Ci scuserà Stefano Malatesta se concentreremo la nostra attenzione su uno solo dei molti personaggi che si è divertito a descrivere nel suo libro Il cane che andava per mare, e altri eccentrici siciliani pubblicato recentemente dall’editore Neri Pozza. Ma prima di farlo desideriamo lodare lo scrittore per questa straordinaria galleria di siciliani singolari con la quale ha dimostrato, da non siciliano, di aver compreso bene l’animo di un popolo che a volte appare davvero bizzarro agli occhi di chi siciliano non è. Egli è perfettamente consapevole di compiere con questo libro «un affettuoso dispetto». Come spiega nell’introduzione, certi siciliani hanno la convinzione che cercare una risposta sulla loro identità (ancora sconosciuta a essi stessi) sia un compito che spetti solo a loro perché lo ritengono troppo complicato e ingannevole per qualcuno venuto da fuori.
Niente di più vero quanto sostenuto da Malatesta che descrive con tratto leggero ma efficacissimo il profilo di alcuni isolani, soprattutto aristocratici. E parlando di loro parla della Sicilia, tracciandone un quadro assolutamente verosimile.
Abbastanza falso quanto sostenuto dai siciliani. Ne sono prova un libro come questo oppure un film recente come quello di Marco Tullio Giordana, I cento passi, che racconta l’impegno civile e politico di un ragazzo coraggioso degli anni Settanta, Peppino Impastato. A Cìnisi, nei pressi di Palermo, Peppino osò sfidare la mafia e la stessa società cittadina, connivente e vittima del boss del paese Tano Badalamenti che ordinò la sua uccisione, per molti anni fatta passare come suicidio.
Il pregio di Stefano Malatesta e di Marco Tullio Giordana è quello di raccontare della Sicilia senza mai scadere nel pregiudizio. La permalosità di alcuni siciliani infatti scaturisce dall’atteggiamento prevenuto e giudicatore di certi osservatori esterni che finiscono per confondere il bene con il male e i buoni con i cattivi. Eppure a volte ci sono le eccezioni che risultano essere una grande lezione per tutti ma soprattutto per i siciliani, che talvolta (vedi Leonardo Sciascia) riescono a dire della loro terra con rara schiettezza e grande equilibrio.
Ma per parlare finalmente del personaggio che più di ogni altro ha attirato la nostra attenzione in questo libro, dobbiamo subito dire che fu il primo gay dichiarato di Corleone, cosa che ne fa ai nostri occhi, oltre che un eccentrico, anche uno spirito coraggioso. Lo scrittore non ha conosciuto Nino Gennaro, come del resto non ha incontrato molti dei personaggi di cui racconta. Ricostruisce le loro storie attraverso le testimonianze raccolte qui è là e riesce a cogliere la loro natura più intima e vera, facendo intendere che Nino fu un personaggio abbastanza straordinario e non quel personaggio modesto come lo giudica Bruno Stefanelli
E qualcosa di eroico ci fu davvero in Nino Gennaro, se a Corleone aveva sfidato l’assetto costituito aprendo un circolo culturale dove si potevano leggere giornali di sinistra; se aveva attaccato sui muri del paese manifesti con la scritta « Non siamo tutti gregari di Liggio [il potente mafioso dell’epoca] »; se aveva aiutato una ragazza a ribellarsi al padre padrone che la picchiava e a denunciarlo alla polizia; se portava in giro con disinvoltura la sua sessualità in un paese come Corleone dove i suoi concittadini lo vedevano come «uno schifo, un depravato, un frocio, un cornuto, un bastardo». Ci auguriamo di non offendere nessuno se ci permettiamo di accostare la figura di Nino Gennaro a quella di Peppino Impastato. Due ragazzi che quasi negli stessi anni hanno combattuto la loro battaglia contribuendo a scuotere la coscienza dei siciliani.
STEFANO MALATESTA
Il cane che andava per mare e altri eccentrici siciliani
Vicenza, Neri Pozza, 2000, pp. 203, Lire 28.000 www.neripozza.it
di Alberto Bartolomeo
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