E’ di alcuni giorni fa la notizia dell’elezione a presidente del Cile di Michelle Bachelet. L’elezione di questa donna, con un passato sofferto e pesante, porterà a modificare non solo il volto del suo paese ma contribuirà a disegnare un profilo diverso della presenza femminile nel mondo politico internazionale. Per il Cile, nazione fondamentalmente cattolica che fine all’anno scorso non permetteva il divorzio, in cui tuttora vige il divieto dell’aborto e delle unioni omosessuali, la presa di posizione di questa donna, decisa e poco consona a seguire gli stereotipi tradizionali della sua società, ha fatto fare sicuramente un passo avanti e sovversivo, per alcuni versi, al mondo delle donne in politica. In un paese così conservatore che si esprime anche attraverso l’istituzione dei seggi separati per gli elettori, quelli per gli uomini alternati a quelli delle donne, è stato molto più complicato acquisire visibilità in un campo particolarmente protetto. Le fanno compagnia in questa scalata verso i vertici del potere anche la tedesca Angela Merkel, primo ministro, la presidente della Liberia Ellen Johnson-Sirleaf e tutte le altre rappresentanti presenti nei parlamenti di molte nazioni. A sottolineare la decisione e la determinazione di queste donne ci viene in aiuto una frase pronunciata dalla Johnson-Sirleaf in uno dei suoi comizi: Women are you ready for history? (Donne siete pronte per la storia?) che indica senza ombra di dubbio la volontà della presidente di cambiare molte cose nel suo paese e di disegnare un profilo nuovo della realtà africana.
Per arrivare a questo risultato le donne hanno dovuto percorrere un cammino lungo, faticoso e irto di ostacoli, per questo motivo il raggiungimento della meta è stato più lento del previsto. Occorre però precisare che, nonostante queste affermazioni nei partiti dei paesi più sviluppati, non è possibile sostenere di aver raggiunto una completa parità di trattamento, infatti, ancor oggi le donne che vestono i panni del dirigente politico vengono guardate, criticate e scrutate con occhi differenti, nonostante il terzo millenio. Infatti la stampa internazionale ha definito, all’epoca della sua elezione, Ellen Johnson-Sirleaf come Lady di Ferro, appellativo che sembra inevitabile per ogni donna che si trova alla guida di un paese. Questo per confermare quanta strada c’è ancora da percorrere per raggiungere una completa parità di pensiero e di trattamento.
Se prendiamo questo processo come termine di paragone o di misura per l’affermazione del movimento GLBT, purtroppo, dobbiamo ammettere che di strada occorre farne ancora parecchia. Se si pensa, soprattutto, che per giungere a questo livello le donne hanno impiegato più di un secolo di lotte contro coloro che non le volevano partecipi all’attivismo politico ma le vedevano come soggetti destinati ad occuparsi della famiglia e delle faccende domestiche. Le donne con i fatti e non con le parole, che molti uomini politici sprecano, hanno dimostrato, senza fretta, di essere capaci di occuparsi della politica e di tutte le altre cose.
I passi delle lesbiche sono piccoli e discreti: fino a qualche anno fa sembravano addirittura essere invisibili agli occhi della società, solo poche avevano la forza di esporsi. Come succedeva nell’Ottocento ad alcune donne appassionate di politica che, per convezione e per tradizione, non osavano rompere gli stereotipi vigenti allora. A dar conferma a questa invisibilità ci viene in aiuto la mancanza di una letterattura e di una cinematografia lesbica di riferimento, quasi questo mondo non fosse mai esistito. Per riuscire a leggere o vedere immagini dedicati a questa realtà sommersa occorreva fare una vera e propria ‘caccia al tesoro’ o rubare fotogrammi di qualche film che lasciava intendere una propensione in tal senso. Mai sensazioni dichiarate né tanto meno immagini esplicite.
Nei confronti dell’omosessualità femminile si è sempre avuta qualche difficoltà in più nell’ammetterne l’esistenza. I motivi e la ragione sono molteplici ma non è questo il luogo per trattarlo approfonditamente. Nel corso degli anni la situazione è migliorata grazie anche alle numerose associazioni che sono sorte per dare sostegno ed indicazioni. Per nominarne alcune possiamo ricordare l’Alma, l’associazione australiana delle dottoresse lesbiche, una rete sanitaria ed informativa che si espande su tutto il territorio aussie; la Women’s Library di Glasgow punto di riferimento di molte donne gay per sostegno psicologico, sociale, per consulenze legali e finanziarie. Tutte queste organizzazione hanno garantito la visibilità al movimento lesbico ma sopratutto ne hanno ribadito l’esistenza.
Le ragioni per cui molte donne hanno evitato i salotti politici sono diverse ed a fornirci un’idea ci viene in aiuto il ministro francese Elisabeth Guigou la quale, esprimendo la sua opinione sulla scarsità dei rappresentanti rosa, ha dichiarato che una campagna elettorale implica “incontri-scontri” con l’avversario, discorsi in pubblico e pubblicità spesso sleale.
Da quanto nel 1974 l’Argentina ha eletto la prima donna presidente solo 17 paesi hanno seguito il suo esempio. A San Marino una donna ha ricoperto per ben sette volte la carica di capo dello Stato; per ben due volte è accaduto in Irlanda. La prima donna Primo Ministro è entrata in carica nel 1960 nello Sri Lanka. A partire da allora la stessa carica è stata rivestita da una donna in 22 Stati diversi. La rappresentanza femminile scende stranamente al 13% negli Usa e al 5% in Giappone.
In Italia le donne sono il 52% dell’elettorato ma solo il 10,8% è attiva ponendosi così, nella classifica, davanti alla Grecia con il 6%; la Francia si allinea al 10,23%. Negli altri paesi europei le donne hanno spazi più ampi, il primato spetta ovviamente ai Paesi Scandinavi, i Paesi Bassi (camera alta 22,7%), Svezia (camera bassa 40,4%), Finlandia (camera bassa 34%). In queste nazioni i progressi del movimento GLBT viaggiano di pari passo con le innovazioni in campo politico. La Danimarca, per esempio, è stata uno dei primi paesi ad accettare le unioni tra persone dello stesso sesso e dal 1997 possono anche sposarsi in Chiesa da quando cioè i vescovi della Chiesa Luterana Danese l’hanno accettato.
Nel 2006 il movimento festeggierà i suoi 35 anni speriamo che questo compleanno segni anche una svolta verso un inserimento completo nella società attuale senza pregiudizi e speriamo che anche qualche rappresentante del movimento possa rappresentarci a livello politico in un futuro non troppo lontano.
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di Daria Ruggieri
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