato. Del resto in vent’anni c’è stata una produzione notevole di romanzi a tematica gay, e sono state anche pubblicate opere che nell’ottanta non c’erano. Penso per esempio agli scritti giovanili di Pasolini e allo stesso Amado Mio pubblicato molto tempo dopo l’uscita del mio libro. Sono quindi partito con un nuovo punto di osservazione. Non più l’analisi del personaggio così come appare nel racconto ma l’analisi, in tutto il novecento italiano, del difficile e accidentato percorso dell’omosessualità in letteratura".
Quali sono gli scrittori che hai analizzato?
"Il mio libro prende in considerazione scrittori omosessuali. Un’omosessualità il più delle volte non dichiarata, ma di cui nessuno oggi fa mistero. Ho provato a rileggere questi scrittori da un punto dal punto di vista di un lettore gay. Evidenziare le censure che hanno subito molti testi e le autocensure clamorose di scrittori come Gadda, Saba, Palazzeschi. Saba scrive Ernesto e lo chiude in un cassetto definendolo impubblicabile, e si raccomanda con le poche persone che lo avevano letto di non farne parola con nessuno.
Palazzeschi si inventa Le Sorelle Materassi che altro non sono che la proiezione di Palazzeschi stesso".
Si può dunque parlare di letteratura gay?
"Bisogna stare attenti. Un libro è bello o brutto a seconda che sia scritto bene o scritto male. Diceva Fernandez "non accetto che si dica che il mio è un libro omosessuale; lo accetterò quando si dirà che Madame Bovary è un libro eterosessuale". Lo scrittore deve dar conto della verità dei sentimenti, delle emozioni dei suoi personaggi, non della loro caratterizzazione sessuale. Teoricamente non esistono libri omosessuali. Uno scrittore gay ha giustamente la pretesa di leggere il mondo nella sua totalità, non accetta di essere interpretare solo un aspetto particolare della realtà. La scrittura non è né eterosessuale né omosessuale. Va però detto che la scrittura, anche se si basa su un modo di utilizzare la lingua, veicola comunque comportamenti umani. Il lettore trova attraverso il romanzo se stesso, si confronta attraverso le esperienze dei personaggi descritti.
E il lettore omosessuale che cosa trova, in una letteratura dove non esistono personaggi omosessuali? Trova la negazione di se stesso. Il lettore gay è un lettore attento e va a cercare tutto ciò che è riconducibile alla propria sensibilità. Il modo di rappresentare un personaggio, certi comportamenti, il linguaggio adottato, le storie narrate creano inevitabilmente una maggiore identificazione in certi libri piuttosto che in altri. Solo in questo senso che possiamo parlare di letteratura gay".
I maggiori scrittori del Novecento italiano non sono riusciti a parlare della propria omosessualità.
"Tra cattolici, fascisti e comunisti ,per i quali comunque l’omosessualità era una degenerazione borghese, uno scrittore omosessuale che volesse rappresentare l’omosessualità non aveva alcuna possibilità, se non andarsene dall’Italia. Lo stesso Comisso quando scrive Gioco D’infanzia, il suo libro più bello e il più esplicito sull’omosessualità, cerca di farlo pubblicare in Francia. Pasolini in qualche lettera dichiara la difficoltà di poter pubblicare in Italia, dove per Ragazzi di vita nel ’55 subisce un processo. In Italia ha sempre dominato l’ipocrisia e la regola del silenzio".
di Rocco Messere
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