Uno dei primi pensieri che molte di noi hanno avuto quando hanno visto The L Word per la prima volta è stato probabilmente: “loro sono tutte lesbiche ricche e affermate, io no!“. La maggior parte delle serie a tema, infatti, hanno cresciuto intere generazioni di lesbiche con le storie e le vicissitudini di donne ricche e affermate che abitavano le grandi città del mondo occidentale.
The L Word, ma anche la più recente Transparent, hanno approfondito i problemi sociali e amorosi di donne tra donne, e talvolta uomini, di bell’aspetto e abbienti, tanto da far risultare alquanto difficile per le più immedesimarvisi appieno. Escludendo Lip Service, serie lesbo-queer britannica la cui produzione è stata interrotta alla seconda edizione, che presentava la vita di un giro di amiche e amici con sogni e problemi da “classe media” e un romanticismo decadente tipico europeo, e della mitica Orange is the New Black che, nonostante abbia una protagonista bianca ricca e bella, approfondisce tematiche legate a diverse classi sociali ed etnie. Tutte le altre, hanno rispettato a pieno il “cliché”.
After Ellen ci ricorda alcune delle lesbiche famose apparse in recenti serie di vario tipo: nella recente Game of Thrones, Yara Greyjoy (Gemma Whelan) è una lesbica aristocratica figlia di un signore; in Sherlock, serie britannica del 2010, le lesbiche che compaiono, Irene Adler (Lara Pulver, in foto) e la sua assistente vivono in uno dei più costosi quartieri londinesi. Ma ancora: sia in Ally McBeal, che in The L Word e The OC, le lesbiche vengono associate al successo e al consumismo, poi Desperate Housewives e Trasparent continuano la tradizione con protagoniste ricche e affermate.
Se, da un lato, questo può aumentare la visibilità delle donne lesbiche mostrando che queste occupano serenamente ruoli che si è solite veder ricoprire a uomini, d’altra parte, nella realtà non si può dire che questi personaggi rappresentino il grosso della popolazione lesbica mondiale o, in particolare, italiana. Nonostante esistano ovunque lesbiche ricche e affermate, magari di buona estrazione sociale, le statistiche che analizzano la condizione economica delle donne che vivono con le donne non mostrano risultati così positivi. Le lesbiche e le bisessuali (che se la vivono) sono infatti tra le persone con più alta probabilità di avere bassi redditi.
Qualche mese fa, un articolo che girava in rete descriveva la ricerca svolta dalla prof Marieka Klawitter della University of Washington, che metteva in relazione i livelli di retribuzione con l’orientamento sessuale, facendo emergere che: a parità di mansioni e competenze le lesbiche guadagnano il 9% in più delle donne eterosessuali. Il motivo, secondo Anna Lorenzetti, docente dell’Università di Bergamo, potrebbe essere che le lesbiche sono considerate più competitive e più devote al lavoro delle colleghe eterosessuali e, spesso, non hanno figli o figlie.
In linea con quanto detto precedentemente sono proprio opposti i risultati delle indagini svolte dal William Institute nel 2009, da dove risulta che lesbiche, gay e donne bi si trovano statisticamente più spesso in condizioni di povertà rispetto alle donne eterosessuali: con un 24% delle donne queer povere nel 2002 rispetto al 15% degli uomini, con percentuali maggiori per le coppie queer afro-americane e per quelle che stanno nelle zone rurali. Nell’aggiornamento del 2013, i risultati non erano migliorati: le donne bisessuali e lesbiche erano ancora in percentuale più povere delle altre, 29% a 21%.
Qui ci sono soltanto pochi esempi di donne queer ricche e affermate in note serie, e di alcune indagini che riportano a una realtà ben diversa. Visto che la questione della classe tocca, oggi più che mai, anche il mondo lesbo queer, una maggiore presenza di donne di differente classe, cultura ed estrazione sociale nelle serie potrebbe forse aprire le porte a nuove prospettive, consentendo a tutte di immedesimarsi davvero nelle protagoniste.
E soprattutto: sono davvero i soldi e il potere la chiave della felicità?
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